Come e quando ho scoperto che oltre alla musica del Festival di Sanremo, e in generale della televisione, esisteva un universo musicale che oltrepassava la durata media di tre minuti e mezzo, per intendersi: quello delle canzonette?
C’è un momento preciso: terza media – correvano gli anni ’70 -. Durante una lezione di musica interclasse, un’intelligente insegnante di musica chiese quale musica ascoltassimo. C’è sempre in una classe quello più “precoce” di te, quello che capisce meglio e prima cose che te solo nebulosamente intuisci. Quella volta si trattava della musica che un ragazzo fece ascoltare in classe nelle ormai preistoriche cassette… E lì ci fu la rivelazione dei Pink Floyd (https://it.wikipedia.org/wiki/Pink_Floyd).
Non ricordo da quale disco ascoltammo quel brano… che forse fu pure interrotto perché troppo lungo. Fu un colpo di fulmine immediato. Non ero a digiuno di musica rock – accidenti alle catalogazioni! – , avevo ascoltato per radio “Space oddity” di David Bowie (https://www.youtube.com/watch?v=iYYRH4apXDo), altro gigante musicale che non avrei mai più abbandonato. Tuttavia i Pink Floyd rappresentarono un punto di svolta; finalmente lunghi brani e, come poi avrei approfondito, stralunate canzoni psichedeliche scritte da Syd Barrett.
All’epoca non avevo lo stereo ma un vecchio giradischi, a dire il vero poco funzionante, e per fortuna una radio con registratore per cassette. Dunque la mia introduzione a quella che allora, come ora, ritenevo “vera musica” era legata agli strumenti tecnologici scarsi di un’era geologica fa.
Gli anni di cui ho parlato non sono quelli del primo apparire di certa musica: in realtà risalgono ad alcuni anni prima e fanno parte di quella controcultura giovanile in auge tra la fine degli anni ’60 e l’inizio del decennio successivo.
Non si tratta solo di un episodio passeggero ma testimoniava l’urgente necessità di cambiare i paradigmi non solo musicali – comunque questa resta un elemento determinante – da parte della gioventù di quel periodo. Al di là di certi comportamenti collettivi, discutibili o meno, che hanno caratterizzato un tempo che pare assai lontano, c’è un significato individuale interiore per aver apprezzato quella musica.
L’aver interiorizzato, senza renderla esplicita, una ribellione verso forme musicali, espressione di un mondo non più condiviso, ha un valore che, nel silenzio riempito da certa musica delle camerette di un adolescente, assume una carica. La parola è forte, rivoluzionaria.
(Le foto di Cid Barrett e David Bowie sono tratte da Fb Foto pubbliche)