Il Pd si rinnova solo se ammette tre errori

La sconfitta del centrosinistra alle recenti elezioni amministrative di Siena ha aperto una forte disputa all’interno del Partito democratico, innescata anche dalle dimissioni del segretario dell’unione comunale Massimo Roncucci; ne parliamo oggi con Dino Marchese, della Direzione dell’Unione comunale che, insieme ad altri sei dirigenti e militanti, ha elaborato un documento sulle ragioni della sconfitta, e le prospettive per il futuro.

Perché nasce questo documento?

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“Il documento nasce dalla convinzione che esista un vuoto nella indispensabile discussione nel PD; un vuoto e l’impressione che la focalizzazione sulle procedure, pur inevitabile dopo le dimissioni del segretario della Unione comunale, porti il gruppo dirigente del PD di Siena a concentrarsi solo sul percorso per un nuovo gruppo dirigente. I percorsi sono necessari, di fronte ad una sconfitta di queste dimensioni, ma i percorsi, da soli, sono insufficienti, se non supportati da una visione condivisa sulla città, che si vuole governare, e sulle ragioni della vittoria della destra. Le domande indispensabili da porsi sono tre. Primo perché il messaggio della destra è risultato più credibile agli elettori del messaggio del centrosinistra, secondo perché il PD, che rimane senza dubbio il primo partito in città, non è in grado di attrarre alleanze in grado di vincere, terzo abbiamo una idea aggiornata della crisi economica, sociale e culturale che sta vivendo la città, che ci candidiamo a governare in futuro? Separare la procedura da queste risposte, inevitabilmente rende sterile anche la migliore procedura possibile, la confina in un dibattito tutto interno ed autoreferenziale. Insomma, finisce per essere il meglio che è nemico del bene. Tant’è che non mi pare ci sia un grande interesse in città sul dibattito interno al PD”.

Andiamo con ordine: perché il messaggio della destra è apparso più credibile?

“Qui c’è un evidente paradosso, il centrodestra, in varie forme, è stato pienamente coinvolto nella fallimentare gestione De Mossi, eppure il suo messaggio è stato più convincente del messaggio del centrosinistra, che è stato alla opposizione di politiche fallimentari. Il centrosinistra aveva un programma elaborato con cura, migliore del centrodestra, ma il programma non è tutto. C’è un livello più profondo che riguarda la identità, cioè la capacità di essere in sintonia profonda con le esigenze e le domande che si vogliono rappresentare. Il fatto che quelle domande possano sentirsi rappresentate, anche la incapacità di allargare la coalizione ne è la prova del nove di questa sterilità. Siena è una città che ha bisogno di rassicurazioni, dopo la crisi della banca, dopo le difficoltà del ceto medio, senza un progetto forte si rifugia nelle certezze, anche illusorie, di chi detiene il potere a livello nazionale. E’ risultato più convincente il messaggio di cambiamento interno del centrodestra, rispetto al messaggio della opposizione. Abbiamo sottovalutato la capacità di rappresentare questo elemento, con affermazioni arroganti, che identificavano il cambiamento solo nella nostra coalizione, escludendo a priori la possibilità di essere un riferimento per un popolo disperso nei rivoli, di quello che si autodefiniva il polo civico. Abbiamo pagato duramente questa chiusura nel passaggio dal primo al secondo turno. C’erano istanze di cambiamento, anche confuse, che non si sono riconosciute nella nostra proposta”.

E qui veniamo alla seconda questione del documento: le alleanze…

“Esattamente! Una coalizione in grado di riconquistare una città che si è persa non si improvvisa nei pochi mesi prima del voto. E’ qualcosa che va costruito pazientemente pezzo per pezzo, giorno dopo giorno, nel lavoro di opposizione con l’ottica di governare nuovamente. E’ la differenza tra la testimonianza ed il fare politica. La testimonianza è la affermazione di principi e valori giusti, fare politica è trasformare quei principi nella costruzione, faticosa e non improvvisata, dei compromessi necessari per cambiare lo stato delle cose. Il PD, grazie al cielo, è un partito solido, il primo partito della città, ma manca di una forza attrattiva, verso gli altri potenziali partner. Nel documento usiamo la metafora di una montagna isolata, che non è una catena montuosa estesa. Il vecchio PCI aveva coscienza di questo limite, non ha mai avuto una maggioranza assoluta, ma si è sempre giovato di una rete di rapporti consolidati con i sindacati, con le associazioni del ceto medio produttivo, e con i loro riferimenti politici, che hanno consentito anni di buongoverno. Questa capacità manca al PD di oggi. Quante iniziative comuni sono state fatte che hanno coinvolto l’intera opposizione alla giunta De Mossi? Praticamente niente. Eppure i temi comuni c’erano, e non parlo solo delle iniziative con le forze presenti nel consiglio comunale. Parlo di iniziative larghe che coinvolgono la società civile, senza bisogno di piantare la bandierina, ma che propongano istanze di cui il PD, ragionevolmente, può essere un punto di riferimento indispensabile, e riconosciuto”.

La terza questione è forse la capacità di rappresentare la crisi della società senese?

“Siena è una città che soffre insieme di un rapporto più sfavorevole tra le città capoluogo della Toscana di un pesante indice di dipendenza strutturale, cioè la popolazione attiva ha un peso maggiore della popolazione non attiva, e dall’altro di costi maggiori dei servizi dei quartieri “satelliti” che si scaricano sulla città. L’isolamento della città durante la gestione De Mossi ha contribuito a peggiorare questo effetto. Questo può portare ad una ulteriore crisi del ceto medio che rischia di far imboccare la strada del declino, che non è mai solo economico, ma anche culturale e sociale. Tuttavia non è un destino inevitabile, perché la città può mobilitare risorse anche immateriali. A Siena transitano regolarmente risorse intellettuali e giovani, che possono essere trattenute sul nostro territorio, con progetti che riguardino le nuove frontiere delle scienze della vita, della transizione ecologica. A condizione di creare un lavoro di qualità, di ricerca, non solo a basso valore aggiunto. Un nuovo welfare di comunità. Siena, con le risorse delle Università, ma non solo, può diventare una città della formazione, in tutti questi campi. Nel documento noi proponiamo la costruzione da subito di “Comitati per un’alternativa di centro sinistra e progressista”, per far vivere l’opposizione a questa Destra non solo nella sede istituzionale del Consiglio Comunale, ma anche nei quartieri e tra i cittadini, per un progetto di democrazia partecipata”.

Rimane la questione se questo PD sarà in grado di essere il motore di questo cambiamento…

“E’ evidente che niente si cambia, se non si cambia niente, come diceva Churchill. Questo PD deve uscire da sterili contrapposizioni interne, nella illusione che la conquista di un potere “interno” sia garanzia di governo della città. E’ una idea vecchia. Tutta chiusa dentro il gruppo dirigente, il semplice ricambio, pur necessario, del gruppo dirigente è una condizione necessaria ma non sufficiente, senza ripartire con pazienza, senza scorciatoie, dai quartieri, dall’ascolto e dal dialogo (empatico e non elitario) con i cittadini, con i giovani, con le donne, con tutti coloro che la crisi di questi anni ha reso più insicuri e più soli. Siamo quelli che siamo ma abbiamo il dovere di mettere insieme gente in grado di praticare la politica del rispetto e dell’ascolto, questa è la precondizione per farci ascoltare dalla città”.

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