Zeppi spiega il suo passo di lato: nel Pd da iscritto, come da diversi anni a questa parte…
Qualche problema per il nostro presidente Ivano Zeppi in merito al passo di lato. Ma cos’è in fondo il passo di lato? Non di certo la ricerca di un’uscita di scena. Piuttosto è un restare dentro, ma in un altro modo, rispetto a prima. Uno dei passi di lato più noti è parte degli scacchi, l’arrocco, una mossa che solo il re può compiere quando sceglie di mettersi in protezione cedendo l’iniziativa. Sarà questo? A Ivano che in tema di Pd siamo sicuri che per disciplina o orgoglio potrebbe tranquillamente usare l’hic manebimus optime di Tito Livio, passiamo la parola e la facoltà di chiarirsi.
Del resto nell’intervista dici che sei e resti iscritto al Pd… no?
“Esatto. E dunque pronto a condividere diritti e doveri dell’affiliato. La questione è assai semplice, chi al congresso nazionale mi ha visto insieme a “promessa democratica”, questa volta non dovrà stupirsi se non mi ritroverà insieme a quegli amici e compagni. Così come probabilmente non mi troverà accanto ad amici e compagni con cui ho condiviso il sodalizio informale di “ritroviamociPd”. Insomma tutto qui, al congresso probabilmente sarò da un’altra parte. Ma non assente o silente”.
Quale parte?
“Aspetto che l’iter congressuale si compia, che il congresso del mio circolo sia convocato. Non è per fare il prezioso… e poi a chi interessa cosa penso? Al congresso se potrò ci sarò, quando sarà il turno parlerò, e quando si voterà voterò, secondo coscienza. Il mio voto sicuramente non seguirà la logica del soccorso al vincitore. Non l’ho mai fatto. Non mi impensierirà un voto minoritario e neanche di pura testimonianza. Sceglierò per chi sentirò più vicino – ripeto più vicino, non uguale – alle mie idee di partito e di città”.
Già, allora dicci cosa pensi di Partito e Città…
“L’isolamento è finito. Siena isola felice non esiste più, se mai è esistita. Siamo dentro la rotta balcanica; il clima tra siccità e piogge torrenziali imperversa anche qui; le tempeste finanziarie globali hanno distrutto la città-banca; la globalizzazione ci sta portando via l’ultimo manifatturiero; anche il nostro fiore all’occhiello – l’agroalimentare – è insidiato. Il turismo mordi e fuggi sta cambiando il volto delle città, delle campagne, sta modificando l’economia; i giovani studiano qui e se ne vanno; i vecchi qui invecchiano bene ma non possiamo essere una terra per soli vecchi. Stiamo diventando troppo costosi”.
“Il capoluogo, sempre più slegato dal territorio – continua Ivano -, si impoverisce rendendo tutto più povero. Stretti tra due aree metropolitane, Roma e Firenze, senza un progetto di futuro. Ogni comunità locale che cerca da sola il proprio passaggio al futuro. Basta con il piangersi addosso. Bisogna rimboccarci le maniche, ragionare e soprattutto aprirsi al mondo con le sue contraddizioni e problemi. Unire le forze. A questo deve servire il partito democratico e la sua iniziativa politica”.
Ma su quello che vedi nel Pd continui a restare critico…
“Si, tutti apparentemente sono nel giusto. Le regole sono rispettate. Resta l’impressione che il Congresso sia troppo tardi per fermarlo e troppo presto per tenerlo. Si ha l’impressione che si continui – come avete descritto bene – a fare sempre la stessa cosa aspettandosi ogni volta risultati differenti. Un modo di procedere che qualcuno ha definito follia”.