La difesa planetaria passa anche da Siena, scoperto il satellite di Mateo

Un asteroide che piomba sulla terra è un’immagine che terrorizza. Gli ottimisti pensano sia fantascienza, i pessimisti temono il disastro, i realisti li studiano. A Siena, all’osservatorio astronomico dell’Università di Siena, il direttore Alessandro Marchini con la sua equipe è tra le sentinelle del cielo e dalle osservazioni che vengono svolte di notte, sono già avvenute 24 scoperte di corpi celesti. L’ultima è il piccolo satellite che accompagna, nel suo viaggio nello spazio, l’asteroide 2680 Mateo. “Si tratta di un corpo rotondeggiante di circa 6 chilometri – spiega Marchini nell’intervista a Sienapost -, che abbiamo individuato grazie a delle anomalie luminose notate durante l’osservazione. Non c’è rischio che piombi sulla terra, sono corpi che orbitano tra Marte e Giove quindi molto lontani e non visibili con le strumentazioni, ma è sempre bene controllare che non ci siano variazioni nella loro equilibrio orbitale”. L’osservatorio di Siena ha fatto questa scoperta in collaborazione con un team internazionale che per quattro giorni si è alternato nell’osservazione dell’asteroide ed ha raccolto i dati necessari ad accertare la presenza del satellite. “Ci siamo passati il testimone seguendo le fasi giorno-notte ed il risultato è stato annunciato l’8 gennaio con il telegramma elettronico 5490 da parte della collaborazione internazionale BinAst (Photometric Survey for Asynchronous Binary Asteroids), coordinata dal ceco Petr Pravec. Oltre al telescopio senese, unico italiano e il più piccolo tra quelli coinvolti, hanno partecipato alla scoperta osservatori astronomici negli USA, in Australia, e in Serbia”. Marchini spiega nell’intervista l’importanza degli studi che vengono svolti all’Università di Siena. “Gli asteroidi, come i pianeti, ruotano intorno al sole, li osserviamo per verificare il loro periodo di rotazione. E’ interessante seguirli per verificare se qualcuno cambi orbita o se ne stacchi un pezzo che può diventare una mina vagante nel sistema solare. Ci sono strategie di difesa per il pianeta Terra già sperimentate in passato, ma lo studio che noi svolgiamo con anche altri osservatori nazionali ed internazionali è importante anche per la difesa planetaria”.

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