Joseph Forsyth, lo scrittore scozzese colpito dal fascino di Ghino di Tacco

“Che bella cosa quando nel 1200 circolavano per le strade soltanto i banditi del tipo descritto dal Boccaccio!”: il riferimento è chiaramente a Ghino di Tacco (1250 circa – 1303), il bandito “gentiluomo” di Radicofani, almeno nella versione un po’ romantica derivata dal “Decameron” di Giovanni Boccaccio (1313-1375). E l’autore di queste parole era Joseph Forsyth, scrittore scozzese, nato a Elgin il 18 febbraio 1763, e morto ivi il 20 settembre 1815.

La frase è tratta dal volume di memorie di Forsyth intitolato “Remarks on Antiquities, Arts and Letters, during an excursion in Italy”, pubblicato a Londra nel 1813, per gli editori Cadell and Davies. Nel volume vengono raccontate le esperienze vissute dall’autore negli anni 1802 e 1803, nei quali per 18 mesi egli visitò l’Italia a fondo, soggiornando in tutte le principali città, e naturalmente percorrendo anche il territorio senese, rimanendone colpito, e subendo in particolare il fascino di una singolare e leggendaria figura come quella di Ghino di Tacco. Il libro, che ha avuto diverse edizioni successive, anche a cura del fratello Isaac Forsyth, è considerato uno dei migliori fra quelli scritti in lingua inglese e relativi alle memorie dei viaggi in Italia.

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Joseph Forsyth, dopo gli studi ad Aberdeen e a Londra, intraprese, approfittando di un periodo di pace fra l’Inghilterra e la Francia, un lungo e tanto desiderato viaggio in Italia, ma al ritorno, in terra francese, fu colto dalla ripresa delle guerre napoleoniche e per tredici anni fu trattenuto prigioniero, o comunque a domicilio coatto, in varie città della Francia. Al suo rientro nella città natale, in Scozia, duramente provato dal lungo esilio forzato, e già cagionevole di salute fin dalla gioventù, cadde malato e dopo poco tempo morì, all’età di 52 anni. E’ sepolto sul sagrato della cattedrale i Elgin.

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