Palagonia, la villa dei mostri

Mura e palazzi che parlano, oggi la rubrica torna a Bagheria in Sicilia

Continuiamo il nostro giro alla ricerca di perle nascoste da antiche mura e palazzi. Questa volta torniamo in Sicilia. A farsi ascoltare è stata Villa Palagonia, meglio conosciuta come “Villa dei Mostri”. Si tratta di un grandioso edificio fatto costruire a Bagheria a partire dal 1715 da Ferdinando Francesco I Gravina Cruyllas, principe di Palagonia.

È celebre per le sue bizzarre e grottesche statue che rappresentano mostri, animali mitologici e figure umane deformi. Visitare la villa è come fare un’immersione in un mondo fantastico ed inquietante; è come intraprendere un percorso enigmatico. E’ diventata un vero e proprio simbolo dell’esoterismo siciliano.

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Ha anche affascinato grandi artisti. Si dice che alcune ambientazioni del Faust di Goethe siano state ispirate proprio da questo posto che il letterato tedesco aveva visitato. Ma anche Salvator Dalì ne rimase affascinato e dichiarò di voler acquistare Villa Palagonia per i periodi di villeggiatura in Sicilia. Per non parlare di Renato Guttuso, nato proprio a Bagheria, che realizzò ben tre opere dedicate alla villa (Il ratto – Villa Palagonia, Il portone murato e Spes contra Spem).  E, per finire, anche Tornatore ci ha offerto nel suo film “Baaria” delle immagini di questo posto così misterioso.

Ed eccola a voi la splendida Villa dei Mostri, così come si è concessa alle nostre domande, raccontandoci di sé….

Se dovessi regalarci una descrizione di te, cosa diresti?

“In primavera i miei giardini si animano di colori variopinti e l’aria si inebria degli esotici effluvi di purpurei ibiscus, della robusta agave e dei diffidenti fichi d’India. Vi trovate a Bagheria, un angolo di assolato paradiso siciliano, eternato dalla penna di Dacia Maraini e dalle pellicole di Tornatore, dove sole e mare scorrono nelle vene della gente in un connubio antico, inscindibile e struggente. La storia che state per ascoltare, dalla mia viva voce, è la mia, Villa Palagonia, meta irrinunciabile per chi visiti i dintorni di Palermo, e comunemente nota come “villa dei mostri”, per le bizzarre sculture che contengo”.

Quando e per mano di chi sei nata?

“Sorsi nel 1715, su commissione del Principe di Palagonia Francesco Ferdinando I Gravina Cruyllas, che affidò la mia costruzione al frate architetto Tommaso Maria Napoli. Ma raggiunsi la mia apoteosi a metà del XVIII sec, nel clima di entusiasmo edilizio durante il quale il territorio bagherese fiorì di splendide ville, venendo eletto dall’aristocrazia palermitana luogo esclusivo degli ozii estivi. Mie contemporanee furono le vicine ville Butera e Valguarnera, realizzate dallo stesso architetto Napoli. A conferirmi l’alone di mistero e bizzarria che mi circonfonde da secoli fu un personaggio altrettanto singolare: l’omonimo nipote del mio costruttore, Francesco Ferdinando II Gravina Alliata, detto “il negromante” per i suoi interessi esoterici. Francesco Ferdinando, nonostante la fama di personaggio bizzarro e fuori dagli schemi, fu una mente brillante e poliedrica, che ricoprì importanti incarichi a corte. Ma la sua vocazione più sentita fu lo studio e l’erudizione: quante volte, i raggi rossastri dell’alba incipiente, lo sorpresero ancora chino su polverose pergamene e libri dai giallastri frontespizi incartapecoriti, la parrucca incipriata dismessa in un angolo, mentre le candele ormai consunte, dopo la veglia notturna, profondevano, nella camera, le ultime mielose note di cera d’api”.

Parlaci della visita che ricevesti da Goethe…

“Lo scrittore Goethe fu uno dei tanti visitatori, celebri e non, che le mie eleganti mura accolsero. È grazie al suo dettagliato racconto che voi, esseri di un Tempo di cui i miei contemporanei non avrebbero potuto immaginare neanche l’esistenza, potete vagheggiare ciò che io vidi come cosa reale e quotidiana. Era il 1787, se ben mi sovviene – i secoli, per noi vestigia, sono meno di un battito di ciglia!! -. Il mio Principe era ormai in età avanzata e viene descritto, non senza una certa acredine polemica, con il suo ricercato abbigliamento di seta, viso e parrucca finemente imbiancati, le scarpine rilucenti di pietre preziose. Tutto ciò unito ad un portamento ancora vivace e baldanzoso. Destò ancora di più la sua meraviglia il giardino, popolato da un universo grottesco di statue di tufo d’Aspra, così irreali e fantasticamente mostruose, da farmi fregiare dell’appellativo di “villa dei mostri”. Addirittura, Goethe coniò il termine “pallagoniano” come sinonimo di caos ed accozzaglia di cose singolari. Sembra che l’ambientazione del suo “Faust” molto debba alle suggestioni ricavate visitandomi”.

