Sara, senza voce e senza vista in ospedale, vittima di Luca, il compagno, alcolista e violento
In questo 25 novembre propongo un mio racconto ed auguro a tutte noi donne di essere sempre attente e sapersi tutelare dalle tante e troppe violenze. Nel 2022 i femmicidi sono stati 126 e 120 nel 2023 e in questi undici mesi del 2024 sono 100 purtroppo la violenza non si manifesta solo sulle mogli e compagne, ma anche sui figli (Meri).
Sono qui distesa in questo letto, sento dolori diffusi in tutto il mio corpo e non riesco ad aprire gli occhi. Sono disorientata, perché non capisco dove sia e di chi sia quella voce che mi sta parlando.
Ho molta paura ed un tremito fa vibrare le mie membra e con un sussulto mi sento sollevare. E’ lei, quella donna sconosciuta che cerca di entrare in relazione con me, mi tiene i polsi cercando di tranquillizzarmi. Odo quello che mi sta dicendo e cerco di ascoltarla.
Luisa, così dice di chiamarsi, con la sua voce calma si rivolge a me così: “Sara, sono Luisa il medico del reparto dell’ospedale dove ti trovi. Se riesci a sentirmi stringi le mie dita nella tua mano. Sarà questo il modo della nostra comunicazione”.
Il dolore alle gambe ed alla schiena mi sta devastando e mi toglie quella poca forza che ho ed ho paura di non poter entrare in relazione con lei, che ho subito identificato come l’unica occasione per uscire da questo tunnel buio e tormentato da incubi continui. Luisa mi chiede di stringere le sue dita se la sto sentendo e così, facendo appello alla mia forza di volontà, ecco che riesco a muovere la mia mano.
Lei subito rileva che con quel piccolo gesto siamo entrate in relazione. Ecco che la sua voce riprende a parlarmi: “Sara non puoi vedere, perché hai grandi ematomi intorno agli occhi ed hai molte fratture e contusioni sia alle gambe che alle braccia. Non riesci a parlare per alcune lesioni interne al cavo orale. Da stanotte sei sotto una terapia di antidolorifici e stiamo valutando sia le radiografie che la TAC che ti abbiamo fatto. Sara, affidati a me e cerca di seguire quello che ti dirò in questi giorni. Ci vorranno alcune settimane per riprenderti. Sara, mi stai sentendo?”
Cercai di dare il segnale con la mia mano e lei lo percepì subito. Così mi rassicurò, dicendo che aveva capito ed ora dovevo solo cercare di riposare. Nella mia mente impegnata a sopportare e controllare il dolore, mille pensieri e mille interrogativi giravano ad una velocità esagerata e questo aumentava la mia agitazione. Luisa non mi ha detto come sono arrivata all’ospedale e che cosa mi sia successo per ridurmi in questo modo.
Mi sento insonnolita e quindi mi abbandonerò a quel sonno ristoratore che spero mi dia la forza di capire e di ricordare che cosa mi sia capitato. Qualcuno mi sta bagnando le labbra e si relaziona con me dicendomi che è l’infermiera del reparto e con un tono di voce molto basso si presenta: ”Carissima Sara, io sono Laura l’infermiera e ti accudirò in queste giornate”.
Tutte sono molto accoglienti e mi sento curata e questo mi regala un po’ di tranquillità, che allevia quei dolori molto forti. In quel buio infinito che mi appare senza nessuna possibilità di fuga ecco che si materializza un’immagine di un volto molto arrabbiato e violento di un uomo che stento ad identificare.
Mi terrorizza con quella urla e quegli epiteti e non posso scappare. Inizio a tremare ed il suo ricordo si materializza. Cerco di gridare, ma non ci riesco e quel mio urlo si materializza nella mia mente: “Basta! E’ lui, è proprio Luca! Non mi picchiare più!”
Il mio corpo si dimena su quel letto e sento la voce di Luisa che cerca di calmarmi ed ha capito, che inizio a ricordare. E’ la sua voce che sento: “Sara i ricordi stanno ritornando e questo è un segno che la tua mente sta riprendendo a lavorare. Brava Sara non ti devi impressionare e vedrai che fra pochi giorni, potrai parlare e raccontare che cosa ti è capitato. Sei stata trovata abbandonata in un bosco e ti hanno soccorsa e portata in ospedale. Cerca di riposare”.
Cercai di toccare la sua mano e subito lei accarezzò la mia. Quel contatto era dolcissimo e mi donava forza e tanta speranza di poter uscire da questo buio pauroso. Sono qui avvolta da quell’oscurità dell’anima che mi isola e mi assilla ed il tanto dolore è veramente insopportabile.
Mi devo fidare di lei, devo seguire le sue indicazioni ed è Luisa che mi guiderà verso la luce. Forse sono trascorse alcune ore e mi sto abituando a quei ricordi paurosi e sono sempre più certa che è stato lui a conciarmi in queste condizioni.
