Diritto alla cura quando la guarigione non è più possibile: “Non temerai alcun male”

Intervista a Giuliana Ruggeri in vista del confronto promosso dall’Osservatorio di Bioetica sul tema delle palliative

Tra urgenze operative, mancanza di personale e scelte legislative, la necessità di una rete che accompagni nel fine vita. Attorno a questi temi ruota l’intervista alla dottoressa Giuliana Ruggeri, medico chirurgo presso Le Scotte, presidente dei Medici cattolici della provincia di Siena membro del Comitato Nazionale per la Bioetica a Roma. Presidente dell’Osservatorio di Bioetica di Siena.

Dottoressa Ruggeri, partiamo dal titolo dell’incontro promosso per il 5 giugno: “Non temerai alcun male”. Perché oggi, e perché proprio questo titolo?

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“Il titolo riprende un versetto del Salmo 23, che invita a non temere anche quando si attraversa “la valle oscura”. È un richiamo profondo: difronte alla malattia non più guaribile, è possibile non temere solo se il paziente non è lasciato solo, se trova una rete che lo accompagni nella sofferenza e nel passaggio del fine vita. È questa la direzione in cui vogliamo riportare l’attenzione: la sanità deve garantire non solo cure, ma anche presenza e vicinanza”.

Chi promuove l’iniziativa e con quali obiettivi?

“L’incontro è promosso dall’Osservatorio di Bioetica insieme al network “Ditelo sui Tetti”, con il sostegno di molte realtà ecclesiali, civili e sanitarie. Si svolgerà giovedì prossimo 5 giugno alle ore 18:00 alla Chiesa dell’Annunziata di Siena, aperto dal saluto del Cardinale Lojudice. Vogliamo stimolare un confronto pubblico, ma anche proporre un protocollo operativo che renda effettivo l’accesso alle cure palliative nella nostra regione, superando i troppi ostacoli ancora esistenti”.

Quali ostacoli, concretamente?

“Oggi le cure palliative sono spesso associate solo agli ultimi giorni di vita. Ma secondo la definizione della Società Europea di Cure Palliative, si tratta di cure attive e globali rivolte a pazienti per cui non esistono più terapie curative, per garantire la miglior qualità di vita possibile fino alla morte, senza anticiparla né ritardarla. Non aiutano a morire: accompagnano nel morire. È un diritto umano fondamentale. Nonostante questo, nella nostra regione le difficoltà sono enormi: basti pensare che nell’area senese tre soli medici palliativisti devono seguire 60 pazienti, percorrendo anche 100 km al giorno e gestendo allo stesso tempo sei posti letto all’hospice”.

Qual è la visione che state cercando di affermare?

“La Corte costituzionale, con una recentissima sentenza (n. 66/2025), ha ribadito che lo Stato ha il dovere primario di promuovere solidarietà interpersonale e assistenza continuativa, soprattutto in ambito domiciliare e palliativo. Questo perché l’assenza di cure adeguate può spingere una persona a scegliere la morte non per volontà autentica, ma per disperazione, solitudine, mancanza di alternative. Ecco perché chiediamo che la Regione Toscana assuma personale medico e infermieristico in modo strutturale, applicando il DRG 960/2023 in attuazione del DM 77/2022. Serve una rete vera, che includa ospedali, RSA, territorio, e che garantisca la continuità delle cure anche a domicilio”.

C’è anche una forte critica alla legge regionale sul suicidio medicalmente assistito, approvata in Toscana nei mesi scorsi. In che termini?

“Quella legge nasce da un errore di fondo: la Regione non ha competenza in materia. Inoltre, l’aiuto al suicidio non è un atto medico, anzi contraddice alla radice la relazione di cura.  non può rientrare nei livelli essenziali di assistenza. Viene invece finanziato con fondi destinati alla disabilità, senza che ci sia stato un vero dibattito pubblico o il coinvolgimento di realtà sanitarie come l’Ordine dei Medici. Ma soprattutto, quella legge scavalca una riflessione fondamentale: il paziente fragile, se lasciato solo, rischia di sentirsi un peso, di non avere davvero scelta. L’autodeterminazione, in questo contesto, diventa una parola vuota se non è sostenuta da una rete di cura e di dignità”.

Le cure palliative, quindi, come risposta a una medicina che non può più guarire ma può ancora prendersi cura?

“Esattamente. La legge 38 del 2010, e più recentemente il parere unanime del Comitato Nazionale per la Bioetica del 2023, indicano chiaramente che le cure palliative non riguardano solo l’ultimo tratto di vita, ma tutte le malattie cronico-evolutive: dal cancro alla demenza, dalle malattie neurodegenerative alle fragilità dell’età avanzata. E devono essere precoci, simultanee, presenti in ogni contesto: ospedali, hospice, RSA, domicilio. È fondamentale costruire una pianificazione condivisa delle cure, basata su una comunicazione chiara con il paziente e la famiglia, evitando trattamenti sproporzionati e garantendo anche una maggiore efficienza del sistema sanitario”.

Come si può far avanzare davvero questa prospettiva?

“Serve una svolta politica, organizzativa e culturale. Vogliamo lavorare per un cambiamento concreto nella sanità toscana, a partire da proposte operative, da percorsi formativi per operatori e cittadini, da un’assunzione di responsabilità collettiva. Ogni persona ha diritto a vivere con dignità anche quando non può più guarire. E questo diritto deve essere garantito non a parole, ma nei fatti”.

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