I Khipu dell’Ecuador, una scrittura fatta a nodi

Nella scorsa settimana vi ho parlato di come da una lingua parlata nasce una lingua scritta oggi vi racconterò una storia e di come mi sono trovato faccia a faccia con il sorprendente modo che avevano gli Inca di annotare le date e gli eventi.

Khipu: una storia di nodi, numeri e leggende, forse anche dall’ultimo Quipucamayoc

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Avete mai pensato di poter comunicare, prendere appunti e fare di conto usando dei semplici nodi intrecciati con fili colorati, ognuno dal preciso significato? Bene, se vi ho incuriosito e siete interessati a una strana storia in cui mi sono imbattuto, proseguite nella lettura.

Nel corso della mia vita, ho incontrato molti significati del termine “nodo”: dal più comune, che unisce due o più funi, a quelli più complessi usati in astronomia, matematica e medicina, fino ai nodi emotivi che racchiudono tensioni interiori.

Forse quest’ultimo tipo di nodo può vagamente dare forma allo stupore che ho provato di fronte a un khipu, quando ho iniziato a comprendere la singolarità del mondo che rappresentava.

Ma procediamo con ordine. Avevo girovagato per un giorno intero tra le Ande, in un ambiente alieno all’uomo, tra i tremila e quattromila metri di altitudine, all’interno del parco El Ángel, in un luogo che sembrava abitato solo dalle Espeletia, piante millenarie. Mi muovevo in un paesaggio vulcanico, tra terre brune e bruciate, respirando il vento gelido e i miasmi di zolfo che uscivano dalle fumarole. Con l’animo in subbuglio, un po’ intimorito dalle storie sugli Apu, gli spiriti delle montagne, iniziai la discesa a valle con un senso di sollievo e gratitudine verso il cielo che mi aveva permesso di attraversare quel portale divino.

Quasi all’imbrunire, a mezza costa, mi fermai in una splendida finca, un luogo che conservava la struttura di un’antica hacienda spagnola. Il proprietario, Camilo Andrade, artista di fama internazionale, linguista ed esploratore, l’aveva arredata con le sue opere, trasformando gli spazi in un laboratorio, una mostra, un museo e un hostal, sempre all’insegna dell’arte.

Mentre girovagavo ammirando le opere esposte tra le stanze, all’interno della taberna, su una parete in bella mostra, notai uno strano oggetto fatto di corde. Una corda centrale faceva da architrave, da cui pendevano altre corde di diversi colori, costellate di nodi dalle forme più svariate. Sembravano un’accozzaglia di spaghi sfilacciati, ma c’era qualcosa di misterioso in quell’oggetto. La targhetta sottostante diceva “Khipu”.

Incuriosito, chiesi all’uomo dietro il bancone cosa fosse. Dopo una pausa d’incertezza, come se stesse per rivelarmi un segreto, rispose: “È il sistema di scrittura dei miei antenati Inca. Molti dei significati sono andati perduti, da quando sono scomparsi gli ultimi Quipucamayoc, coloro che erano incaricati di leggere e creare i quipu.”

Sempre più curioso, gli chiesi di spiegarmelo meglio.

“È una forma di scrittura non verbale, un sistema di segni che sfida la definizione tradizionale. I nodi rappresentano numeri e categorie, e la spaziatura ne influenza il significato”.

“E i colori?” domandai.

Lui, con un sorriso, aggiunse: “È un po’ come fondere insieme parole e numeri. Un nodo su una corda gialla può rappresentare una certa quantità di oro, su una rossa una quantità di guerrieri. Ma le corde sono di mille colori”, aggiunsi.

“Beh… è questa la complessità del linguaggio,” rispose. “Un Quipucamayoc era incaricato di creare e leggere i quipu, custodi della memoria storica. Tra quei nodi sono custodite le genealogie dei reali Inca, con i loro intrighi dinastici, le battaglie e i riti religiosi.

Leggenda vuole che questo complesso sistema sia stato donato direttamente da Viracocha, il dio creatore degli Inca, e che con particolari Khipu si potesse comunicare direttamente con gli antenati. Durante la conquista spagnola, molti quipu furono nascosti in luoghi segreti delle Ande, come custodi della saggezza degli Inca, celando il segreto della ciclicità e della non linearità del tempo”.

Mentre ascoltavo assorto questa storia, un rumore dietro le mie spalle mi distrasse. Era il mio amico Lars che mi chiamava: “Ma cosa fai lì, imbambolato di fronte a quell’ammasso di corde?”

“Ascolto una storia” risposi.

“Una storia? Ma da chi?” di rimando.

Mi girai e mi resi conto che ero da solo e che il bicchiere della mia birra, ormai caldo, stazionava ancora pieno sul tavolino.

Beh… oggi è stata una giornata eccezionale. Sono passato per gli Olimpi degli Apu, che benevoli mi hanno lasciato passare, e ho scoperto una lingua non convenzionale donata dal creatore degli Inca. Pertanto, nulla può più sorprendermi.

Alcuni sostengono che il sistema dei Khipu sia troppo avanzato per essere nato da una civiltà precolombiana, ma forse il mondo è così affascinante e complesso che le storie e le leggende si sovrappongono in modi che non comprendiamo del tutto e Dei, potenti Creatori e antichi astronauti possono convivere e dialogare con una lingua a noi sconosciuta.

Alla prossima storia.

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