Ma cosa c’è di così particolare in te?

“Come cosa c’è? Ma non lo vedi! Ancora oggi, ovunque si posi lo sguardo, appaiono, come emersi da un universo onirico, nani, personaggi mitologici, esseri dalle sembianze caprine, intenti a suonare strumenti musicali, animali strani che sembrano usciti da bizzarri bestiari medievali, e così via. Sul muro di cinta, che mi circonda come un emiciclo, continuano a destare stupore nello spettatore, consunte dal Tempo e dagli agenti atmosferici, le 62 statue superstiti, delle 200 originarie. Credo proprio di incarnare il celebre verso del poeta seicentesco Giovan Battista Marino: è del poeta il fin la maraviglia, chi non sa far stupir vada alla striglia!”.

Perché pensi che il costruttore delle tue opere abbia voluto rappresentare tutte queste stranezze?

“Se la Natura, con il Principe Francesco, fu generosa nell’elargire doti intellettive fuori dal comune, non lo fu altrettanto riguardo l’avvenenza fisica. Volto segaligno e mento aguzzo, naso importante sotto uno sguardo corrucciato: il Principe non era certo un Adone! Un fatto non infrequente in cui il Caso pone un ingegno eccezionale in un involucro fisico non parimenti piacevole. Per questo, in età odierna, psichiatri e studiosi hanno ipotizzato che, il suo gusto nel circondarsi di sculture rasentanti l’orrido, nascondesse una forma di schizofrenia, legata al suo complesso fisico. Io che lo ho visto condurre parte della sua vita tra le mie mura, che ne ho ascoltato i suoi passi risuonare nelle mie sale, posso asserire che sia una teoria piuttosto riduttiva. Come ho già avuto modo di affermare, fu uno studioso curioso e controcorrente. Basta guardarsi intorno e, una mente più raffinata ed addentrata, saprà riconoscere, nell’intero mio impianto strutturale, riferimenti ermetici di natura alchemica ed esoterica, un vero e proprio “libro di pietra”. Solo ad uno sguardo superficiale e poco intuitivo appaio come un “non sense”, dettato da un folle capriccio del proprietario”.

Dicci qualcosa di più su quello che contiene il tuo “libro di pietra”…

“La presenza del dio Mercurio che nel processo alchemico presiede alla trasformazione della materia, accostata a quella dei musici, unita alla stravagante resa materica delle statue caotiche, allude al raggiungimento dell’armonia attraverso la musica e la materia. Mentre in tutta Europa soffiano i venti dell’Illuminismo, in questo angolo della Sicilia, il Principe di Palagonia fa uno sberleffo alla Dea Ragione, mettendo in scena il grottesco che è in ognuno di noi. È per questo che le apparentemente folli visioni in cui vi imbattete visitandomi, suscitano in voi emozioni contrastanti, che vanno dal timore, alla curiosità, all’ilarità: vi metto di fronte alla parte più nascosta e contrastante di voi stessi”.

Hai una grande stima del tuo principe….

