Bene. Adesso è giunto il momento di affrontare un argomento tabù, molto tabù, pure troppo tabù. È quell’argomento di cui ancora nel 2021 ci si vergogna un po’ a parlarne. Ma prima che le vostre menti viaggino chissà su quali binari, arriviamo dritti al punto: i pidocchi.
Ecco. Con l’inizio della scuola è una delle cose su cui prima o poi tutti dobbiamo farci i conti. Tutti. Diciamo che come al solito io ho esagerato alla grandissima, ma andiamo per ordine.
Me l’ero scampata finora. Ogni anno capitava di leggere il cartello alla porta della scuola che avvisava della comparsa di “casi di pediculosi”. Cartello rigorosamente letto con gli occhi sbarrati e un brivido di terrore che corre sulla schiena, perché personalmente mi ricordo ancora quando ahimè li beccai a 10 anni di ritorno da un campo estivo.
Ricordo perfettamente l’odore dell’aceto e gli shampii compulsivi che mi faceva la mia mamma, pettinandomi i capelli con decisione (eufemismo) con un pettine a denti fitti.
La credenza popolare voleva associarli allo sporco, ma adesso è comprovato che tendono ad accasarsi nelle testoline pulite e qui arriva il primo mistero: come hanno fatto ad abitare la testa della mia figlia piccola che regge con i capelli puliti nemmeno il tempo di asciugarli? (mistero da risolvere).
Comunque succede che le due piccole tigri iniziano a grattarsi la testa in maniera un po’ troppo convinta. Inizia quindi l’analisi accurata e ripetuta del capello che ahimè non rileva niente. Parte la consulenza familiare ma niente. Finchè un pomeriggio, l’occhio attento della zia, rileva la presenza di questi esserini che corrono festanti sulle teste delle creature e lì il panico: corsa in farmacia, disinfestazione teste, lenzuola, cuscini, coperte, avvisare le amichette, capire dalle maestre il protocollo scolastico…
In sintesi: il delirio!
Delirio che va serenamente avanti per settimane, seguendo una routine che coinvolge tutta la famiglia, con trattamenti mirati alternati ai rimedi della nonna, lavatrici che nemmeno la bella lavanderina, pettini che sono a denti stretti ma non così fitti da toglierli dai capelli sottili (quasi trasparenti) e quindi si va di estirpazione manuale (sviluppando un occhio clinico che nemmeno i microscopi dei biologi).
Lo confesso. Mi hanno portato all’esasperazione tanto che la più piccola ha affermato un po’ stufa: “Me che fanno sti pidocchi, una festa?”
Che forse potrebbe essere una spiegazione logica al perché della loro esistenza, anche se mi sfugge quale sia la loro reale utilità. Onestamente, a cosa servono?
Allora lì mi sono tornate in mente le parole che Bosha Tanjevic, grande allenatore di basket, riportate in un’intervista sul Corriere della sera di parecchi anni fa: «Chi è il più grande allenatore del mondo? Dio! Sapete spiegarmi perché Lui, quando ha fatto la Sua squadra, ha messo in formazione anche la zanzara? Eh? Che c’entra, a cosa serve, la zanzara? Se qualche volta ha sbagliato anche Lui, che volete da un povero zingaro?».
Ecco. Credo che questa immagine valga anche per i pidocchi.