Ma una mamma è d’ostacolo alla voglia di vincere?

Paolo Benini si propone in riflessioni circa l’ambiente natale. Esso è determinante per avere successo

Stuzzichiamo Paolo Benini. La sua rubrica “Oltreognivittoria” su SienaPost ha bisogno di essere rimpinguata. Con essa ci siamo impegnati a discutere, e talvolta analizzare, quanto uno stato d’animo abbia a che fare con una vittoria nello sport o in un’affermazione professionale.

Dottor Paolo la sentiamo sfuggente…

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“Ha ragione! E’ un periodo in cui sono un po’ spento! Un periodo di bassa come si dice. Si presentano sempre, a un certo punto si svuota tutto e mancano idee. Poi questa città – la nostra Siena – mi facilita nello spegnimento. Sarà l’anticamera dell’esplosione! Chi scrisse la noia?”

Per un attimo ci viene di rispondergli Angelina Mango, ma recuperiamo subito: Moravia, Alberto Moravia, l’anno in cui nacqui, il 1960, per i tipi della Bompiani. Il Dottor Paolo comunque è già passato ad altro… Ci mostra la sua ultima lettura “Trovare il senso in un mondo senza senso”. Con esso i tre autori hanno pubblicato un corso molto seguito all’Università di Berkeley nel quale – premesso che ogni fatto ci raggiunge in maniera vistosa e rumorosa – si tratta di distinguere fra eventi rilevanti e fatti che non lo sono. E’ stato pubblicato nel giugno scorso”.

Dottor Paolo ricordiamo che lei ci parlò di come i suoi scritti si indirizzassero non tanto agli sportivi verso i quali svolge opera di mental coach, ma anche verso lavoratori, professionisti e indipendenti, che si pongono traguardi per la definizione della loro opera.

Oggi le vorremmo proporre di affrontare un tema che ci porterà probabilmente in un giro di schiaffi, spero solo metaforico… Vorrei parlare con lei di mamme. E capire quant’esse siano condizionanti per andare “oltreognivittoria”.

Se si pensa a una mamma, in genere di pensa a un soggetto conservativo, la casa, il rifugio, la sicurezza, le regole. E’ sbagliato dar loro questo carattere come prevalente?

“Le mamme? Le mamme hanno un ruolo centrale per la protezione e lo sviluppo della prole. Il punto vero non è cosa ma come. Come esercito la protezione e la tutela? Passivizzo il figlio o vigilo ma facilito lo sperimentare, l’esplorare? La seconda è la via”.

La mamma italiana per l’AI

Gli italiani sono tuttora definiti “mammoni”. Che c’è realmente di vero?

“Non saprei. Anche io sono stato mammone? Non saprei… Non saprei, davvero! Che vuol dire? Il mammone è espressione di una cultura, di tradizioni. Non trovo che sia di per se negativo come indicato da mediocri burocrati in un recente passato”.

Ma un mammone – e nel frattempo stante la sua passione per l’Ai gli abbiamo chiesto di far realizzare un’immagine di una mamma italiana, una tedesca e una norvegese – può andare oltreognivittoria o non è la giusta condizione di partenza?

“Si può vincere e oltre. Si vince in tanti modi. E ci sono tante mamme con un ruolo centrale nelle carriere sportive”.

La mamma tedesca per l’AI

Se possibile vorremmo che ci parlasse di sua mamma… E in cosa l’ha ritenuta diversa da altre?

“Mia mamma? Mi ha avuto a 22 anni, gestiva le attività commerciali di famiglia, guidava l’auto ed era molto autonoma e indipendente. Una donna già avanti e molto tosta.
Aveva avuto una vita per certi aspetti non facile”.

Pensandoci più attentamente una madre convenzionale italiana comunque è uno sprone verso risultati di carriera, ma oggi i risultati oltreognivittoria possono essere il frutto della sola costanza e del solo impegno?

“I risultati sono una combinazione di vari fattori ambientali, storici e personali. Tra questi ultimi l’impegno e la determinazione non possono mancare”.

La mamma norvegese per l’AI

Riformulo… non serve una precedente emancipazione e quindi si ritorna alla questione dei mammoni?

“Emancipazione? Che vuol dire? Quando dico cosa è l’emancipazione… intendo che la maggior parte delle persone danno a questo temine un’accezione positiva. Intendiamo l’emancipazione come conquista di qualcosa di positivo. Per me, l’emancipazione è riuscire a staccarsi dai luoghi comuni, da questa narrativa dominante, perché mentre tutto involve e scompare noi siamo l’unica specie che si racconta che andando avanti migliora. Noi non ci stiamo emancipando, chiamiamo emancipazione le cose che facciamo nel mezzo tra due giorni. Quello in cui nasciamo e quello in cui moriamo”.

La scuola pubblica odierna facilita o rende più difficile l’emancipazione?

“La scuola attuale è ridicola e l’università segue a ruota. Omologa, soffoca, rincretinisce. Il collegamento scuola-lavoro è un esempio di castrazione mentale. Le career week sono l’esempio dell’appecoramento generale”.

Cos’è per lei la maturità? Saper tradurre Seneca e saper fare le differenziate?

“La maturità è autoconsapevolezza. Sapere come penso e pensare a come potrei… pensare. Seneca aiuta! La filosofia come atteggiamento serve. La differenziata? Una presa per il culo globale!”

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