Il modello inglese: i Supporters Trust

Il Northampton fu nel 1992 il primo club in cui operò con capacità il neonato fondo ad hoc dei tifosi

Terza delle cinque puntate che formano il nostro viaggio attraverso le diverse forme territoriali di partecipare il tifo alla vita della Società. Oggi parliamo, grazie a SinC, dell’Inghilterra, sito calcistico dove quasi tutte le squadre della Premiere hanno forme interne di supporting trust. Abbiamo già definito gli aspetti generali il 16 luglio e scritto della forma tedesca il 18 luglio (dr).

Una delle esperienze ad aver influenzato maggiormente lo sviluppo della partecipazione attiva dei tifosi nella governance dei club italiani è stata senz’altro quella che si è sviluppata nel Regno Unito a partire dell’inizio degli anni Novanta. Lì, da allora, sono nate oltre 160 associazioni di tifosi (Supporters Trust) e circa 50 club sono per la maggioranza o completamente di proprietà dei tifosi (Community Club). Tuttora, ciascun club della Premier League ha la propria associazione di tifosi riconosciuta, che rappresenta uno degli interlocutori privilegiati nelle relazioni tra club e mondo dei supporters.

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La realtà dei Supporters’ Trust (ST) del Regno Unito nasce in un panorama dalle caratteristiche del tutto simili al contesto italiano, in cui le società calcistiche hanno abbandonato la loro natura di ‘bene condiviso’, come da origine associativa, e sono diventate proprietà privata di pochi. Per poter dare vita a un percorso di confronto e dialogo con la proprietà del club, il tifoso si trova di fronte alla necessità di costruire uno spazio intermedio di confronto democratico (associazione).

Il ST rappresenta un’organizzazione formale, democratica e senza scopo di lucro, creata dai tifosi che vogliono aumentare l’influenza sulla conduzione della propria squadra, anche, ma non necessariamente, attraverso la partecipazione al capitale sociale del club di riferimento.

I principi fondamentali di Supporters Trust sono:

– Democraticità: “una testa un voto”;

– Indipendenza dal club di riferimento;

– Di proprietà dei tifosi e della comunità;

– Forte legame con la comunità di riferimento e orientamento allo crescita virtuosa della stessa;

– Inclusività, apertura a tutti e non discriminazione;

– Creazione della più ampia base possibile di sostenitori, garantendo l’accesso a chiunque voglia partecipare;

– Assenza di scopo di lucro.

L’orientamento dell’attività associativa non può prescindere dai seguenti compiti sociali:

– Sviluppare una stretta identificazione e un senso di appartenenza con la propria società sportiva;

– Influire nelle scelte della società sportiva ed essere coinvolti nei meccanismi decisionali, promuovendo il punto di vista dei supporters e costruendo un rapporto positivo e proattivo con la proprietà e la dirigenza;

– Salvaguardare il legame storico fra il club sportivo e la comunità locale, preservando la tradizione della società sportiva e dei suoi tifosi (stadio, stemma, denominazione, titolo sportivo, colori sociali);

– Proporre modelli proprietari e di gestione sostenibile della propria società sportiva, che prevedano la partecipazione nella proprietà del club e il suo coinvolgimento a 360° nella comunità;

– L’educazione ad una dimensione etica e culturale della passione sportiva, ad un impegno civile contro la violenza e la discriminazione, nonché alla diffusione presso i giovani dell’amore per la pratica dello sport, educando alla sportività e alla lealtà della competizione.

L’esperienza-pilota fu quella di Northampton, dove nel 1992 si concretizzò il salvataggio del club in crisi finanziaria attraverso un fondo costituito ad hoc (il trust, per l’appunto). L’organizzazione, nata per iniziativa spontanea, aveva due obiettivi: raccogliere risorse finanziarie, dando conto in modo trasparente di come venivano impiegate; creare un effettivo coinvolgimento che portasse alla formazione di una rappresentanza di tifosi nella gestione del club. Le risorse economiche raccolte dal trust permisero al club di proseguire l’operato in amministrazione controllata, con due rappresentanti dei tifosi nel direttivo.

