Gli Stati Uniti lasciano di nuovo l’Unesco

Gli Stati Uniti si ritirano ancora una volta dall’UNESCO. Era già successo nel 1984, poi nel 2017 per protesta contro l’ammissione della Palestina, e ora di nuovo, come forma di pressione geopolitica. Un messaggio forte, che riporta al centro una questione mai risolta: Israele e Palestina.

La notizia mi ha riportato alla mente vecchie storie e vecchie domande. Qual è la parte giusta della storia?

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Me lo sono chiesto molte volte, ho cercato di capire, di vedere con i miei occhi. Ma ogni volta tornavo al punto di partenza: troppo grande il peso della storia, dell’Olocausto, di ciò che non si può dimenticare. Eppure, ogni storia ha un punto di svolta. Un momento in cui occorre cominciare a scrivere una nuova pagina.

Nel 2007 lavoravo con l’UNESCO nei territori palestinesi. Visitai la tomba di Yasser Arafat. Non era un gesto politico, ma personale. Perché Arafat, al di là delle ombre e delle contraddizioni, resta una figura centrale nella storia del popolo palestinese.

Per alcuni è stato un eroe, per altri un ostacolo alla pace. Ma di certo è stato un simbolo. Un uomo che ha dato voce a un popolo dimenticato, e che ha cercato — anche sbagliando — di portarlo sulla scena del mondo.

Da allora ho capito da che parte stare. Non per schieramento ideologico, ma per umanità. Perché nessuna ragione, nessuna storia, nessun confine può giustificare bambini che muoiono di fame sulle strade.

(Nella foto la tomba di Arafat a Ramallah)

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