Prendo una sintesi dalla chat di famiglia: “Rapido e indolore”. Questa carriera dell’Assunta, abbassati i canapi, non è mai stata in dubbio. Leocorno primo, indisturbato; annata di Palio che si conclude nel mondo più classico – uno vince, gli altri a letto -. O meglio quasi di certo si conclude perché il Sindaco De Mossi, al microfono di Alessandro Pagliai per RadioSienaTv non chiude del tutto allo Straordinario “Fine Pandemia” nella serata del Leocorno.
Se si fa un pronostico, vicino non conta, quindi, complice l’ordine di mossa, abbiamo fallito. E tuttavia, vorremmo dire che se si togliesse quello “handicap Civetta” che avevamo attribuito al Leocorno, i suoi numeri l’avrebbero messo avanti nelle previsioni.
Molto c’è da dire su ciò che non è stato, quindi mandiamo in archivio quello che è stato. L’ordine della prima busta è questo. Ambrosione inizia subito a leggerlo velocemente: Leocorno, Giraffa, Selva, Valdimontone, Onda, Civetta, Tartuca, Nicchio, Lupa e Chiocciola di rincorsa.
Il tema quindi delle avversarie è risolto dalla distanza, salvo la questione Chiocciola-Tartuca che esprimerà la dominante della mossa. I fantini bravi mostrano questa qualità adattandosi e Scompiglio capisce che la sua strategia principale diventa il Piano B: lasciare al canape l’avversaria.
L’allineamento richiede qualche tempo, molti cavalli sono nevrili e reattivi, ma agli steccati stanno da papi e quindi le cose da osservare sono quelle di fronte al verrocchio. La Tartuca lascia posizione prima al Nicchio e poi alla Lupa e, spinta dal mossiere a riprendere l’allineamento, lascia due volte la testa al canape. Sono i due momenti in cui Scompiglio fianca il suo Viso d’Angelo, la prima è annullata, la seconda è buona. La mossa non è né giovane né vecchia, l’allineamento è perfetto salvo la Tartuca che è due posizioni più alta.
Le più pronte sono Selva e Valdimontone, il Leocorno tuttavia ha pista libera davanti e, nerbando Violenta, va in testa a San Martino con buon margine; Selva, Valdimontone e Giraffa si accodano. Dietro c’è la Chiocciola che si trova l’interno sbarrato dalla Lupa, la Tartuca che è tenuta alta dalla Civetta, il Nicchio intruppato, l’Onda che prende un San Martino da manicomio che l’affianca alla Giraffa. La Lupa che lascia il viottolo di Beppe, si allarga e tocca la Tartuca in rimonta, si toccano e perdono entrambe l’azione.
L’approccio delle inseguitrici al primo Casato probabilmente evidenzia qualche errore tecnico, ma di coraggio i fantini ne mostrano tanto. Le prime tre passano, la Giraffa si abbassa sull’interno della spianata dove trova l’Onda, quando quest’ultima si rialza si toccano e cascano entrambe, Civetta e Nicchio vengono coinvolte, quattro in terra, Palio finito anche per le altre inseguitrici che devono scavalcare i corpi che rotolano a terra. Nella spianata, la Tartuca, esterna, para l’intento di rimonta della Chiocciola e continueranno così, più o meno appaiate, scambiandosi anche qualche nerbata nel finale.
Consigliamo per chi volesse capirci di più queste belle foto di Paolo Lazzeroni al link de La Nazione Siena: https://www.lanazione.it/siena/cronaca/palio-fantini-caduti-1.7988544
Il galoppo di Tittia e Violenta è incontrastato, il fantino si gira, guarda e non rallenta l’azione. Sembrerebbe un Palio corso in maniera blanda, ma il cronometro alla fine segna ufficiosamente 1’13’’29, cioè la carriera più veloce dal record di Polonsky. Selva e Montone chiudono nell’ordine, ma le distanze sono tali da non farle sentire neanche purgate.
Nella serata, il veterinario comunale informa che tutti i cavalli sono tornati in salute nella propria stalla e i tre fantini ricoverati in codice 2 – Tamuré, Brigante e Veleno II – sono dimessi in nottata dopo gli accertamenti radiografici.
