Siena che perde abitanti: una città che rischia di perdere anche sé stessa

Dietro i numeri, il bisogno urgente di una nuova strategia. Marzucchi e Tortorelli rilanciano, Porcellotti e l’area vasta

La riflessione di Marco Marzucchi e Roberto Tortorelli, pubblicata integralmente sulla Gazzetta di Siena, rappresenta l’ennesimo, ma necessario, ritorno su un tema che da tempo anima il dibattito pubblico locale: Siena sta perdendo abitanti, sta invecchiando, si sta svuotando. E questo ha delle conseguenze per la finanza, le scelte, le opportunità.

Non basta constatare il fenomeno: servono parole nuove e, soprattutto, scelte nuove. Non è un caso che proprio su questo giornale il calo demografico sia stato affrontato con numerosi contributi. Non come semplice conseguenza di una tendenza nazionale, ma come sintomo di una crisi specifica del modello senese.

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I dati parlano da soli, e ormai li conosciamo bene: Siena ha perso oltre tredicimila abitanti dagli anni Ottanta, un’emorragia che ha riportato la città a numeri simili a quelli del secondo dopoguerra.

Ma ciò che più conta è che questa perdita non è distribuita in modo omogeneo: riguarda in particolare i giovani, le famiglie in età fertile, cioè le nuove energie che non trovano qui le condizioni per restare o per arrivare. È questo il nodo che Marzucchi e Tortorelli affrontano, ponendo la questione in termini non solo quantitativi, ma qualitativi.

Cosa diventa una città che si svuota delle sue generazioni attive? Come si trasforma il suo tessuto sociale, economico, culturale? Che senso ha parlare di sviluppo, rigenerazione, innovazione, se la tendenza dominante è quella della contrazione?

A questa riflessione si sono affiancati negli anni altri contributi su SienaPost che hanno provato a leggere il fenomeno da più angolazioni.

C’è chi ha messo l’accento sull’incapacità delle politiche abitative di rispondere alle esigenze reali di chi studia, lavora o prova a costruire una famiglia a Siena, in una città dove il mercato immobiliare rimane rigido e dove il pubblico ha rinunciato troppo spesso a governare l’offerta. C’è chi ha evidenziato la distanza crescente tra centro e periferie, in una città che si è pensata per troppo tempo come autoreferenziale, perdendo contatto con il resto del territorio e con il suo stesso hinterland. C’è chi ha sottolineato come manchino visioni credibili sul futuro dell’università, della sanità, dell’industria culturale e turistica, settori cruciali che potrebbero essere leve di rilancio ma che vivono invece dentro incertezze e frammentazioni.

Perché non basta fermarsi al dato demografico: bisogna leggere le scelte soggettive, le aspirazioni e le frustrazioni di chi oggi non sceglie Siena come luogo in cui restare.

E bisogna allargare l’orizzonte anche ad altri punti. Il primo riguarda l’Università di Siena, che rappresenta in realtà una leva strategica centrale. L’ateneo non è solo un grande attrattore di studenti, ma incrocia direttamente il tema della residenzialità, dell’economia urbana, della mobilità giovanile e dell’innovazione culturale. Una città che ha l’ambizione di trattenere, e non solo ospitare, studenti, deve ripensare i propri strumenti anche in funzione del rapporto con la vita universitaria.

Come non può essere trascurato l’impatto turistico-residenziale. Il peso di affitti brevi e B&B: la turistificazione incide fortemente sulla possibilità per giovani coppie, lavoratori e studenti di trovare alloggi accessibili e stabili.

Occorre una riflessione più profonda sul tessuto sociale. Le dinamiche residenziali non si spiegano solo con i numeri o con l’IMU. Occorrono analisi sulla qualità della vita giovanile, sull’inclusione, sulle condizioni che spingono chi può a vivere altrove. La percezione di una città ferma, poco aperta all’innovazione, poco reattiva alle trasformazioni culturali e tecnologiche, può essere altrettanto determinante.

Infine, ma non ultimo, il ruolo della Regione Toscana. La Regione non può essere citata solo in termini comparativi, ma va interrogata sul proprio ruolo di regia. Perché una riforma istituzionale dell’area senese, così come politiche abitative orientate alla permanenza nel capoluogo, richiedono una forte cabina di regia regionale. La Regione dovrebbe essere parte attiva, anche nel definire incentivi, priorità, strumenti.

In questo contesto si inserisce la voce di Gianni Porcellotti, che in un recente comunicato di Siena Sostenibile è tornato a richiamare la necessità di un’urbanistica d’area vasta. Il riferimento al progetto SMAS, Schema Metropolitano dell’Area Senese, risalente a vent’anni fa, non è un’operazione nostalgica ma un modo per denunciare l’assenza di visione sistemica. Quel tentativo, rimasto nei cassetti delle amministrazioni, cercava di proporre una lettura integrata del territorio, evitando sovrapposizioni e sprechi, immaginando un disegno condiviso tra comuni confinanti, superando localismi e particolarismi.

Quello che manca oggi è proprio questo: la consapevolezza che il futuro di Siena non si gioca dentro le mura, ma nel rapporto tra la città e la sua area vasta.

I temi del lavoro, del trasporto pubblico, della gestione dei rifiuti, delle infrastrutture, del welfare, dell’ambiente, dell’accesso alla casa, della cultura, sono tutti interconnessi e non possono essere affrontati con strumenti amministrativi novecenteschi, fatti di confini rigidi e autonomie incapaci di dialogare. Da questo punto di vista, il vuoto di un piano strutturale aggiornato e condiviso rappresenta non solo una mancanza tecnica, ma un deficit politico e culturale.

Il calo demografico, dunque, è un sintomo. Ma dietro c’è una malattia più profonda: la rinuncia a pensarsi come comunità in trasformazione. Una città che non si interroga sulle proprie contraddizioni e che si rifugia nella conservazione del proprio passato non può generare futuro.

Occorre invece riprendere il filo di una discussione seria e concreta che provi finalmente a costruire un progetto credibile e coraggioso.

Un progetto che tenga insieme rigenerazione urbana e giustizia sociale, attrattività e inclusione, pubblico e privato, centro e periferie. Un progetto che superando errori e le debolezze, rifiutando i facili slogan, si affidi alla fatica quotidiana dell’amministrare bene.

Siena ha bisogno di abitanti, certo, ma soprattutto ha bisogno di cittadini, di nuove generazioni, di donne e uomini che la scelgano come luogo in cui vivere, studiare, lavorare, fare figli, invecchiare. Restituire senso alla pianificazione del territorio, come ripete Porcellotti, è il primo passo per restituire senso anche all’idea stessa di essere una città.

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