Il Monte dei Paschi di Siena (MPS) ha presentato un’Offerta Pubblica di Scambio (OPS) da 13,3 miliardi di euro su Mediobanca, accendendo i riflettori su uno degli snodi più rilevanti del risiko bancario italiano. L’operazione, che offre 23 azioni di MPS per ogni 10 di Mediobanca, rappresenta un passo audace per la banca senese, che cerca di trasformarsi da preda a predatore dopo anni di difficoltà.
L’operazione si inserisce in un contesto di grande fermento per il settore bancario italiano. Con Unicredit che punta su Banco BPM e Generali (13% di Mediobanca) in una fase cruciale di consolidamento con la francese Natixis, l’OPS di MPS – ancorché ipotizzata già nel 2022 – su Mediobanca appare come parte di una strategia più ampia che coinvolge direttamente il governo che si è espresso favorevolmente tramite il ministro Giorgetti; ciò tra l’altro rende di difficile comprensione il fatto che la Banca che si vorrebbe “scambiata” l’abbia subito bollata come ostile.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, azionista con l’11,7% di MPS, sostiene l’operazione con l’intento di rafforzare la presenza pubblica in un settore chiave. La visione di lungo termine mira a creare un terzo polo finanziario nazionale, complementare a Intesa Sanpaolo e Unicredit, con il baricentro potenzialmente spostato verso Roma. Secondo alcuni osservatori, l’intervento del governo non si limita al ruolo di garante, ma si intreccia con gli interessi di grandi azionisti come Delfin (19,8% di Mediobanca e 9,9% di MPS) e Caltagirone (7,7% di Mediobanca e 5% di MPS) – quest’ultimo con una propensione marcata verso Generali da anni -, per costruire un sistema più competitivo e integrato.
Luigi Lovaglio, amministratore delegato di MPS, ha sottolineato il valore industriale della proposta: “Vogliamo segnare un nuovo approccio al consolidamento bancario, creando valore immediato per gli azionisti e rafforzando il sistema finanziario italiano”. E di certo quest’operazione ha della ragionevolezza strategica; per nulla assimilabile al penultimo drammatico movimento sul risiko bancario quale fu Antonveneta.
A Siena, l’annuncio ha suscitato un mix di entusiasmo e preoccupazione. Per le istituzioni locali, l’operazione rappresenta un’opportunità per rilanciare la città, ma non manca chi teme un ulteriore allontanamento del Monte dai suoi legami storici con il territorio. Forse un timore cullato con troppo ritardo.
Il sindaco Fabio ha dichiarato: “Il lavoro svolto dai vertici di MPS certifica la buona salute della banca, che torna protagonista nel sistema finanziario. Siena e il Monte sono legati da una storia secolare: questa operazione può rappresentare una nuova era”. La Fondazione MPS, da parte sua, ha accolto positivamente l’iniziativa, auspicando che il consolidamento rafforzi non solo il ruolo della banca ma anche il tessuto economico locale.
Molti senesi, tuttavia, guardano con cautela al futuro. Dopo anni di sacrifici per salvare l’istituto, il timore è che l’operazione possa spostare il centro decisionale lontano da Siena, privando la città di un ruolo centrale e di sbocchi economici che derivano dalla presenza della direzione generale. Anche il cardinale Augusto Paolo Lojudice si è espresso sulla vicenda, definendola una “speranza per il rilancio di Siena e del suo territorio, che ha sempre trovato in MPS un pilastro fondamentale.”
Se l’OPS andrà in porto, MPS potrà consolidare il suo ruolo nel panorama bancario nazionale, integrando Mediobanca e puntando su un portafoglio diversificato, che include risparmio gestito e assicurazioni. Tuttavia, la struttura finanziaria dell’operazione, secondo gli analisti, appare fragile: nonostante una capitalizzazione stimata intorno ai 20 miliardi di euro, resta da vedere se il progetto sarà sostenibile nel medio termine. La sfida sarà mantenere il controllo operativo e il legame con Siena, mentre si ambisce a una presenza più globale e competitiva. Per i senesi, MPS continua a non essere solo una banca ma un simbolo identitario; e tuttavia non sono loro che decidono.