Basta che sia Robur. Il Siena è, e dovrebbe essere, divertimento. Non solo per un tifoso, ma anche per chi ci lavora. Poche figure, profili essenziali, un gruppo di amici che parte e la domenica va a vedere giocare la propria squadra. Un volo libero verso un campo verde e un pallone che rotola.
Un’amica cara mi ha regalato questa definizione. Ama il bianconero da quando aveva dieci anni. Vogliamo prendere la sua frase come “media res” della questione Siena? Che oggi si chiama ACR Siena e fra poco probabilmente non ci sarà più.
Crediamo che, per dirla alla maniera del poeta Orazio, la questione sia riportarla in campo la nostra Robur.
Oggi, in viale dei Mille 3, lo stadio Artemio Franchi, c’è poco o nulla. Il Presidente della Società si guarda bene dall’esserci e fa tutto da Roma. Sui conti della sua gestione non v’è certezza, ma siccome sappiamo il costo di un campionato professionistico, prendiamo per buoni gli oltre cinque milioni di disavanzo che il Presidente dei Fedelissimi ha riferito alle candidate sindache, dicendo però che lì dentro c’è anche il consolidamento delle tribune e il rimettere la squadra in campo tra i professionisti con un minimo di ambizione.
L’incomprensibile Montanari, sembra che del valore della società gli importi poco: non paga dall’ultima scadenza federale (febbraio, ma ci sono arretrati anche a settembre), non versa tributi e tuttavia riempie ricorsi e opposizioni. Contro le autorità Sportive, contro il Comune, contro i dipendenti e i giocatori in uscita… quanto più le sue azioni sono prive di senso tanto più egli è arrogante e pedante. Ed ecco che ai decreti ingiuntivi seguono le opposizioni, e alle revoche i ricorsi.
Per un patito della “cultura del fare” come l’assessore Benini, il mese e più che c’è voluto perché il dirigente Bruni firmasse la revoca d’uso di Franchi e Bertoni, a fronte di un iter di controdeduzioni inviato da Montanari, è stato intollerabile. E niente di strano che ora, ad atto pubblicato, ci siano altri ricorsi, tant’è che Benini prenderebbe cesoie e tenaglie e metterebbe fine de facto al possesso. Ma la giunta è agli sgoccioli: toccherà al fiduciario/a della nuova sindaca farsi carico della questione.
“Te non sei più Siena, almeno non per noi, e più con noi sarai”. Con la revoca, il Comune questo non è riuscito a dirlo al Siena di Montanari: gli ha tolto le strutture, forse, ma non il titolo sportivo. Comunque è l’inizio di uno stringersi di una garrota che però fa del male anche a chi gira lo spago.
Sinceramente per recedere da questa situazione servirebbe solo il ritorno degli armeni, che qualche settimana fa era stato anticipato come possibile da fonti abbastanza autorevoli. Loro hanno i soldi. Che spesso e volentieri aiutano a equilibrare una soluzione; e potrebbero avere le ragioni per motivare un ricorso vincente. Per poi magari farsi aiutare a prendere le scelte tecniche più giuste, perché quelle che fecero in passato furono a dir poco deprimenti. Mamma mia anche loro quanti soldi hanno messo, forse paragonabili a quelli che arrivavano con la presidente precedente finché Civitavecchia non ha chiuso il rubinetto.
Tuttavia… la stagione degli armeni è oggettivamente finita. La nuova giunta, guidata da una nuova sindaca, vorrà fare le cose per bene e comprendere a fondo iter e procedure perché, di qualunque colore risulti, non sembra intenzionata a lasciare alcun vantaggio a chi c’era prima. Quindi perizia dello stato delle cose, operosità per non entrare subito in attrito con la pazienza dei tifosi e tanta concertazione. Per dirsi che?
Il Franchi andrà riassegnato, forse assieme al Bertoni dell’Acquacalda, a un gestore e utilizzatore; nel frattempo provvederà il Comune direttamente o tramite Sigerico se apparirà necessario in futuro “fargli fare troppe cose”.
Probabilmente, qualunque sarà la categoria in cui giocherà la squadra, le infrastrutture dello stadio non saranno utilizzabili; o forse lo saranno la curva Guasparri e il terreno da gioco sforzandosi a dargli spogliatoi praticabili. Il Genio civile aveva chiesto un consolidamento che sembra non ci sia più il tempo di attuare – tre mesi circa – se qualcuno lo pagasse. A questo punto – secondo cronoprogramma – doveva esserci già la pedana per l’accesso al campo e gli sky-box dovevano esser smontati. Ma se anche ci fosse l’ennesima deroga con più di un soggetto pubblico che mette il sedere sulla gratella perché lo “sfarinamento” della struttura è reale, quale squadra farci giocare?
Finché le autorità federali non concludono con l’ultimo dei ricorsi che gli farà Montanari, il discorso di chi rileva l’eredità culturale della Robur sarà probabilmente non praticabile.
