Post del 4 agosto
Parafrasando Tolstoj si potrebbe dire che ogni alleanza felice si somiglia, quelle infelici non possono che vivere la compagnia a modo loro.
Noi, Sinistra Italiana e Verdi, Azione/+Europa, un accordo in vista del 25 settembre dobbiamo trovarlo.
Leggo le critiche, lo sconcerto di alcuni (e so che non mancheranno nei commenti qui sotto) ma credo pure che la partita del voto imponga di giocare per offrire una alternativa possibile alla destra.
Sul capitolo 5 Stelle anche qui abbiamo ragionato e voi sapete come la penso io, io so come la pensa una parte di voi.
Il punto è che in barba alle previsioni l’alleanza meno serena, o più infelice, appare oggi quella dell’altro fronte. Non lo si prenda per un paradosso.
Di qua, dalla parte nostra, è vero che si sta faticando parecchio, ma tutto spinge perché protagonismi e veti lascino campo a un’intesa di merito sui principi di fondo e la battaglia da affrontare assieme.
E però insisto, è di là che in un pugno di giorni il percorso si è capovolto nell’opposto. Due ore di chiacchiera nella sontuosa villa romana del Cavaliere sono bastate a far sì che entrambe le parabole collettive di Lega e Forza Italia scegliessero di accomodarsi ai piedi di colei che, sondaggi alla mano, incarna volto, profilo, contenuti della futura destra di governo (ammesso e non concesso che le urne lo consentano).
E allora tra le due alleanze la differenza dove sta? Direi in una contraddizione tanto evidente quanto malcelata tra la distanza che separa gli “alleati” della destra dal racconto immaginario di un loro ottimismo di facciata. Tradotto, sarà complicato per noi gestire un fronte che da Fratoianni e Bonelli si dovrebbe estendere a Bonino e Calenda? Può darsi, anche se la motivazione dell’accordo e l’autonomia dei contraenti ne giustifica la natura.Il fatto è che alla fine sarà il Pd perno dell’equilibrio a garanzia della proposta. Per quegli altri non è affatto così. Nel senso che la forza di gran lunga soverchiante per immagine e consensi è quella più estrema nel linguaggio sperimentato pubblicamente al comizio spagnolo di Vox.
A questo punto cosa accadrà? In soldoni, ha ragione chi sostiene che la partita si è riaperta e l’esito non è scontato perché condizionato da fattori diversi.
Per primo il clima della campagna elettorale che ci scorterà al 25 settembre, scadenza di un voto autunnale con un solo antecedente nell’Italia monarchica e presto fascista del 1919.
Peserà poi la qualità dei candidati nei collegi dove, parlo ancora per noi, la scelta di escludere i leader può favorire l’ingresso in scena di profili civici e apprezzati.
E ancora, avrà un impatto la capacità di mobilitare i propri elettori riuscendo a perforare la scorza respingente di una quota dell’astensione.
Ma, infine, bisognerà fare i conti col cosiddetto “effetto sciame” degli ultimi dieci giorni. Quel fenomeno che nel 2013 e in misura maggiore nel 2018 premiò il Movimento di Grillo, che alle europee del 2019 ha spinto la Lega e Salvini a scollinare un terzo dei voti e, prima ancora, aveva regalato alla fiammata renziana la dote stellare del quaranta e passa per cento.
Bene, chi nei prossimi cinquanta giorni avrà lucidità e parole giuste per porsi alla testa dello sciame di questo tormentato 2022 con ogni probabilità vincerà la partita.
Che possa essere una destra col cuore rivolto a Budapest, e persino più a Est, è uno scenario possibile, ma come molte cose possibili destinato a non avverarsi.
Toccherà a noi, forti anche delle nostre differenze e animati dalla voglia di batterci, arrivare a fondo corsa smentendo pronostici e volatili del malaugurio.
Come sempre, tutto sta a crederci.