La “fame” che Atzeni condivideva con Brio ora è rimasta solo a lui: onore per il suo undicesimo Palio
Non è la prima volta che accostiamo Tittia al “non ce n’è per alcuno“. Difatti è così. Il fantino più vittorioso, è stato il più tecnico, il più coraggioso, il più famelico… Il più bravo. Se iniziamo a costruire una gerarchia di valutazioni da lui, quello che segue è molto molto più in basso.
E non conta che Diodoro si sia mostrato cavallo di una forza tale da far ritenere inutile e patetica l’esclusione di Anda e Bola. Se non avesse avuto in groppa Giovanni Atzeni, soprattutto a San Martino, che l’ha sorretto e incoraggiato nel correre su una superficie che sparisce alla vista, forse avrebbe finito anzitempo. Se non ci fosse stata la fame di Tittia, mettersi davanti alla Selva dopo la mossa sarebbe stato molto più arduo. Già, la fame, quella particolare che prova anche chi ha da mangiare e che talvolta non prova chi il mangiare non ce l’ha; se dobbiamo pensare ad altri che ce l’avevano questa fame il nostro pensiero si ferma a Brio. Che purtroppo non c’è più.
Gran Palio, perfetta simbiosi di tecnica e strategia unita alla verve della neo dirigenza ocaiola di capitan Cottini. Il voto che diamo a tutta la filiera è “mille milioni e forse più“. Si tratta dell’Infamona, non mettiamo altri complimenti, per loro, in Fontebranda, contano soprattutto quelli che si fanno da soli.

E poi in attesa di agosto tentiamo la lettura di retropensieri e di dietro le quinte: chi stava con che cosa, cosa faceva chi e con chi altri. C’era una tessitura in questo Palio, si sentiva, e probabilmente già legava, ancor prima dell’estrazione, la carriera di Provenzano a quella dell’Assunta. Domenica, dopodomani, alle 19:00, le cose si chiariranno ulteriormente: a Pantera, Tartuca, Drago, Bruco, Giraffa e Aquila si aggiungeranno quattro delle nove di agosto 2024; Torre già all’ultima trifora, Nicchio che gli va accanto se sorteggiato.
Ora che la prima delle due carriere è stata corsa, però, della tessitura non c’è più traccia. Anzi, oltre all’evidente reazione di chi a quella strategia non partecipava, ci sono quasi spunti di ridicolo verso chi si era mostrato padrone del vapore. E solo pochi tengono a mente che quando si segue una narrazione c’è una prima pagina e un’ultima pagina; e la verità non è scritta nelle pagine di mezzo.
Altri che correvano. Mettiamo però le mani avanti: la monovisione della tv paliesca ci fa perdere tanta documentazione, quindi le cose che diciamo sono… fino a controprova.
Partiamo dalla Selva, Virgola, pur se caduto al terzo San Martino, di nuovo sul podio al suo secondo Palio. Comprendiamo la soddisfazione di capitan Causarano che, come già detto, pensiamo teso a trovare eredi a Bastiano, Bonito e Sgaibarre. Andrea Sanna ha corso con gamba e cuore; sulla testa non ci pronunciamo. Se accettiamo quel che dice Causarano, sulla propensione in prova di Zenis a buttarsi in curva, si spiegano anche quei giri troppo larghi che ha fatto e che hanno reso vani i tentativi di rientrare in gioco di Bruco e Montone. Tuttavia… un Palio vittorioso viene deciso da episodi, e ce ne sono alcuni che non abbiamo compreso: 1.per quale motivo la Selva comincia verso la fine della mossa ad attriccarsi con la Lupa? 2.nell’approssimarsi al primo San Martino, quando di fatto cede la testa, Virgola spinge meno perché aveva paura di essere troppo basso con un cavallo “che si butta”? Il nostro voto alla prestazione è “Sette meno“, ma verrebbe di ricordarci un Palio apparentemente davvero molto uguale, nello svolgimento e conclusione: 16 agosto 1977, ma la percezione della contrada è del tutto opposta.

