Fare il bene o il male dello sport spesso è altrettanto semplice

Paolo Benini avvia oggi la sua rubrica #oltreognivittoria. Personaggi della settimana Paltrinieri e Jacobs, più un dodicenne ispirato

Paolo, allora, oggi primo pezzo per dire che scriverai abitualmente una rubrica per SienaPost. In essa parleremo di tutto ciò che ci porta a pensare la pratica sportiva; chiaramente gli eventi in televisione ci ispireranno moltissimo, tuttavia è nostro comune pensiero che non vada mai trascurata l’attività di base. Chiameremo tutto ciò #oltreognivittoria… Che sarebbe anche il titolo del tuo ultimo libro…

Che reazioni stai registrando su questa tua opera che presentammo a suo tempo?

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“Molto positive. Ho riscontri molto positivi. E’ un libro che vuole far capire, al contrario di quello che si tende a far credere oggi, che l’ impegno, la perseveranza e l’organizzazione mentale possono creare le basi del successo in qualcosa. Naturalmente poi ci sono altre condizioni che devono verificarsi ma che non dipendono da noi. Quindi concentriamoci su di noi”.

Ti vogliamo cattivo, anzi strafottente, non si può dire sempre tutto bene a tutti. A volte una critica aiuta a crescere più di un complimento. Che ne pensi? Ne sarai in grado?

“Se per strafottenza si intende di dire sempre le cose che si pensano… direi che mi viene piuttosto facile. Io comunque non vado mai a esprimermi sulle persone in particolare ma preferisco ricostruire i fatti per come li vedo io. Se a qualcuno non piace è un suo problema. Io non voglio fare la fatica di piacere, e non mi interessa piacere, o meglio per quello non rinuncio alla mia visione delle cose. Quindi… strafottente lo sarò di sicuro”.

L’allenamento di stamattina delle azzurre per i tuffi dalla piattaforma alle Olimpiadi di Parigi

Quando le molte collaborazioni che hai con le federazioni più impegnate dalle prossime olimpiadi ti impediranno di commentare liberamente, ce lo dirai? Ci fai questa promessa?

“Sì certo, lo dirò ma è bene capire che io parlo solo per costruire e il modo in cui voglio costruire non è negoziabile…”

Allora, oggi leggevamo insieme che la Mens Sana sta costruendo al contempo sia il suo nuovo roster che la sua nuova dirigenza. E a te la cosa piaceva particolarmente. Perché?

“Mah! La somma delle cose non fa mai il totale, direi. Quindi è inutile parlare di individualità e di valore dei singoli che certo contano ma soltanto… meno della metà. Ci vuole mentalità e quella non la fanno necessariamente i valori dei singoli. In Italia siamo tutti bravi quando si vince mentre quando si perde alla fine cercano di sfilarsi in tanti. Basso livello. Staff tecnici e dirigenziali devono capire che in modo diverso anche loro forniscono una prestazione quindi, per vincere, tutte le componenti di un team, di una società, devono essere performanti e per essere performanti è necessario comportarsi e ragionare in un certo modo”.

I dirigenti. Personalmente sono figlio di esperienze che mi dicono che soprattutto accanto alle categorie giovanili ci sono tanti dirigenti volontari che sono anche dei perdenti matricolati. Sono un bene o un male per lo sviluppo sportivo?

“Un perdente è un male assoluto perché ha caratteristiche che mentalizzano i ragazzi in modo sbagliato, fanno male. il punto è che molti dirigenti o allenatori non hanno chiaro che i ragazzi o la società non sono un giocattolino che deve servire per dare loro lustro. Molti usano certi contesti come palcoscenico della loro esibizione, il fine è solo per se stessi. Sono perdenti per questo”.

Paolo Benini

Ma un uomo, o una donna, maturi, con mentalità perdente, si possono trasformare in vincenti e dare diversi contributi nello sport? Come dovrebbero fare?

“Un perdente resta un perdente se non ha consapevolezza di questo, se non ha uno scatto culturale in avanti. Di solito non succede ma bisogna essere anche possibilisti… diciamo il 3 per cento ce la potrebbe fare”.

Europei di atletica… quanto sono stati scintillanti. E’ chiaro che oltre alla diversa preparazione ci deve essere stato un grosso lavoro tuo o di gente che fa il lavoro tuo. Mai vista una mentalità così pronunciata a essere vincenti. Che è successo? Qui ci sono cambiamenti radicali da dieci anni a questa parte…

“Guarda i grandi successi sono sempre il frutto di molti elementi di cui molti casuali per cui occorre separare la metodologia dell’allenamento e di management dai risultati. Devi operare in modo corretto ma potresti non avere risultati se non hai gli atleti oppure potresti avere risultati e non operare in modo giusto. Nel secondo caso duri poco mentre se la metodologia è corretta, funziona, hai base solide. Per quanto riguarda i famosi mentalcoach direi che i più non hanno troppo idea di cosa fanno. Sai io ho preso questo pseudonimo venti anni fa quando i più non sapevano esistessero. Oggi lo mantengo perché è una specie di marchio ma io ho un altro percorso di formazione… E ti assicuro che gestire cervelli e pensiero non è una cosa semplice ma è anche tutto; e ci vogliono persone qualificate sul serio. Io non mi confronto con alcuno perché in generale non reputo che molti siano alla mia altezza”.

Non so se è stato innamoramento dei telecronisti e radiocronisti ma ci è sembrato di capire che ora in seno alle squadre ci sono dei mammasantissima che fanno da padrini ai più giovani. Tamberi per esempio… Che ci dici di lui e di questa suggestione?

“Gli atleti come Tamberi hanno veri e propri staff intorno ma quelli come lui alla fine tirano loro le somme e decidono. Quelle macchine lì vanno studiate, bisogna cercare di prenderli a modello. Voi vedete in tv o in tribuna solo il salto non il lavoro dietro e l’atteggiamento che hanno. I giovani non devono guardare il salto ma devono andare a vedere quanto lavorano e come. Purtroppo invece ci perdiamo costantemente il dietro delle scene”.

Il vero cambiamento comunque temporalmente ci sembra che sia iniziato a bordo piscine per poi trasferirsi a bordo delle piste. Che ne pensi?

“Federnuoto ha uno staff consolidato, un Presidente che è davvero “pane al pane, vino al vino” e ha tante figure capaci intorno. C’ è accortezza nei confronti degli atleti e soprattutto lì non ci sono le dirigenze al centro ma gli atleti. Perché se sei intelligente capisci che se tu vinci è perché il tuo atleta ha vinto. Questo non vuol dire che si debba essere pronti al loro volere ma, nel limite delle cose giuste, bisogna metterli al centro del progetto”.

Questa settimana chi sono, e perché, i personaggi che eleggi “oltreognivittoria”?

“Ce ne sarebbero tantissimi. Chiaro che la 10 km europea vinta da Gregori Paltrinieri, un amico con cui ho condiviso parte del suo percorso, è stata emozionante ma proprio oggi, dopo un percorso accidentato, Jacobs è tornato a correre sotto i 10 secondi e Chitiru Ali lo ha imitato. Ma permettimi di raccontarti anche di un messaggio ricevuto qualche giorno fa dove era riportata la vittoria nazionale di un ragazzino di 12 anni che quando lo incontro qui a Roma, timidamente, mi chiede qualcosa, qualche consiglio, perché lui si arrabbia troppo. La sua allenatrice ha commentato: “Sta diminuendo il tempo delle sue incazzature”. Ecco sapere che sta cercando di migliorarsi, con due o tre dritte che gli do, mi ha davvero emozionato”.

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