Ha vinto il Leocorno, ha vinto l’accoppiata più forte, nulla da dire salvo le congratulazioni meritate. In attesa del pagamento dei partiti, quasi ogni dirigente di contrada – chiaramente eccetto la Civetta non invitata, o meglio non prevista – esprimono un diverso grado di soddisfazione per alcuni momenti e aspetti della corsa. L’ineccepibilità del successo del Leocorno chiude in anticipo le polemiche.
Gente giovane, ragazzi entusiasti, il biancoarancio dilaga per Pantaneto, le Logge del Papa, Piazza, ora c’è solo da aspettare l’acqua che verrà; che oggi si porta via il prezioso tufo che gli operai del Comune vorrebbero riorganizzare e riportare nei magazzini di Cerchiaia. Sicuramente servirà altro materiale di mescola per raggiungere la quantità sufficiente.
Quello che è mancato a questo Palio, è l’assillo che la Civetta poteva arrecare al Leocorno, chiaramente incasinando tutto il basso canape. Con tutto il rispetto per Massimo Columbu, la sua scelta poteva e doveva portare solo all’atto disperato che si sarebbe concluso con il rimandare a Gubbio un fantino sulla soglia dei cinquant’anni squalificato e arricchito. Ma superare l’enorme distanza al canape – tentativo fatto solo per qualche secondo – avrebbe comportato anche una squalifica importante per la Contrada. E tuttavia la Civetta ha anche lasciato aria a chi correva in basso; forse non aveva il cavallo più prestante per stringere sul basso, ma neanche ci ha provato forse illusa che i tempi di mossa sarebbero stati diversi e c’era ancora tempo per farlo. La sua caduta nei primi 20’’ del Palio non ha rivelato altro. Il giudizio è di forte insufficienza. Solo una dichiarazione dal Castellare potrebbe farci capire se deve essere addirittura pessimo.
Tutto fatto bene, il massimo, è ancora il voto di Tittia. E quando in quattro anni, i Palii corsi sono vinti solo da lui, l’evidenza in pagella per gli altri è difficile. Comunque qualcuno la raggiunge…
Selva e Valdimontone fanno tesoro del buon ordine di mossa, partono bene, ma corrono da complementari. Senza acuti, senza rischi, ma privarle della sufficienza sarebbe ingiusto.
La voglia di ben figurare toglie probabilmente un po’ la visione d’insieme a Tamuré che sente che il suo barbero ha molto di più del Montone e cerca il sorpasso in spianata all’interno, trovandoci l’Onda. Sgambettato da quest’ultima all’entrata del Casato, finisce il Palio lasciandoci la voglia di rivederlo a cavallo per un’altra occasione.
Coraggio, tanto, quello dell’Onda e forse un errore. La partenza è un pizzico inferiore alle partenti, l’impatto con il Nicchio gli fa perdere un passo, il San Martino, come detto è stupefacente, poi Brigante, per cui gli anni stanno scorrendo, forse commette un errore per l’ansia di esserci là davanti. A noi piace il coraggio, la sufficienza la diamo anche a lui, ma il suo palmares continua a rimanere scarno e la cosa avrà effetto sulla scelta delle future monte.
Il Nicchio è la grande assente da un Palio che doveva vederla protagonista. Scangeo, prima scippa la posizione della Tartuca, poi, mentre gli altri hanno occhio per la rincorsa, guarda invece il basso del canape quando si parte. Fianca sull’Onda e corre sempre intruppato, finché intruppato, casca. Direi insufficiente ai canapi e ingiudicabile in corsa.
La Lupa è ottava al canape, sceglie il viottolo di Beppe precludendolo alla Chiocciola, ma il galoppo di Astoryux non risalta; a San Martino decide di alzarsi un po’ e si tocca con la Tartuca, perdono l’azione entrambi e di qui in poi Gingillo non sente la necessità di prendersi rischi. Quindi, nulla che giustifichi una sufficienza. Chiocciola e Tartuca, un Palio iniziato e continuato a distanza, concluso stretti stretti. Non si sono fatte mancare nulla: danneggiamento alla mossa, parata in corsa, nerbate per dessert. Dirigenze entrambe contente per il “Piano B” portato a casa e suggello finale dato dall’abbraccio in Pantaneto fra Gianni Cortecci e Alessandro Maggi; quest’ultimo: “E’ un avversario, non un nemico, a Palio finito non bisogna tener rancore”. Per noi sufficienza a Scompiglio che ha preso tutto quello che c’era plausibilmente da prendere e insufficienza ad Ares per il molto di più che poteva mostrare.