Il Cerro della Bassa

Non chiedetene la storia o le origini, nessuno parlerà di questa “montagna verde”

Qualche giorno fa, per lavoro, sono andato a volare con il drone in Val di Cecina, in una zona impervia.

All’arrivo, ho eseguito meccanicamente la solita routine: controllo dello spazio aereo, verifica dell’altitudine, accensione dei motori e decollo.

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Il drone inizia a scattare le foto, seguendo il preciso percorso tracciato; una ripresa dopo l’altra, adempie, come un bravo studente, il piano di volo.

Poi, quasi alla fine, nell’angolo più remoto, intravedo una grande massa verde che attira la mia attenzione.

Non capisco, non posso soffermarmi, devo finire il lavoro, la batteria si sta esaurendo.
Il drone si avvicina con l’uno per cento di energia rimasta e, dopo mille allarmi che mi implorano di rientrare, si appoggia al terreno con uno sbuffo.

Veloce, impacchetto tutto, chiudo lo zaino e mi avvio lungo la polverosa stradina che scende a valle.

Dopo cinque minuti, mi fermo, imbambolato, ad ammirare un grandissimo albero.

Un antico cerro sembrava aspettarmi; con un magnifico portamento, sbarra il sentiero. Mi avvicino con la bocca aperta, cerco di stimare la misura: non è altissimo, forse venti, venticinque metri, ma ha rami immensi, lunghissimi, di trenta metri e oltre, con cui copre una enorme superficie.

Mi fermo, seduto sull’erba, lasciando che gli occhi si perdano nei pochi brandelli di azzurro che filtrano tra i rami.

I cerri, in particolari condizioni, vivono anche più di mille anni. Quando incontri questi testimoni del tempo, è come avventurarsi in un’altra dimensione: di chi è nato alla metà del Medioevo ed è giunto nell’età moderna.

Ho i brividi. Chissà quali storie potrebbe raccontare. Devo saperne di più.

Vado in paese e mi fermo in un piccolo bar, dove uno svogliato oste mi mesce un bicchiere di vino. Cerco di spiegargli dove fossi, gli mostro la foto e lui, senza esitazione, sicuro come vedesse la foto di un vecchio amico, esclama: “Sì, lo conosco. Questo è il Cerro della Bassa“.

Lo guardo e mi aspetto che continui, attendo una storia, ma l’uomo non dice altro; continua ad asciugare il bancone e a mettere ordine tra bicchieri e tazzine.

Omertoso, sembra che voglia custodire per sé le storie delle fate e dei folletti custodi di questi antichi luoghi.

Provo a insistere, a riportarlo sul punto. “Allora il Cerro? …” cambia argomento. “Come era il sentiero?… mi chiede, e aggiunge “C’è poca gente in giro, ma è ancora presto per i funghi e i cacciatori ormai si fanno vecchi e per boschi non va più nessuno”.

Capisco che non vuole parlare del vecchio tronco rugoso, non vuole svelare il romanzo della sua vita. Allora, non mi rimane che dirvi, per chi, armato di buone scarpe, voglia trovare il luogo, le coordinate espresse in latitudine e longitudine: 43.1962255116496, 10.873913587068294 inseritele così come scritte sulla ricerca di GoogleMaps, forse sarete più fortunati di me e chissà quali storie vi saranno svelate. Buoni passi.

PS. L’abitato più vicino in linea d’aria è Castelnuovo Val di Cecina, a circa 3 chilometri.

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