Sono quasi tre lustri che Dino Guidelli si è messo a riposo. Qualche vantaggio per la pensione, se così si può chiamare, gliel’ha dato il fatto di aver passato una vita di lavoro usurante, spesso a contatto di materiali come l’amianto che solo poi si è scoperto essere nocivi. E’ un bel pezzo d’uomo, tirato, con il sorriso quieto ma coinvolgente. Si definisce pensionato a tempo pieno, come se fosse un’occupazione concreta. Compresa la nostra espressione, spiega: “Mi sono preso un pezzo di terra, poi qualche animale, l’orto, gli ulivi e a quel punto capisci che sei fregato. Con questa roba c’è da fare, tanto; e talvolta è anche pesante. Però di aver fatto anche il nonno a tempo pieno non me ne lamento: è stato grande”. Parliamo anche dei suoi hobby… “Uno soltanto, la pesca. Quella comoda, la carpa al lago; tuttavia servono riflessi pronti e conoscere l’esca, come la si presenta, quanto immergerla, ogni cosa, anche impercettibile, conta. E devo dire che ho la soddisfazione di essermi anche qualificato per i campionati italiani (ndr, cioè nel 10% di chi ha iniziato la gara”.
Troviamo Dino alla IVV, la grande azienda vetraria di San Giovanni Valdarno. Ci ha lavorato e l’ha rappresentata per anni (come presidente fino al 2006). Ammette che onestamente la cosa gli fa un po’ sensazione. Salvo qualche sporadica puntata allo shop che un’idea di regalo grosso o piccolo sempre la suggerisce, non ci rientrava dal 2008.
Conoscendolo per fama, pizzichiamo Dino su cosa abbia significato per lui passare una vita circondato da donne, cioè dalla moglie Santina che tutti chiamano Luigina, dalle figlie, dalla nipote “a tempo pieno” etc… “Mi so’ trovato bene, in famiglia l’educazione e il comportamento erano la prima cosa e quell’idea che avevo della correttezza è passata alle generazioni seguenti. Ma molte donne le ho trovate anche in ambiente lavorativo, a cominciare da Vanna (cfr. Valli, figura ormai storica di IVV), punto di appoggio amministrativo importantissimo. Quindi è vero, molte donne, ma donne che valevano e mi hanno lasciato un’impronta importante”.
Per il nostro “Gente di Toscana”, rubrica dedicata a persone che hanno costruito il rispetto sul lavoro, Dino Guidelli parte dall’inizio. “Sono classe ’51. A San Giovanni ho frequentato il Tecnico e all’IVV, al tempo una delle tante aziende del vetro ma già allora con una marcia in più, ci arrivai grazie a una segnalazione di mio fratello Mario che già ci lavorava. Fino a quel momento non avevo avuto occupazioni serie. ‘Cercano gente al magazzino’ mi disse. Avevo allora un piccolo incarico alla Bianchi, un’azienda di Figline che trasformava i camion, ma non ci stetti a pensare. E poi l’idea della cooperativa mi era sempre piaciuta, o meglio sapevo poco di tutte le problematiche ma capivo che fra lavorare sotto padrone e in quel modo la differenza c’era ed era grande”.
Quindi correva l’anno 1972, il Prg varato da Sirio Sarchi stava per disegnare lo sviluppo di San Giovanni in Sinistra d’Arno, mentre sulla riva Destra tempera, soffiatori, uffici e magazzini stavano nello stesso immobile; la Nave, nata come centro espositivo, era solo un guscio in cemento in attesa della finanza necessaria al completamento. Dino Guidelli capisce subito che il primo dovere è quello di fare le cose a modino e che l’aspetto umano è importante. I vent’anni che seguono – quelli che lo separano dalla Presidenza – sono 2-3 anni di ambientamento che lo porteranno a divenire caporeparto e titolare del magazzino confezione, seguono 6-7 anni alla logistica della quale diviene responsabile finché c’è un concorso per entrare in amministrazione, un settore strategico, un’esperienza capace di dare una visuale certa su ogni parte dell’Azienda e che lo forgerà per ruoli apicali.
