Ormai Olga ed io abbiamo imparato ad ascoltare. E soprattutto abbiamo imparato che quando le mura tornano a essere di pietra e dobbiamo accettare la loro decisione aspettando. Pazienti e comunque riconoscenti. Ma anche tenaci nel tornare ed attendere che di nuovo la magia ricominci. E’ così che abbiamo fatto anche questa volta. Siamo tornate di fronte a Palazzo Medici Riccardi ed abbiamo aspettato.
Le pietre non hanno tardato a riprendere vita nell’oscurità del crepuscolo invernale.
“Per rafforzare il suo potere – cominciano a dire continuando il discorso su Cosimo – pensò di contrarre un matrimonio economicamente e politicamente vantaggioso. Aveva pensato, dapprima, a Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V e vedova del cugino e predecessore Alessandro. Ma Margherita rifiutò e così Cosimo dovette ripiegare, sembra su consiglio dello stesso imperatore, su una delle figlie del Viceré spagnolo di Napoli , don Pedro Alvarez di Toledo. La scelta cadde su Eleonora, la più bella. Secondo una leggenda – proseguono – Cosimo, già qualche anno prima, durante una ambasceria alla corte di Napoli, era stato colpito dalla grazia e dalla bellezza di Eleonora. Non sapeva che quella giovane donna sarebbe diventata l’amore della sua vita. Il matrimonio ebbe luogo a Firenze, nella chiesa di San Lorenzo, nella primavera del 1539. Eleonora aveva 17 anni, Cosimo 20. Eleonora giunse a Firenze, con uno stupefacente seguito, scortata dal fratello Garzia, che suscito la meraviglia nei fiorentini accorsi per assistere all’eccezionale spettacolo”.
Parlaci del matrimonio, siamo curiose!
“Ricordo ancora gli sfarzosi festeggiamenti per il fausto evento, che ebbero luogo proprio nelle mie sale e nei miei giardini: la profusione di statue e ornamenti beneauguranti, il leggero e prezioso velarium che in quelle calde giornate di giugno, riparava i nobili ospiti , senza tuttavia schermare la radiosità della luce , che risplendeva sui volti innamorati dei giovani sposi. Si, perché dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incontrati, presi dalla reciproca avvenenza, era sbocciato un sentimento. Sontuosi banchetti, danze, musica e rappresentazioni teatrali si avvicendarono in quei giorni felici. Nulla lasciava presagire il triste epilogo. Eleonora era bellissima nella freschezza della gioventù, di una bellezza dolce e malinconica che quasi contraddiceva l’indole fiera e orgogliosamente spagnola”.
Come era Eleonora?
“Era proprio come la vedete nel ritratto, esposto nella Galleria degli Uffizi, e che la raffigura mentre stringe a sé il figlio prediletto Giovanni, ancora infante. Non di elevata statura, ma con un viso di un ovale perfetto, su cui spiccavano intensi occhi castani, ombreggiati da lunghe ciglia, chiome tendenti al rame, fronte spaziosa, Eleonora fece innamorare perdutamente il duca. Finché visse, non si ebbero notizie di scappatelle del duca che pure aveva fama di impenitente donnaiolo. Fu davvero un grande amore. La coppia non riusciva a stare lontana, difatti Eleonora seguiva spesso il marito nei suoi viaggi e qualora ciò non fosse possibile, cadeva in uno stato di prostrazione tale da avere vere e proprie crisi isteriche, in cui giungeva perfino a strapparsi i capelli”.
Addirittura! Commentiamo quasi divertite
“Durante i periodi di forzata lontananza i due innamorati si scambiavano lettere, con la cadenza di due al giorno. Dal loro amore, una perla rara in una società dove cuore e ragion di Stato raramente collimavano, nacquero ben 11 figli: Maria, Giovanni, Garzia, Francesco, Lucrezia, Isabella, Pietro, Ferdinando, Pedricco, Antonio, Anna. Solo due raggiunsero l’età adulta, Pietro e Ferdinando. Questi bambini furono amatissimi, crescendo circondati dall’affetto confidente dei genitori e della nonna paterna Maria Salviati, consuetudine non frequente nelle famiglie nobili del tempo. Per la sua sposa, Cosimo coniò il motto “Cum pudore laeta foecunditas”, gioiosa è la fecondità unita al pudore, accompagnata dall’immagine di una pavoncella che ripara sotto le ali i suoi pavoncini”.
Di nuovo le mura tornano mute. Per un lungo, lunghissimo istante. Poi riprendono:
“È giunto tempo che le mie mura tacciano, per dare spazio a un altro luogo che fu tacito testimone della vita di questa famiglia: Palazzo Vecchio… Andate là!”
E così ci incamminiamo per le vie del centro di Firenze e, in silenzio, ancora prese dalle storie appena raccontate, ci spostiamo di fronte a Palazzo Vecchio.
“Buonasera – ci accoglie con fare galante e premuroso. So che volete sapere di Cosimo ed Eleonora. Ebbene sì: si trasferirono proprio qui, nelle mie sale che, per secoli , erano state il simbolo del potere cittadino”
Perché? Chiediamo…
“Per ragioni di spazio, dovute alla famiglia costantemente in crescita, ma soprattutto, per ricordare ai fiorentini che la Repubblica era ormai solo un ricordo del passato. Non posso dire che mi dispiacesse ascoltare i miei ambienti risuonare di risate e ruzzare di bimbi, dopo aver ascoltato per secoli le voci gravi dei Priori. Un tempo, quando Firenze si chiamava Florentia ed era un’antica città romana, in luogo di me sorgeva un anfiteatro”.