“Si, senza dubbio. Il principe, da uomo profondamente conscio della natura umana, sapeva che nessuno di noi è ciò che sembra, che in ogni uomo c’è un abisso profondo in cui galleggia lo stigma dell’essere seme di Adamo e, in quanto tali, fallibili, contraddittori, capaci di grandi glorie ma, anche, di grandi miserie. Pur dileggiandola, dentro di sé, nella piega di un sorriso amaro, il Principe Francesco non rifuggiva l’umanità, tutt’altro! In età avanzata si diede alla beneficenza e non era raro imbattersi in lui per le strade di Bagheria, mentre conversava delle attualità coeve, anche con i comuni cittadini. Amava altresì, organizzare feste e ricevimenti nella sua singolare dimora, dove sottoponeva gli ospiti a scherzi singolari e non sempre piacevoli. Eh si era un gran burlone! Immaginate la mia grandiosa scalinata a tenaglia, percorsa da graziose dame, imprigionate in crinoline e ammantate da preziose stoffe, o alteri gentiluomini in parrucca, seguiti da caterve di ossequiosi servitori. Ebbene, non era raro vedere questi altezzosi personaggi, sobbalzare, perdendo il loro altisonante contegno, a causa di spilli e spuntoni nascosti nell’imbottitura delle eleganti sedute, o intenti nella improbabile impresa di accomodarsi su sedie a cui erano state segate in maniera asimmetrica le gambe. Spesso il Principe Francesco assisteva, divertito, a queste simpatiche scene, nascosto nell’ombra di un passaggio segreto. Un’altra burla, rimasta nella memoria popolare, vedeva una statua del re Sole con la mano protesa, in cui era nascosto un uncino, sollevare le parrucche dei malcapitati di turno. Il principe Francesco conferì il suo tocco originale anche a uno dei miei ambienti più rappresentativi, la Sala degli Specchi”.

Sala degli Specchi? Parlacene!

“Le sue pareti policrome, una sorta di larario marmoreo barocco, recano, in altorilievo, le effigi di esponenti della famiglia Gravina. La particolarità è data dal soffitto, interamente ricoperto di specchi, disposti in diverse angolazioni, in modo da restituire un’immagine distorta e frammentaria di chi vi si specchia dal basso, in un universo parallelo e grottesco. Tutto ciò enfatizzato dalla scritta incisa intorno alla sala: “Specchiati in quei cristalli e nell’immensa magnificenza singolar contempla di fralezza mortal l’imago espressa”. Questo monito, un vero “memento mori” d’immediato impatto, viene sintetizzato, in particolare, nella piccola chiesa prospiciente la mia facciata. È così inquietante da evocare atmosfere pagane: la statua di una donna dalle bellissime sembianze, ma dal collo in giù divorata dai vermi, un crocifisso con un curioso collegamento con una piccola figura del committente inginocchiato, sono solo un esempio di questo luogo, originale ed anticonformista, come tutto il contesto in cui è immerso. Francesco profuse una cifra davvero eccezionale per abbellire e personalizzare questo che è uno dei luoghi più suggestivi e visitati della Sicilia”.

Sei veramente preziosa…

“Sì, credo di non essere altezzosa se dico di sì. I miei interni sono decorati, secondo i dettami dell’epoca, con materiali ricercati e preziosi: madreperla, marmi, pietre preziose. In questo brulicante universo visionario, definito dallo scrittore Giorgio Vasta, “un corto circuito estetico”, meritano una menzione particolare le gigantesche statue di nani, con vesti di foggia orientale, testimonianza del gusto eclettico del committente, poste all’ingresso. Queste, per il loro misterioso aspetto, hanno alimentato superstizioni e leggende circa influssi malefici che questi soggetti emanerebbero”.

Il tempo che la Villa ci ha concesso sta per scadere. In modo gentile ma risoluto ci dà il commiato dicendoci: “Vi ho narrato la mia storia e quella della mente geniale a cui devo la mia esistenza… Ora, mentre il sole si tuffa nel golfo di Palermo, sotto l’ombra allungata del monte Catalfano, e le cicale riprendono il loro ossessivo frinire, con un lezioso inchino ideale mi accomiato da voi. Vi invito a fare la mia conoscenza diretta, un giorno, a Baaria, sotto questo cielo di Trinacria, di color azzurro terso e, al contempo intenso, che, una volta ammirato, non dimenticherete finché vivrete”.

Lentamente la sua voce si fa sempre più sussurrata, fino a che sparisce del tutto e le sue mura tornano ad essere mute ed immobili. La Villa dei Mostri diventata di nuovo un palazzo fatto di muri cristallizzati ed apparentemente indifferenti allo scorrere della vita intorno. Ma la magia delle sue pietre, dei suoi mostri di marmo continua a farsi sentire con tutta la sua forza. Una forza che deriva dall’irrazionale, da quell’energia misteriosa ed indecifrabile che rende uniche le esperienze che viviamo quando siamo connessi con il cuore.

Si dice che il nome Bagheria provenga da Vad elgherib che in arabo significa porta del vento. E’, dunque, al vento che arriva attraverso la porta di questo posto assolutamente fuori dal comune che vogliamo affidare l’irripetibile collezione dell’irrazionale della Villa dei Mostri. Perché questo irrazionale si propaghi ed accenda i cuori di chiunque sia allenato ad ascoltarlo.

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