Riflessioni su una città che deve scegliere se restare immobile o reinventarsi
Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Monica Casciaro, Capogruppo di Siena Sostenibile in Consiglio Comunale di Siena...
C’è un senso di disagio sempre più diffuso, sottile ma persistente, nel parlare oggi di turismo a Siena. Si ha la sensazione che qualcosa non torni, che manchi un tassello. Che l’orgoglio per una bellezza riconosciuta nel mondo non basti più a tenere insieme una realtà che ha bisogno di risposte nuove.
L’assenza di turisti – non solo nei numeri, ma nella qualità delle presenze – è un tema concreto, che si avverte nelle piazze, nei negozi, nei dialoghi tra chi in città ci vive e chi ci lavora. Ma forse il nodo vero non è quanti turisti arrivano, bensì che esperienza vivono una volta giunti qui. E cosa trova davvero chi sceglie Siena come meta.
Negli ultimi tempi si è tornati a porre l’attenzione su alcuni snodi, come la formazione delle guide turistiche. Ed è giusto: la qualità dell’accoglienza culturale inizia anche da lì. Le guide non sono solo voci che spiegano, ma mediatori tra il visitatore e il senso profondo dei luoghi. Una guida mal preparata impoverisce un patrimonio che da solo non si regge. Ma sarebbe sbagliato ridurre tutto a questo aspetto. Concentrarsi su un segmento, pur importante, rischia di far perdere di vista l’insieme.
La realtà è che Siena sembra ancora senza una visione compiuta di sé come città turistica. Si sperimenta – l’attracco dei pullman è un esempio recente – si pensano interventi senza una direzione comune. Si naviga a vista, senza un progetto unitario. E così si rischia che ogni sforzo perda forza prima ancora di dare risultati.
Il richiamo al “turismo di qualità” è diventato quasi una formula, un mantra. Ma cosa significa davvero? Non basta evocare il turista ideale per farlo apparire. La qualità non si domanda: si prepara. Serve una città in grado di offrire percorsi intelligenti, servizi accessibili, contenuti ben raccontati.
Chi arriva oggi a Siena incontra sì una bellezza rara, ma spesso poco accompagnata. La segnaletica è minima, la comunicazione frammentata, le esperienze strutturate ancora troppo poche. Il patrimonio c’è, ma non sempre si lascia vivere appieno. Si dà per scontato che basti esserci – ed è proprio questo il rischio più grande.
Pensare al turismo come relazione, non come flusso, significa cambiare paradigma. Significa mettere in rete tutti gli attori dell’accoglienza, dai professionisti alle piccole realtà che custodiscono quotidianamente l’identità urbana. Significa fare formazione diffusa, non solo abilitazione. Rendere accessibili contenuti e percorsi anche attraverso strumenti digitali, itinerari tematici, audioguide, narrazioni pensate non per stupire, ma per coinvolgere. Significa dare respiro a una programmazione culturale che non si concentri solo in poche date, ma distribuisca interesse e vita lungo tutto l’anno. Soprattutto, significa smettere di pensare al turista come a un problema o a una salvezza, e iniziare a considerarlo parte del racconto cittadino.
La domanda, allora, non è più “perché mancano i turisti”, ma “quale città li sta aspettando”. Siena ha il vantaggio di non dover costruire nulla da zero. Ha luoghi, storia, identità. Quello che le manca è una direzione che tenga insieme tutto questo in un’idea contemporanea di turismo. Una visione che non viva di nostalgia o rendita, ma che sappia rigenerare, con coraggio e misura, la propria offerta. Perché chi arriva, oggi, cerca senso. E il senso non si improvvisa: si coltiva.
Monica Casciaro