Considerando che per quarantacinque minuti l’allineamento è da record e che il Montone sceglie di entrare, quando Drago e Tartuca sono messe male e Lupa e Selva sono così così; considerando anche che il Bruco doveva aver reso manifesto di voler partire il prima possibile… Ecco, tutto ciò considerato, ci viene da pensare che né canapi né salve da alcuna di queste cinque contrade, fossero bene accetti a Gingillo e quindi al Montone. Considerando poi che due di queste cinque contrade erano messe davvero male all’abbassamento, verrebbe da pensare che la cosa potesse garbare a Gingillo. C’è un luglio intero perché le dirigenze chiariscano, ma checché dica capitan Maggi, non crediamo che la sua soddisfazione a vedere di rincorsa il Montone fosse solo perché non c’era Comancio a scalciare tra i canapi. Il nostro voto per Gingillo è “Sette e un po’ di più“, perché assolto il suo “job”, corre con coraggio e ostinazione, seguendo traiettorie che tutti non possono percorrere.
Diamo due voti insieme. Istrice e Pantera, entrambi “non giudicabili“. Partivano nei canapi medio alti; all’abbassamento le mani di Bellocchio ci sembrano impugnare troppo indietro le redini e nei fatti non riesce a far dare subito a Dorotea quel che la cavalla dà nel secondo giro; la Pantera non si crea alternative all’intruppamento e una volta in retrovia non crea varianti che facciano esultare Stalloreggi. Non è per sprezzo, ma a fronte dell’altrui grandezza stavolta non diamo voti alla mediocrità.
Diamo invece un “Rivedibile” a Michel “Spago” Putzu. Nel senso che in novanta secondi e quarantacinque minuti ha provato tutto quel che c’era da provare sul Palio. Non è una corsa normale. L’avrà digerita? Alla mossa – almeno a quello che si vede e riporta alla dirigenza – ne fa un fatto personale che la Tartuca lo rinserri; quando il Montone lo lascia fermo inizia una rimonta disperata con abbastanza successo. Al secondo San Martino non gli basta l’appoggio che manda in terra Brigante, e quindi cade/scende alla Cappella, poi il sodale Diosu, per par condicio disequilibra la Chiocciola al successivo Casato. Sarà un altro Spago alla prossima occasione che probabilmente già arriverà il 16 agosto?
Fa dello spirito amaro capitan Gotti al rifresco di Fontebranda. Parla dell’ebbrezza di aver avuto una nemica che per un’ora non ha dato tregua. Chiaro il riferimento alla Contrada della Tartuca; e anche qui le due dirigenze dovranno chiarirsi in campagna o in spiaggia perché comunque l’azione dell’una non ha giovato all’altra. Sorteggiati al nono posto, Brigante e Zio Frac rimangono a metà fra lo scetticismo di Gingillo e il menefreghismo delle altre. Tenendo la posizione, la Tartuca tenta di creare densità in basso. Si becca alla fine un avvertimento, ma poi il mossiere gioca con le parole nel senso che, dopo, avrebbe seguito, ma non c’è stato, il richiamo. La dirigenza di Castelvecchio sceglie giustificazioni zoologiche: il cavallo sente la necessità di esser rincalzato, cercava gli altri. A canape abbassato, la Tartuca è ottava senza aire, quindi nona; con una bella entrata a San Martino Brigante e Zio Frac si portano avanti all’avversaria con cui al primo Casato si scambiano probabilmente una nerbata. Il Palio l’hanno fatto, ma è “Sufficienza quasi mancata”.

Lupa di luglio, non ti conosco. Quanto saresti stata diversa con Velluto… Embeh, Shardana se non altro ha offerto la propria integrità fisica in lealtà a Vallerozzi e dovrà tenere fasciature rigide per un po’. Quando si mette in moto, Ares Elce mostra di esserci, ma Mula sente il bisogno di allontanarsi dagli steccati, e tanto basta al Montone per entrare nello spazio e complicargli le traiettorie. Palio finito in dieci secondi. Considerando che probabilmente non potrà “riparare” a agosto va decretata “la bocciatura“.
Darei alla Chiocciola lo stesso voto della Tartuca, il più che volevo aggiungere lo tolgo perché si è fatta sopravanzare. L’attenuante è che il cavallo non era proprio “tale e quale” a quello più volte scartato per manifesta superiorità. A canapi abbassati, ha meno spinta, ma Carburo vuole andare a cercarsi l’alto della curva di San Martino: non è scelta che gli porta vantaggi. Il resto è descritto fino all’abbattimento ad opera dello scosso Diosu: “Sufficienza quasi mancata“.
Se il percorso di Scompiglio con il Bruco – prima volta che ci montava – lo vogliamo raccontare come un avvio, il fatto di essere entrato nelle foto dell’arrivo non è poca cosa, soprattutto considerando che la forza effettiva dei cavalli ora è più conosciuta. Il meglio lo fa al primo San Martino, il rush per arrivare secondo non ci emoziona e quindi gli diamo il “Sei d’ufficio“.



Stesso voto – “Sei d’ufficio” – per il mossiere Bircolotti che continua a mostrare tendenze al dileggio e fare il piacione. Gli daremmo di più per esser stato prontissimo in occasione dell’abbassamento provocato dalla Selva, ma non ci vogliamo aggiungere a questo coro di plausi; per noi il 2022 è duro da scordare. E poi che discorsi sono, quando la rincorsa entra, se le cose non sono gravi, la do buona? Stavolta con l’ottica della Lupa la cosa era rimediabile, con l’ottica del Drago no.