A questa esperienza fecero seguito quelle del Kettering Town, del Brentford, del Crystal Palace e dello Swansea: il fenomeno non era più ignorabile, tanto che il mondo politico decise da quel momento di supportare le iniziative spontanee dei tifosi. Su impulso del Governo inglese, ispirandosi al funzionamento delle Eingetragener Verein tedesche e sulla scia di numerosi salvataggi di club da parte dei tifosi attraverso delle associazioni, a partire dal 2000 i ST furono inglobati nella disciplina che regolamenta le Community Benefit Society (CBS): si tratta di cooperative registrate che conducono affari a beneficio della loro comunità, reinvestendo gli utili prodotti, una forma corrispondente all’impresa di utilità sociale italiana. In tal modo, i tifosi inglesi hanno la facoltà di incidere direttamente sulle sorti della propria società sportiva, convertendola in CBS, con l’obbligo di operare su base democratica, con la regola “una testa, un voto” (un esempio è il FC United of Manchester) oppure in Community Interest Company (CIC) – una forma di impresa sociale destinata “a persone che desiderano avviare imprese che svolgono un’attività commerciale con uno scopo sociale…, o svolgere altre attività a beneficio della comunità” sempre mantenendo meccanismi democratici a regolamentarne l’attività. In via alternativa, i tifosi possono attivare processi di acquisizione o avere voce nella conduzione del proprio club di riferimento attraverso un ST che è strutturato seguendo la normativa che disciplina le CBS.

Questo processo è stato accompagnato dal supporto che le istituzioni hanno fornito al lavoro svolto da Supporters Direct UK, un’agenzia partecipata dai rappresentati delle associazioni dei tifosi di tutta la piramide del calcio inglese, che ha dato aiuto localmente ai tifosi che ne facevano spontanea richiesta per dare vita a un’associazione di tifosi. La stessa Supporters Direct UK, grazie a un network internazionale che attraversa tutta l’Europa (Germania, Spagna, Francia, Belgio e altre) ha dato un forte impulso alla creazione del coordinamento nazionale italiano Supporters in Campo, nato come migliore risultato del progetto europeo ‘’Improving Football Governance through Supporter Involvement and Community Ownership’’ in cui avevano cooperato diverse associazioni di tifosi del nostro Paese.

Il percorso dei ST ha mostrato la natura estremamente versatile di questa forma associativa. Le numerose esperienze che si sono sviluppate nel Regno Unito hanno mostrato nei fatti le diverse modalità operative che hanno i tifosi per creare un rapporto proattivo e costruttivo nei confronti del proprio club, non necessariamente entrando nel capitale sociale. L’elemento-chiave per la riuscita di tali esperienze risiede nell’ottenimento di consenso eterogeneo: quando i ST sono davvero rappresentativi della base del tifo, possono operare con stabilità e migliorare davvero le relazioni con club e comunità.

Tra gli esempi da menzionare, le operazioni di salvataggio compiute dai tifosi di Portsmouth e Wrexham, entrambe sottratte a un destino fatale, risanate e cedute successivamente a imprenditori americani – che però agiscono nel rispetto dell’esperienza dei supporters, che tuttora conservano forme di influenza mediante associazioni di tifosi locali (diritti speciali da statuto, rappresentanti in società) – le forme di dialogo strutturato sviluppate dal Manchester United Supporters Trust o dallo Spirit of Shankly – Liverpool Supporters Union con i rispettivi club, ponendosi all’esterno della società; o, ancora, le quote di minoranza dello Swansea Supporters’ Trust o dell’Arsenal Supporters Trust (uscito da poco dalla compagine societaria per attriti con la proprietà americana). Accanto alle iniziative appena citate, si pongono le grandi esperienze delle associazioni di tifosi proprietarie del proprio club: da AFC Wimbledon e FC United of Manchester, che sono addirittura riuscite a costruire il proprio stadio, a York City FC (ora i tifosi detengono una quota di minoranza), passando per Newport, Lewes FC e Clapton CFC.

Una menzione particolare, inoltre, va fatta per il calcio scozzese, fortemente connesso a quello inglese: la storia recente testimonia la creazione in alcune realtà di un percorso condiviso tra tifosi e imprenditoria locale, che hanno rilevato gradualmente Motherwell, St. Mirren e Heart of Midlothian, tre club professionistici ora gestiti in modo sostenibile dai propri supporters.

(3 – continua)

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