Dietro ogni voto, una persona. E da lì bisognerebbe ripartire

L’urna non è un algoritmo. È una voce umana. Capirlo è il compito della politica. Chi saprà fermarsi ad ascoltare?

A forza di sondaggi, proiezioni e percentuali, abbiamo finito per dimenticarlo: dietro ogni voto c’è una persona in carne ed ossa. Una persona che si è alzata una domenica mattina per andare al seggio, che ha deciso – magari con fatica – di esprimere un gesto di fiducia, di speranza, oppure di protesta. Una persona che chiede rappresentanza. E ascolto.

Ma lo vedremo già in tarda serata. O anche prima. I milioni di italiani che avranno votato “sì” si ritroveranno in maggioranza, ma sarà una vittoria inutile, priva di effetti, perché non si sarà raggiunto il quorum. Eppure non sono numeri da poco. Sono persone – giovani, lavoratori, pensionati, studenti – che si sono recate alle urne chiedendo un cambiamento. E che saranno ignorate. Dimenticate in fretta dal dibattito politico.

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In molti si affretteranno a fare “punto e a capo”, a ripartire subito verso le prossime elezioni, con nuovi slogan, nuove alleanze, nuove corse ai voti. Senza interrogarsi sul perché una parte così ampia del Paese abbia parlato, e perché un’altra parte così vasta abbia scelto il silenzio, l’astensione, l’indifferenza.

Eppure proprio da lì – da chi ha parlato invano, da chi ha scelto comunque di esserci, ma anche da chi ha deciso di non andare – bisognerebbe ripartire. Non per calcolo, ma per giustizia democratica. Non per rincorrerli, ma per comprenderli.

Ma tant’è. È il tempo della politica che corre. Non quello della politica che ascolta.

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