E se… scoprissimo una Siena a misura d’uomo

Affossata la città dell’Arbia, la nostra città non ha più ipotizzato uno sviluppo diverso per se stessa. Altrove non è così

Siena è una piccola cittadina nata come parte di una “master-planned community”. Una moderna zona residenziale, sviluppata negli ultimi decenni con l’obiettivo di offrire una qualità di vita superiore, combinando spazi abitativi ben progettati con numerosi servizi. È posizionata vicino a grandi arterie stradali che facilitano gli spostamenti verso il centro.
Progettata per essere una comunità autosufficiente, offre una varietà di servizi: parchi, piscine, sentieri pedonali, aree barbecue e campi sportivi. Questo progetto avveniristico la porterà a diventare una delle prime città off-grid, ovvero indipendente dal punto di vista energetico.

La città è caratterizzata principalmente da nuove costruzioni dal design moderno e spazi ampi. È una scelta popolare per le famiglie che lavorano ma preferiscono vivere in un contesto più tranquillo. Le scuole sono accessibili e di buon livello e, oltre alle infrastrutture educative, ci sono numerosi servizi, negozi e ristoranti nelle vicinanze. Tutto è stato costruito con attenzione all’ambiente circostante: i quartieri sono immersi nel verde, con sentieri e piste ciclabili che invitano alla vita all’aria aperta.

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Questo, più o meno, è il progetto di Siena, un quartiere situato tra le contee di Brazoria e Fort Bend, in Texas, che oggi conta 27.000 abitanti ed è destinato a crescere rapidamente.

Voi potreste chiedermi: perché vi parlo di questo? Prima di tutto, è interessante sapere che, nella costruzione di un nuovo quartiere, qualcuno abbia pensato a noi, Siena, e ci abbia associato ad altissimi standard di qualità abitativa. In secondo luogo, perché mi permette di riflettere sulle occasioni perse per rendere più vivibile la nostra città.

Mi sono spesso posto una domanda in questi anni: la Città dell’Arbia, l’espansione a sud, avrebbe risolto o mitigato alcuni dei problemi attuali della vera Siena?

Se penso al traffico, alla ormai assodata mancanza di impianti sportivi, alla migrazione dei senesi verso i comuni limitrofi pur mantenendo legami con il centro per lavoro, vita di contrada o affetto, l’unica risposta che mi viene da dare è sì, qualche problema si sarebbe risolto.

Non so dire se quel progetto sarebbe stato qualitativamente sorprendente come quello di Siena in Texas, ma almeno cercava di guardare al futuro, proponendo soluzioni a problemi che già allora erano intuibili. Purtroppo, senza una visione complessiva, ci siamo ritrovati con piccoli interventi che, sebbene apparentemente innocui, col tempo hanno complicato il quadro.

Molti degli interventi, le cosiddette “ricuciture”, hanno finito per intasare la città e offuscare i nostri gioielli. Spesso si è pensato alla città solo in termini di “dentro” (il centro storico, con il Duomo e il Campo) e non di “fuori”, come se lo skyline della città fosse meno importante del contenuto all’interno delle mura. Basti pensare alle polemiche sul poliambulatorio di via Nino Bixio, che avrebbe compromesso la visibilità di alcune parti delle mura.

Purtroppo, le amministrazioni che si sono succedute non hanno fatto tesoro del “gioco” che io chiamo Monopoli, che insegna a sfruttare al meglio i contenitori in disuso presenti in città.

Un esempio? Non è un’accusa, ma un mero esercizio di fantasia urbanistica: da quanti anni parliamo di cosa fare con l’IDIT (ndr, la così detta torre di pomodori)?

Per me è un pezzo importante della nostra storia industriale, da preservare. Ma gli anni passano e sembra che tutti aspettino che la torre crolli per risolvere il problema. Se una giunta accorta avesse considerato quell’edificio come la sede di Sei Toscana, ad esempio, oggi avremmo una torre restaurata e un servizio in meno in una zona congestionata come Viale Sardegna-Toselli.

E se, invece di espandere la zona artigianale di Viale Toselli riducendo il parcheggio scambiatore e aggiungendo poli attrattori come il Carrefour, avessimo concentrato le energie sul raddoppiare il parcheggio, creando un grande hub per la città, servito da navette o da utilizzare per i bus turistici? Il terreno attualmente occupato dagli edifici copre oltre 150.000 mq.

Forse avrebbe offerto alcune risposte a ciò che cerchiamo oggi: parcheggi scambiatori, aree di sosta per camper, magari in zone di pregio.

Tempo fa, un amministratore teorizzava il “parcheggio diffuso”: l’idea che si possa girare finché non si trova un posto. Non considerando che, nel frattempo, si inquina, si perde tempo e ci si stressa.

Concentrare alcuni servizi, come i grandi parcheggi, potrebbe favorire il car sharing in un futuro che è ormai alle porte. Questo è un tema a me caro: in una città medievale dalle strade strette, potremmo riservare i parcheggi in struttura ai residenti e alle contrade, liberando spazi preziosi e restituendo qualche servizio a chi fugge dal centro.

Passeggiando per aree come Castel Vecchio e Pian dei Mantellini, bellissime e poco considerate, perché invase dalle auto, non posso fare a meno di riflettere su quanto la nostra città sia celebrata nel mondo.

Oltre a Sienna, in Texas, anche vicino a Boston troviamo il Pilgrim Monument, una copia in granito alta 72 metri della nostra Torre del Mangia.

Il nome Sienna richiama il termine inglese che indica il colore della “terra di Siena”, una sfumatura di rosso-arancio che prende il nome dalla nostra terra mista al limo. Come nome di persona, Sienna ha guadagnato popolarità grazie al suono melodico e al legame con i toni caldi e terrosi del colore. Celebrità come l’attrice Sienna Miller hanno contribuito alla sua diffusione.

Dobbiamo tornare ad amare la nostra città, non solo a parole, ma rispettando il suo status. Noi senesi siamo polemici per natura, forgiati nel Palio, e spesso non pensiamo tanto a vincere quanto a impedire che il nostro avversario vinca. Per noi, questo è già un grande successo.

Come la terra di Siena, che trae il suo colore unico dalle radici profonde della storia e della natura, anche la nostra comunità, per costruire il proprio futuro, deve mescolare tradizione e innovazione. Solo il tempo dirà se saremo capaci di mantenere vive le nostre tradizioni o se finiranno per svanire, trasformandosi in nient’altro che un ricordo.

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