In questi anni Sirio Sarchi, deus ex machina dell’IVV, decise di pensionarsi e il direttore amministrativo Paolacci prese il suo posto, ma in breve l’azienda iniziò ad avere problemi. Gli investimenti non avevano il ritorno desiderato e il malumore fu tale che il CdA chiese a Sarchi di tornare al suo posto… “E siccome una delle problematiche che c’erano, era che non si riusciva a spedire, Sarchi mi chiese di tornare alla logistica dove avevo fatto bene. L’Azienda si rimise in piedi, ma quando Sarchi tornò in pensione riprese a stentare sotto la nuova presidenza Paolacci. Non vorrei dilungarmi sul perché, se non per dire una cosa che quando sono arrivato io ho cambiato drasticamente, cioè che al mio ingresso ho detto basta con gli investimenti di risorse fuori dell’azienda, fatti tra l’altro con competenza dubbia. Quel che c’era doveva esser diretto alla crescita di quest’azienda sul suo territorio. Sono sempre stato per l’economia reale più che per la finanza virtuale”.
L’IVV che Sarchi aveva costruito, faceva un’assemblea ogni mese, i rendiconti di produzione erano pressoché giornalieri e ogni socio aveva modo di seguire e dire la propria. Questo comportava tempi rapidi di reazione quando le cose non soddisfacevano. Così dal Consiglio arriva a Dino Guidelli la proposta di prendere in mano l’azienda… “Mi fu chiesto se me la sentivo… Ci ripensai a lungo, ne parlai a casa e alla fine, onestamente, pensai che nella vita non mi sono mai tirato indietro. Il ruolo in una cooperativa non è di poco conto, e quando si accetta non lo si fa per guadagno ma per passione e per volontà. Programmare è complicato e il ruolo del Presidente incide molto sull’Azienda. Mi tirai su le maniche e cominciai, sempre comunque convinto che uno solo al comando da noi non poteva funzionare e che avevo bisogno dell’aiuto di tutti”.
Siamo nel ’92 e l’Azienda torna in carreggiata. Complice una situazione economica internazionale che si evolve in modo positivo ed investimenti tesi a riportare in loco le risorse aziendali, vengono acquistati magazzini, terreni, implementati e tecnologizzati gli standard di produzione e consegna. L’IVV in breve salirà a 150-160 dipendenti-soci, cui si aggiungono l’effetto sull’indotto lavorativo circostante ed il lavoro assegnato a rappresentanti esteri. In quegli anni il marchio IVV acquisterà importanza e, giustificata dai risultati, l’azienda è stabilmente presente agli impegni fieristici a Firenze e Milano, a Francoforte, Madrid e Parigi, oltre gli Usa.
“Eravamo un’azienda ben strutturata – conferma Dino Guidelli – con persone che sapevano fare il proprio mestiere. Convinti di dover assolutamente espandere la strada intuita da Sirio Sarchi non potevamo tornare a rivolgersi ai grossisti: ormai il nostro mercato era l’utente finale. I nostri clienti sapevano che avremmo assicurato eguale attenzione alla spedizione di un pacchetto o di un container e, tra l’altro, univamo in omaggio al prodotto anche quanto necessario per realizzare in loco pacchetti regalo. Si lavorava chiaramente su un catalogo, ma poi c’erano corrieri che venivano tutti i giorni e a livello gestionale era una cosa diabolica accontentare tutti, ma efficacissima nei risultati. Altre aziende, soprattutto le empolesi, si misero a seguire le nostre stesse tracce, ma si accorsero in breve che il meccanismo non era per niente semplice”.
Altro punto di orgoglio di Guidelli, ed anche caratteristica di IVV fu quello di rendere “ecologica” tutta la filiera produttiva. In passato si erano esclusi materiali come l’amianto e l’arsenico, ma ora era giunta la volta del piombo. Indispensabile per il cristallo e utile nel vetro per rendere la materia più malleabile e i punti di fusione della silice più bassi, produceva comunque polveri inquinanti per ambiente e persone. Si fecero ricerche, fu commissionato uno studio alla Stazione del Vetro di Murano, valutati materiali alternativi e non inquinanti, finché l’Azienda non fu in grado di annunciare ai mercati che il proprio vetro era ecologico, senza piombo, mantenendo comunque standard di elevatissima qualità.