Quando sei stato costruito?
“Dovetti attendere il XIII secolo, affinché l’ombra della mia mole si stagliasse sulla piazza, grazie alla famiglia degli Uberti. In seguito divenni sede del governo repubblicano. Mi chiamano Palazzo Vecchio e vecchio lo sono davvero, pur sentendo più congeniale la denominazione “antico”, e iniziarono a chiamarmi così quando il granduca Francesco preferì trasferirsi con la sua corte a palazzo Pitti. Quando Cosimo ed Eleonora, prima donna ad entrare in quello che era stato un universo del potere maschile, presero possesso dei miei saloni, fu necessaria una ristrutturazione e un ampliamento per ospitare non solo la famiglia ducale ma, anche, la numerosa corte”.
Parlaci di loro. Cosa facevano? Come trascorrevano le loro giornate qui?
“La coppia amava circondarsi di artisti e letterati. La stessa duchessa era una donna di una cultura straordinaria, basti pensare che parlava fluentemente l’ebraico, avendo avuto una precettrice di origine ebraica, quando viveva in Spagna. Cosimo, dal canto suo, mentre realizzava i suoi sogni di espansione, conquistando Siena e la Maremma, promuoveva opere di generoso mecenatismo. Vasari costruì un corridoio sospeso che si snodava da me fino a palazzo Pitti, passando sugli Uffizi e su Ponte Vecchio. Proprio nell’edificio che oggi ospita uno dei musei più famosi e visitati del mondo, gli Uffizi, Cosimo trasferì gli uffici amministrativi.
Ma Eleonora era ben voluta a Firenze?
“Nonostante fosse una moglie ed una madre modello, il popolo fiorentino non l’amò mai particolarmente. Per loro rimase sempre “la spagnola”. Era solita spostarsi per le vie di Firenze a cavallo o a bordo di una portantina foderata di raso verde, trasmettendo a chi la guardava un sentimento di algido distacco e di inarrivabile divinità chiusa in un tabernacolo. Inoltre il forte attaccamento alle proprie origini ed alla propria cultura, che la portava ad esprimersi quasi esclusivamente in spagnolo, ad abbigliarsi con elementi evocanti sfarzosità iberiche, come la retina d’oro e di perle, con cui raccoglieva i capelli, contribuiva a rafforzare il sentimento di estraneità verso la sua città di adozione. Anche la scelta di nomi spagnoleggianti per la maggior parte dei suoi figli sottolineava quanto fosse radicato in lei lo spirito spagnolo. In realtà, Eleonora svolse molte opere filantropiche, provvedendo, ad esempio, a fornire la dote alle fanciulle indigenti. Gestì il suo ingente patrimonio con indipendente oculatezza, risanando le disastrate finanze della famiglia Medici. Acquistò, con i suoi mezzi, per la cifra di 9000 fiorini, il terreno dove sorgeranno i giardini di Boboli, compreso palazzo Pitti, alla ricerca di aria salubre, in tempi in cui dilagava la malaria. Eleonora fece approntare addirittura una sorta di giardino pensile proprio sul tetto di Palazzo Vecchio, in cui venivano coltivati degli “orticini”, i cui prodotti venivano serviti sulla tavola ducale”.
Era una donna davvero eclettica….
“E’ vero; non era raro vederla a cavallo seguire il marito durante le battute di caccia. Nelle assenze del consorte fu un efficiente capo di stato, una vera first lady del Rinascimento. Raffinata ed elegante, nutriva una grande passione per i gioielli, in particolare per le perle. Amava gli arazzi e le stoffe preziose, al punto da fare installare proprio a Firenze una arazzeria, pronta a soddisfare le richieste delle corti europee. Così, Eleonora impresse la sua orma di operosa modernità, che sicuramente, giovò alla immagine pubblica e politica della famiglia Medici, svecchiandola e ribadendone la potenza in ogni campo. Gli stessi ritratti di famiglia, con la loro ricercata eleganza, le pose regali, sono un manifesto politico di opulenza, bellezza e potere”.
Di quali ritratti parli?
“Di quelli che oggi potete ammirare agli Uffizi. Quelli che attraggono maggiormente l’attenzione e l’anima del visitatore ritraggono i bambini. Nonostante i piccoli duchi siano raffigurati in abiti ricercati e pregiati, alcuni in pose austere, nessun broccato, nessun gioiello riesce a contenere la vivacità e la curiosa spontaneità dell’infanzia. È così per il piccolo Garzia, colto in una gioiosa risata, una istantanea che potrebbe essere dei giorni nostri. Un altro ritratto che suscita una struggente tenerezza è quello della piccola Bianca (Bia), figlia naturale ed amatissima di Cosimo”.
Chi era Bia?
“Bia era nata quando Cosimo era adolescente e l’identità della madre rimase sempre segreta, nota solo al padre e alla nonna Maria Salviati. Cosimo la amava teneramente, tanto da non riuscire a separarsene neanche quando viaggiava”.
Rimaniamo a bocca aperta! Vogliamo sapere di Bia. Ma ancora una volta il tempo è scaduto ed anche Palazzo Vecchio tace.
Torneremo. Domani. Puntuali come sempre. Al crepuscolo. Quando la città attutisce i suoi rumore e per noi sarà di nuovo possibile ascoltare la voce delle mura antiche di Palazzo Vecchio.
(2 – continua)