Le sue urla e le sue minacce viaggiano nella mia mente e lo rivedo con in mano una bottiglia di vino, che si sta scolando ed io che lo rimprovero e cerco di fargli accettare di farsi curare per uscire da quella sua maledetta dipendenza. Quel buio mi sovrasta nuovamente e così mi addormento. Un flash illumina quel buio e vedo la spiaggia che amo e quel mare che con le sue onde, che non tradiscono mai quella sabbia e sempre ritornano con quell’abbraccio continuo e costante nei secoli.
Sì sono seduta su quella sabbia e davanti a me c’è l’orizzonte lontano dove fanno bella mostra di sé l’Isola d’Elba e Montecristo. Quella brezza marina che mi accarezza il viso ed il mio sguardo è rapito da quello spettacolo che amo da sempre. Sì, sono a Follonica e sto pensando in compagnia del mio mare e cerco di riflettere su quel rapporto malato dall’alcol che vivo da troppo tempo con Luca.
Ora mi ricordo, che ero andata lì da sola, per riflettere e prendere una decisione per salvarmi da quella furia violenta e senza soluzione.
Ora in questo momento penso che non mi sono salvata o forse sì mi sono salvata, sempre se riuscirò a guarire, mi riprenderò la mia vita. I ricordi stanno riaffiorando e piano piano riesco a capire che cosa sia successo.
Ancora i miei occhi non riescono ad aprirsi ed i dolori non diminuiscono e sono qui in compagnia delle mie profondità mentali e cerco di riportare in superficie tutto quello che è sprofondato con tanto dolore negli abissi dell’anima.
Questa situazione è un po’ in contraddizione con la mia passione per la subacquea, che mi permette di ammirare le profondità marine, che da sempre amo. Forse questa mia familiarità con questa realtà mi aiuterà a riemergere da questa dolorosa condizione.
Mi sto svegliando e provo a chiamare: ”Dottoressa…” La mia voce si sta di nuovo materializzando e subito arriva qualcuno: ”Sara sono Luisa. Hai visto stai ricominciando a parlare. Sono trascorsi cinque giorni dal tuo arrivo in ospedale. Stai tranquilla tra pochi giorni potrai ritornare anche a vedere”.
Mi stringeva la mano e mi stava chiedendo di che cosa avessi bisogno. Senza esitazione risposi che volevo raccontare quello che mi era ritornato in mente, anche se ancora non ricordavo che cosa mi fosse successo.
Subito mi disse che sarei stata ascoltata anche dalla psicologa e sarebbe stata convocata prima possibile anche la poliziotta che sta seguendo il mio caso. Sto provando a fare un giro nella mia memoria e mi ricordo perché decisi di rientrare a Firenze dopo quella pausa di riflessione al mare.
Era notte e sul cellulare arrivò un messaggio di Luca che diceva che era stato licenziato perché questa volta aveva combinato un bel pasticcio. Provai a chiamarlo, ma non rispondeva e così in preda alla disperazione raccolsi le mie cose velocemente e senza troppa attenzione viaggiai tutto il tempo con la mente rapita da quello che fosse accaduto a Luca. Ecco, il ricordo di quando entrai in casa. Lui steso sul divano circondato da molte bottiglie di vino vuote ed ubriaco stava russando.
Non dovevo svegliarlo, dovevo chiamare subito il medico, che non esitò a farlo ricoverare. Non poteva più mentire e doveva fare i conti con quella dipendenza e fu sottoposto ad un piano sanitario sia per le cure del fegato che dei reni ed anche ad una consulenza psicologica per affrontare il problema dell’alcolismo. Era stato licenziato perché aveva aggredito un collega in preda ai suoi molti atteggiamenti violenti conseguenti alla sua dipendenza.
In quella occasione compresi che Luca era un alcolista e doveva essere aiutato e curato. Iniziò il percorso di cura all’A.C.A.T. (Associazione Club Alcolisti In Trattamento) e come farmaco spia delle sue bevute clandestine, fu utilizzata la compressa di Antabuse. Questa pillola sviluppa situazioni di vomito se il paziente assume di nascosto bevande alcoliche. Luca da subito iniziò a trovare scuse per non recarsi agli incontri ed il suo umore non era dei migliori perché non riusciva a trovare un nuovo impiego.
Erano frequenti i suoi scatti violenti nei miei confronti. I miei ricordi stanno ritornando ed anche la mia paura e la tanta sofferenza. I giorni passavano e le cure iniziavano a migliorare le mie condizioni.
Sempre immobile in quel letto all’improvviso mi investe un bagliore, così mi concentro e capisco che sto vedendo una luce bianca quasi argentata e così suono il campanello e la voce dell’infermiera mi chiede: “Sara hai bisogno di qualcosa?” Subito urlo di gioia: ”Ho visto una luce!”
Lei chiama la dottoressa che mi mette un collirio e magicamente i miei occhi si aprono per uscire così da quel buio terribile. Sto vedendo immagini offuscate come avvolte da una profonda nebbia e sono felice che stia recuperando questo senso irrinunciabile. Cerco di riposare e di ricordare perché sono arrivata qui.
