L’orchestrina suonava e la barca affondava…

Note stonate nel Pd senese, tra dimissioni, regolamenti e partecipazione smarrita

Un post, da una chat del Pd, ha evocato un’immagine: l’orchestrina che continua a suonare anche mentre qualcosa affonda. Forse è un’immagine un po’ forte. Forse no. Ma a volte, per cogliere davvero l’effetto di certi accadimenti, occorre distogliere per un attimo lo sguardo dalle carte e domandarsi che cosa si muove davvero sotto la superficie.

È il pensiero che nasce leggendo il messaggio diffuso da un segretario di Circolo in risposta alle dimissioni dal PD di alcuni iscritti, recentemente entrati nel partito. Dimissioni motivate in un documento firmato che contesta il livello di dibattito e partecipazione interna al partito senese.

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Il segretario prende atto della notizia e la contrasta con un elenco dettagliato di attività svolte: tre assemblee comunali, tre direzioni, quattro incontri dell’esecutivo con i segretari di circolo, più un impegno pubblico di “qualità”. Tutto vero.

Ma non è altrettanto vero che, di fronte a più uscite contemporanee, forse non basta ribadire che “tutto è stato fatto secondo le regole”? Un problema politico può essere ridotto a un problema di forma?

Quando più persone, anche nuove, decidono di andarsene e motivano la loro scelta con il senso di esclusione e la mancanza di coinvolgimento, la prima reazione può essere quella di smentirle?

Può darsi che abbiano torto. Ma può anche darsi che stiano semplicemente dicendo qualcosa che altri – chi ha responsabilità – non vuole vedere o sentire.

Vista da fuori il punto non è se le riunioni ci sono state, ma come sono state percepite. E che tipo di ascolto, di fiducia e di orizzonte comune sono riuscite a costruire.

Se alcune voci affermano di sentirsi estranee, e “il partito” le liquida dicendo: “abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare”. Già questo oggettivamente diventa “prova” di scarsa propensione all’inclusione.

A quel punto, l’orchestra può anche suonare. Ma resta l’immagine che la barca imbarca acqua, e la musica non basta a tenerla a galla.

Probabilmente vale anche per la vicenda dell’alternanza alla guida del gruppo consiliare: è vero sicuramente che la scelta della capogruppo spetta ai consiglieri, ed è sicuramente avvenuta senza forzature regolamentari. Ma se quella scelta si compie senza dibattito, né prima né dopo, forse è lecito chiedersi cosa resta della politica, se le dinamiche interne non vengono riempite di senso. Non è detto che si debba fare tutto quello che si può fare.

Il congresso cittadino ha tracciato una strada ambiziosa, che parla di “rinascimento democratico e partecipato”. Ma la partecipazione è fatta di carne, non solo di carte. Richiede fiducia, orizzonti comuni, capacità di tenere insieme.

Non bastano agende piene, difese d’ufficio. Servono domande e risposte vere. E magari qualche silenzio in meno.

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