Pasqua, parole che restano

Rispondendo con gratitudine e riflessione a un augurio sincero

Ho ricevuto un biglietto di auguri per la Pasqua. Lo ha scritto Marco Tarquinio, parlamentare europeo, già direttore di Avvenire, e come sempre le sue parole, anche nel breve spazio di una dedica, contengono un orizzonte ampio. C’è una citazione di don Tonino Bello – “Di fronte a chi decide di amare, non c’è morte che tenga” – che da sola basterebbe a tenere accesa la riflessione in un tempo attraversato da guerre, rancori e sospetti. Poi ci sono gli auguri, semplici ma intensi: “Tempo di resurrezione e di speranza. Che pace e giustizia siano lavoro comune”.

Sono parole che arrivano anche a chi, come me, è un battezzato non credente. Non mi riconosco in una fede, ma riconosco in alcune parole – resurrezione, speranza, giustizia – una forza antica e insieme necessaria, una radice che ha saputo parlare anche a chi si è allontanato. Queste parole, nella bocca e nel pensiero di Tarquinio, non sono formule retoriche. Vengono da una coerenza che si è vista nelle scelte, nelle battaglie pacifiste, nel rigore con cui ha difeso l’idea che la politica non può perdere l’orizzonte etico.

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E tuttavia, proprio per rispetto di quelle stesse parole, mi sento di aggiungere una riflessione più inquieta. Perché la distanza tra gli ideali e la realtà resta grande. Perché troppo spesso si invoca l’identità cristiana dell’Europa e poi la si tradisce, voltando le spalle ai migranti, accettando la logica delle armi, lasciando che la paura e l’egoismo dettino le scelte. C’è un’Europa che parla di pace e si riarma. Che chiede unità e rafforza i confini. Che ricorda le origini cristiane e dimentica la parabola del buon samaritano.

La verità è che oggi non si può restare neutrali. L’idea di un’Europa unita, solidale, capace di costruire ponti invece che alzare muri, non può essere lasciata in mano ai sovranismi o ai populismi. Ma non può nemmeno essere consegnata, senza vigilanza critica, a chi dimentica il legame tra giustizia sociale e pace, tra accoglienza e democrazia.

Per questo ringrazio Marco Tarquinio. Perché, anche con un augurio di Pasqua, ha saputo indicare un orizzonte. E anche se il cammino è incerto e a volte incoerente, non vale la pena rinunciare. A patto di non smettere di interrogarsi. Anche a Pasqua. Soprattutto a Pasqua.

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