Manca ormai poco ad avere un quadro completo di chi si contenderà da qui a poco il governo della città. Le primarie del PD e le decisioni del terzo polo completeranno il tutto, e probabilmente bisognerà attendere il ballottaggio con i conseguenti giochi di apparentamento che determineranno una partita molto diversa dal primo turno.
La speranza è che a quel punto si cominci a ragionare e a ipotizzare quale idea di città si ha in mente, uscendo dalle banalità di chi ha maggiore capacità di ascolto in virtù di una più che longeva presenza sulla scena politica.
Eppure il ragionamento ci appare, tutto sommato, abbastanza semplice. La città è statica in quanto a residenti, forse addirittura in calo, e se continua questo trend arriverà ad un punto in cui non si potrà permettere servizi decenti non solo per i visitatori quotidiani ma anche per gli stessi residenti o, nella migliore delle ipotesi, la qualità peggiorerà.
In questo scenario il riflesso negativo non sarà circoscritto alla sosta, mobilità, trasporto pubblico, ma si allargherà ad altre tipologie di servizi che regolano una buona qualità della vita, quindi si pone per tutti i candidati, ma proprio tutti, la necessità, anzi l’obbligo, di affrontare il tema della crescita in riferimento alla struttura urbanistica della città e di questa rispetto ai comuni contermini.
Ovvio che questo tema non possa essere affrontato con slogan e frecciatine sui social ma con un ragionamento serio con i comuni contermini, offrendo loro un rapporto equilibrato in termini di domanda e offerta dei servizi e dei vari tipi di insediamento.
La città dove può crescere se non a sud? Certo le previsioni, a suo tempo logiche, del piano strutturale oggi vanno riviste, alcuni bisogni non esistono più o almeno non sono più avvertiti con la stessa intensità e urgenza, alcune tipologie insediative vanno riviste, ma la direttrice non ha alternative.
Definendo questo aspetto, chiunque si ponga un obiettivo di crescita dovrà poi ragionare su come si riqualificano i contenitori urbani, non solo edifici ma le aree urbane omogenee, rendendo meno ideologico il dibattito. Occorre poi una grande capacità di dialogo e di proposta con le altre istituzioni (Regione e Governo Centrale) per capire come i beni demaniali ed i contenitori di proprietà non comunale, vengono acquisiti al patrimonio locale per interventi di riqualificazione e cambi di destinazione stabilendo un meccanismo che eviti alla committenza pubblica (il Comune) di dover acquisire il bene per poterlo riqualificare e destinare, perché se si deve acquisire un bene (ad esempio una caserma o un’area) e poi investire per il recupero, è difficile trovare sia le risorse pubbliche per l’acquisto, che la fattibilità economica.
Occorrono quindi nuovi modelli operativi, ad esempio attraverso la costituzione di società miste, o meccanismi di compartecipazione ai benefici successivi al riuso riqualificato, sperimentando anche nuovi modelli di cooperazione tra i vari livelli di governo e tra questi con il privato, mettendo anche attenzione alla valenza sociale, oltre che economica, delle iniziative. Ci vuole in buona sostanza un modo nuovo di pensare allo sviluppo della città, seguendo strade di fattibilità economica diverse dalle tradizionali, recuperando dai vecchi interventi programmatori ciò che è ancora attuale e necessario e rivedendo tutto ciò che è stato reso obsoleto da una evoluzione profonda dei bisogni della società. Vedremo chi avrà forza e coraggio di affrontare tali temi che significano sviluppo, occupazione, benefici economici diffusi e la possibilità di mirare ad interventi sociali sui segmenti della popolazione che stanno tornando a porre domande pressanti. Alla fine con un paio di contratti di global service di manutenzione le buche, le asfaltature e i rattoppi vari non sono un problema irrisolvibile, ma il resto…?
Maurizio Cenni
L’immagine di corredo è una foto pubblica di FB, l’autore è Filippo Coppolino, l’area ritratta è Isola d’Arbia