Ma poi ci chiediamo noi… Le elezioni stanno passando, le responsabilità sono chiare e individuate, le soluzioni sono costose e incerte… Ma chi glielo fa fare alla nuova sindaca di mettersi addosso problemi che non gli appartengono? E difatti, invitate dai Fedelissimi, entrambe le candidate hanno rincarato la dose su chi ha le colpe; chiaramente anche De Mossi – ormai è un mantra – perché non ha controllato ed è… amico del ricciarello magico.
Io andrò controcorrente ma non guasterebbe a tutti, farsi un esamino di coscienza. E non comportarsi da “formicole”. Mi ricordo un capoverso di un libro di Ron Hubbard, o era Aldous Huxley?; si faceva notare che le “formicole” sarebbero razza dominante se avessero la capacità di trasmettersi l’esperienza anno per anno e non ricominciare da capo ogni volta.
Quando sento tornare a parlare di azionariato popolare, duemila persone che mettono 2500 euro ciascuna ogni anno (omissis: dicendo alle famiglie che non andranno più in vacanze, mentre gli spieghiamo che l’inflazione mela nostra Sienina ce ne ha tolti 2164 di euro), di superdirigenti sportivi con capitali propri che vogliono accasarsi a Siena, di emiri e sceicchi, di transazioni di diamanti…
Ecco, quando sento questo, capisco che, come dice il mio amico blogger Almuta Nabbi, risiedo invece a “Borgo Polveroso” e poco si è appreso da dieci anni in cui il Siena è sparito tre volte dagli elenchi federali e alla guida della società ci sono stati cinque gruppi di potere diversi. E comunque nel frattempo si è vinto uno scudetto nazionale dilettanti, disputato una semifinale nazionale di Coppa e ottenuto l’accesso a non so quanti play-off, compresi il primo e l’ultimo, poi negati per penalizzazioni.
Per quanto ne so io, il Siena di Mezzaroma sparì quando seppe che il Monte avrebbe chiuso i cordoni della borsa. Prima di farlo gli c’entrò di avviare tra i primi in Italia l’iter della nuova “legge stadi”.
Con quella – sto “strasemplificando” – lo Stato concedeva deroghe operative ai privati capaci di realizzare un’impiantistica che il pubblico non poteva fare. Il guadagno, il premio, era dato dall’edificazione di ampie aree commerciali all’interno degli stadi che avrebbero dato reddito negli anni. Senz’altro un’operazione buona per i Fondi esteri. La fine della sopravvivenza degli scoiattoli – altro grosso tema di polemica in precedenza – era decretata.
Da allora tutti i presidenti bianconeri – in un modo o nell’altro, chi più chi meno – hanno rivolto attenzione a questa potenzialità di business. La fossa del Rastrello – quasi un’anomalia orografica – sarebbe stata “pienata”, allo stadio si sarebbe potuti vivere e prosperare tutto il giorno e tutti i giorni… e le famiglie avrebbero superato in numero gli ultras.
Questo prima che si iniziasse a parlare di rigenerazione, di Pnrr, di nuovi ruoli della soprintendenza. Comunque l’attualità è sempre lì, con qualche richiamo in più sancito dal nuovo Piano operativo. L’ultima volta ho sentito definire tutto questo “Progetto stadio-fortezza”, dove il renderne parte la società sportiva ed i canali di finanziamento cui può accedere dava sostanza e ragionevolezza all’intera pianificazione.
Ora viene a mancare la Società – sopra quel che deve fare il Comune oggi per un revival -, però. Una nuova? Partendo con un bando del Comune se l’attuale “stianta” alla svelta? Magari sarà una che già esiste nell’immediata periferia e potrebbe portare in gioco un super-imprenditore che però non ha vinto le elezioni? E ci sarà voglia di trasmettersi know-how e governance per non perdere troppo tempo?
Di certo qualcuno dovrà fare per primo un passo. Sull’asse Fortezza, la giunta De Mossi costruiva talmente tanto del suo futuro da voler fare un patto formale per sancirne lo sviluppo. Ora però chi lo rispetta questo patto?
E chi avrà la modestia quantomeno di chiedere aiuto all’assessore Benini? Perché chi lo farà, avrà come minimo il vantaggio di una piena cognizione su come gestire gli oltre venti progetti Pnrr sullo sport senese che tra giugno e luglio dovrebbero esser cantierati.
Ah, un altro consiglio non richiesto per la nuova sindaca.
Attenzione, entrambe, sul Siena, avete detto “tuttomio tuttomio” e quindi le responsabilità proprie iniziano da come si affronta la questione per ripartire e da quali scelte si fanno. Ricordate anche che i giardinieri da Roma non ci vengono in viale dei Mille 3 e quindi bisogna fare in Piazza del Campo 1 gli atti necessari di organizzazione e spesa per effettuare quelle manutenzioni che sono sempre risultate invise al Palazzo. E, se nella seconda metà di giugno, quell’erba nel mezzo comincerà a ingiallire, sarà evidente a tutta la città che si è promesso troppo.