Non tutte le implementazioni ecologiche tuttavia riuscirono. Dino Guidelli di una in particolare se ne fa un cruccio. “Già in quegli anni si promuoveva a parole il traffico su rotaia perché ecologico. Ci provammo finché non dovemmo rassegnarci: le consegne non raggiungevano i nostri standard di qualità e – questo è proprio irragionevole – il costo di tre camion era inferiore di gran lunga a quello di un container ferroviario”.
C’è un miglior o peggior modo di fare il Presidente? “E’ un ruolo che si adatta alla persona. Per me l’obbiettivo era quello di far lavorare bene gli altri e dare a tutti delle responsabilità: avere una squadra buona ti aiuta tanto e ti porta a guardare più lontano anche nel momento i cui controlli e studi i report aziendali. Per me poter contare su una buona squadra divenne obbligato quando, connessi alla carica di Presidente, piovvero su di me svariati incarichi… Il Cda della Cciaa di Arezzo, la Commissione prefettizia sul controllo delle coop, la vicepresidenza dell’Arcpl, l’associazione che riuniva tutte le cooplavoro toscane di Legacoop, la direzione nazionale di Legacoop etc. Poi c’era sempre da dare il tempo che serviva a chi segnalava qualcosa che non andava al lavoro; capire e decidere. Ero sempre a giro, di continuo, e comprendo come possa esser stato un peso per la mia famiglia e per mia moglie che vedevo di rado”.
Di questi impegni prendiamo nota di un momento prolungato che vede Guidelli, solo contro gli altri a livello di Lega Nazionale. “Non c’era ancora crisi sulle vetrerie, ma c’erano delle sproporzioni. I costi del vetro in Italia salirono ulteriormente e si aprirono strade per acquistarlo direttamente all’estero. Cina, Paesi dell’Est e Turchia: specialmente nel primo caso i costi di lavoro erano un decimo dei nostri. Certo il materiale da buttare era altissimo, ma rimanevano più convenienti sul prezzo finale. In Ungheria e Romania il divario era meno accentuato e avevano anche una manodopera con tradizione vetraria. A livello centrale si pensò di spingere le aziende a portare all’estero la propria produzione e furono votate anche misure di sostegno che si univano ai finanziamenti governativi per incentivare l’apertura di poli produttivi esteri. Ero e rimasi contrario, da solo. Ero per la qualità del prodotto, ma anche per la qualità di vita delle persone. A conti fatti sono abbastanza sicuro che aver dato soldi per andar via dall’Italia sia stato un errore. Nel nostro settore questo ci portò a diminuire l’impatto sul mercato nazionale e ad avere una concorrenza sempre maggiore; all’estero invece riuscivamo a difenderci stante la leadership conquistata dal marchio”.
Cominciarono alcuni problemi per l’IVV che era all’apice dell’occupazione, all’apice del benessere dei soci, sia a livello retributivo che sanitario, all’apice della sicurezza ambientale. “Ciò nonostante, cominciammo a pensare che qualcosa andava fatto, che non c’era nulla da rimpiangere, ma solo c’era da affrontare una congiuntura mondiale che già ci evidenziava un peggioramento sostanziale sui nostri conti. Legacoop condusse per noi un importante studio che evidenziava la necessità di un abbassamento dei costi generali dell’azienda e decidemmo di presentarlo all’assemblea. Prevedeva qualche riduzione di personale diluita nel tempo, qualche riduzione di benefit. Non venne accettato dai soci e posi fine per coerenza al mio mandato di presidente. Qualche tempo dopo, ottenuti i massimi pensionabili, smisi di lavorare all’IVV…”
La malinconia di Guidelli per quanto avvenuto è ancora presente. Quei tagli che non vennero fatti nel 2006, successivamente sono diventati un obbligo e gli anni seguenti la crisi ha morso veramente forte. “Malinconia forse, non il pentimento però. Ho la coscienza a posto anche se capisco che aver proposto tagli dopo quattordici esercizi consecutivi in attivo ha colto i soci impreparati e forse c’è chi allora mi ha preso per… strullo. So del detto che “In una coop s’aspetta di morire piano piano senza fare nulla” e ad esso non mi sarei mai adeguato. Oggi non ho velleità polemiche, resto una persona che ha l’IVV nel cuore e le auguro una ripresa”.