Tra politica, impegno e amicizia: un cammino condiviso a tratti, mai dimenticato
Quasi coetanei. Stefano era nato il 15 giugno 1958, io il giorno dopo di due anni prima. Le nostre strade si sono incrociate più volte, a tratti intensamente, a tratti con quella distanza che la vita a volte impone ma che non cancella mai davvero i legami autentici.
Ci conoscemmo nella seconda metà degli anni Settanta. Io allora ero segretario della FGCI a Siena, lui uno studente, giovane e curioso, già capace di farsi notare. Per un certo periodo fu il responsabile del settore Economia e Lavoro. Allora le frequentazioni erano pressoché quotidiane, e finimmo per conoscere molti dettagli delle nostre vite, nel lavoro ma anche al di là del lavoro. Erano tempi in cui la politica giovanile non era solo palestra o militanza, ma anche un laboratorio di relazioni, conoscenze, prospettive che avrebbero poi nutrito le scelte di vita e di professione.
Non fu un caso che la Cna lo intercettasse presto. Era una stagione nuova, in cui anche per un’associazione come la Cna si cominciava a parlare – quasi per la prima volta – di finanza, e servivano competenze. Stefano portò con sé due patrimoni: la cultura economica acquisita durante gli studi universitari, certo, ma anche quella cultura politica assorbita nel movimento giovanile, che allora in provincia era ovunque: nei circoli, nei comuni, spesso anche nelle frazioni. Un mondo che costruiva reti, favoriva contatti, intrecciava esperienze. Stefano seppe farne buon uso, e si affermò presto in quel mondo professionale che stava cambiando.
Negli anni Ottanta però ci perdemmo un po’ di vista. La vita prende direzioni diverse. I nostri percorsi tornarono a incrociarsi nel 1991, quando decisi di rientrare a Siena dopo un lungo periodo a Roma. Ricordo bene quella visita, una delle prime che feci: andai a trovarlo per raccontargli la scelta che stavo per compiere. Mi accolse con calore e convinzione, mi parlò anche di vuoti da colmare nella sua organizzazione. In qualche modo mi spinse a fare quel passo. Da lì ripresero i rapporti, si riallacciarono i fili.
Con il tempo, la collaborazione diventò sostanza. Quando assunsi la responsabilità del coordinamento territoriale di Legacoop, si costruì un rapporto profondo che andava oltre le occasioni formali. Un confronto continuo, fatto di stima, fiducia, ma anche di scelte condivise. Penso, ad esempio, al percorso di crescita che immaginammo per Assicoop: un cammino possibile proprio perché si parlava la stessa lingua, si sapeva da dove si veniva, e dove si voleva andare.
Le nostre frequentazioni non erano quotidiane. Qualche telefonata, qualche pranzo, qualche riunione. Ma il legame c’era. E c’è stato fino all’ultimo. Ricordo – e questo ricordo mi ha colto di sorpresa mentre scrivevo – la notte del suo improvviso ricovero alle Scotte. Fui avvertito da Fabio Borghi, e corsi lì, sapendo già che non c’era più nulla da fare. Un’immagine che avevo sepolto nella memoria e che ora, a distanza di tempo, ritorna con forza. Molte cose mi erano sfuggite. Ad esempio fu solo in quella tragica notte che realizzai appieno tutto il suo impegno per l’Africa.
Dire che la sua assenza pesa è quasi una banalità. Ma è anche vero. In certi passaggi collettivi, in certe vicende della città o di un’idea più larga di economia e impegno sociale, se Stefano fosse stato ancora con noi, qualcosa – forse – sarebbe stato diverso. È una sensazione, più che un ragionamento. E forse, per chi come me si considerava suo amico, ma non faceva parte del suo giro più stretto, è anche un piccolo rammarico.
Oggi Stefano avrebbe compiuto 67 anni. È passato tanto tempo, eppure certi tratti – la sua capacità di pensare largo, di costruire senza clamore, di tenere insieme le ragioni dell’economia con quelle dell’etica – restano nitidi. Non è un anniversario, né un omaggio formale. Solo un pensiero, semplice. Un ricordo. Un grazie, anche.