Il suo viso arrabbiato e la sua voce che mi urla; è lui che mi strattona e mi butta per terra. Mi vedo dolorante che lo supplico di farsi curare e quella nottata da incubo dove il dolore regna senza nessuna esitazione. Passarono alcuni giorni e la sera quando rientravo da lavoro lui era sempre più irragionevole. Quel giorno mi telefonò e mi disse che si era convinto che doveva farsi curare e subito cercai di accogliere la sua decisione e gli dimostrai che mi volevo fidare di questo suo intento.
Era sabato mattina e per festeggiare la sua presa di coscienza decidemmo di fare una passeggiata al Monte Morello e godersi il panorama di Firenze. Mi rivedo insieme a lui mentre camminavamo e la sua ansia non gli dava mai tregua e rendeva la sua compagnia molto faticosa. Non prestava attenzione a quei fiori o alle varie piante che costeggiavano il sentiero e così cercavo di attirare la sua attenzione.
Era molto complicato, trovare un argomento di conversazione perché Luca voleva nascondersi da quella voglia continua che lo costringeva ad allontanarsi per abbeverarsi della sua irrequieta frenesia di bere. Eravamo insieme e non poteva fuggire e questo lo rendeva nervoso. Ecco sto ricordando quella nostra ultima lite. Mi rivolsi a lui così: “Basta Luca cerca di controllarti, non puoi farti rubare da questa incontrollabile e malefica dipendenza. Fatti forte e tutto quello che ora fatichi a capire ed a realizzare sarà il regalo per il tuo nuovo futuro”.
Il suo sguardo divenne furioso e mi dette una spinta ed urlava: ”Basta non ne posso più del tuo controllo. Non mi fai vivere. Voglio essere libero”. Subito alzai anch’io la voce ed urlai: “Libero di bere ed imprigionato nella tua voglia malvagia che ci sta uccidendo”.
Lui mi venne davanti ed iniziò a picchiarmi ed io non riuscivo a difendermi e la visione di quel dirupo mi impaurì tanto che quando rotolavo non riuscivo ad aggrapparmi. Poi il buio mi avvolse. Era questo che era accaduto.
Non riesco a trattenermi ed un pianto liberatore con singhiozzi convulsi mi sta liberando da quella prigione mentale che mi aveva isolata e terrorizzata in questi giorni così terribili sia per il corpo che per la mente. Vedo la dottoressa avvicinarsi al mio letto e mi prende il polso e mi ascolta i battiti cardiaci con lo stetoscopio e subito le grido: ”Mi ricordo che cosa mi è successo”. Lei mi pratica un’endovena e mi dice di calmarmi e conclude che tra poco arriveranno sia la psicologa che la poliziotta e potrò raccontare tutto.
La mia mente ha riconquistato la sua vitalità con il suo passato ed il suo presente e mi domando come sarà il mio futuro che costruirò forte del mio passato e quindi sempre accorta a certi errori per non soffrire. Questa notte sono riuscita a riposare e non mi sento più prigioniera e provo una sensazione che mi dona fiducia e la forza per voltare pagina e guadagnarmi quella rinascita che voglio con tutta me stessa.
Si palesano davanti a me due donne ed i loro volti sono illuminati da un raggio di sole che filtra dalla tenda della finestra. Mi stanno guardando e mi sorridono e prima che io parli, loro si presentano come la psicologa e la poliziotta e subito mi chiedono come sto.
Rispondo sorridendo che mi sto riprendendo e così mi chiedono di raccontare che cosa mi sia accaduto. In pochi minuti racconto quello che mi sono ricordata e termino con un tono di voce soffocato da un pianto: ”Lui mi ha massacrata, mi ha picchiata e sotto le sue spinte sono rotolata in quel burrone. Non ha saputo e voluto accettare il mio aiuto per uscire da quel dramma dell’alcolismo”.
La psicologa mi dice che seguirò con lei un percorso di sostegno per riprendermi la mia serenità e la poliziotta mi comunica con queste parole: ”Cara Sara, Luca è stato arrestato. Lui si è costituito perché pensava di averti uccisa e solo dopo è stato chiarito che la persona arrivata in ospedale era la stessa che lui pensava di aver lasciato in quel dirupo”.
La guardo piangendo e con un filo di voce: ”Io lo perdono per dargli l’opportunità di curarsi e di liberarsi da questo mostro vorace che lo sta divorando”. Vedo arrivare Luisa che chiede subito alla psicologa ed alla poliziotta se hanno terminato il loro colloquio perché non devo stancarmi e loro annuiscono e così mentre si salutano le comunica che fra due settimane potrò uscire dall’ospedale.
Il mio pensiero è subito diretto verso la convalescenza e non ho dubbi che la trascorrerò in riva al mio mare per fare pace con la vita e darmi l’opportunità di una rinascita piena di pace e salute e con il proposito di andare a dare il mio aiuto alle tante donne che purtroppo ogni giorno sono vittime delle violenze più diverse da uomini che hanno con loro rapporti vari come compagni di vita oppure coniugi, ma anche colleghi di lavoro. Il silenzio dei possibili testimoni li trasforma in complici di delitti efferati.