Questa è la storia di un cannone e della sua fabbrica

Bassa, rossa, chiusa, sul rettilineo che porta a Ponte allo Spino, dominata dalla villa che è costata un solo pezzo di artiglieria

Sono passati tanti anni, e questa storia è riemersa dalla memoria leggendo un articolo legato alla Turchia. C’era una volta una fabbrica rossa, che lambiva il lungo rettifilo che porta dalle Volte a Ponte allo Spino e poi a Sovicille.

Lì si producevano sistemi di armamento per cannoni. Conobbi il proprietario, che si fece costruire una splendida villa con cantina a pochi chilometri di distanza, in una piccola valle piena di viti.

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Alla festa di inaugurazione mi disse: “Sai quanto mi costa questa villa?”. Risposi: “Beh…posso immaginare”.

“No, non puoi” rispose. “Non in euro o dollari almeno. Io il valore lo determino in cannoni”. Stetti al gioco e chiesi: “Allora quanti?”

“Un cannone!” rispose. Rimasi sbalordito del valore della morte.

Ma cosa è rimasto oggi della fabbrica rossa? All’epoca, una giusta coscienza pacifista la fece chiudere e riconvertire. Fu una grande vittoria: il nostro territorio non produce armi, si disse. La fabbrica venne riconvertita ad una nuova produzione, ma dopo un po’ di tempo fallì e fu chiusa, gli operai licenziati.

Oggi, rileggendo quel nome, il nome del proprietario della fabbrica rossa (su Repubblica), Oerlikon, abbinato al cannone da 25 mm, 600 colpi al minuto, mi sono venuti i brividi nello scoprire che venivano prodotti vicino a Roma dalla Rheinmetall Defence.

Erano pronti per essere spediti sul teatro di guerra. I contratti non si possono annullare, la legge non è retroattiva, i morti futuri non contano.

Pertanto, i cannoni sono ancora lì. La villa, ora passata di mano, giace splendidamente adagiata nella valle. E la fabbrica rossa?

Chiusa, piena di erbacce, occupa una fetta di una fertile piana che non produrrà più grano. Nessuno ha restituito la terra alla terra. Tutto è stato sfruttato, usato e buttato come uno straccio vecchio. Ma che grande economia può generare un cannone!

Chissà quante altre ville, quante altre beffe, quanta altra morte.

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