Massimo Dattile, casentinese, classe 1972, sposato con due figli. Consulente gestionale e manageriale specializzato nella gestione di aziende in crisi, nei processi di risanamento (turnaround manager) e temporary management. Al lavoro giovanissimo, quadro a 27 anni, dirigente a 33, dal 2012 ha intrapreso a tempo pieno la libera professione in maniera diretta, specializzandosi nell’ambito della ”business crisis” ed esercitando la professione nei più diversi ambiti industriali e commerciali in tutta Italia.
Massimo, a Siena sei presente da anni in numerose aziende, ma la pubblicità maggiore l’hai avuta dal breve periodo come manager della crisi della Mens Sana Basket 1871, oggi in procedura fallimentare. E’ un’esperienza di cui salvi qualcosa?
“Si, in ogni operazione c’è sempre qualcosa da salvare. Nel caso specifico Mens Sana è stata un’operazione del tutto particolare, perché particolare era il tipo di società da trattare. Pur non avendo potuto attuare un piano di salvataggio – che comunque era stato elaborato – ritengo che l’accordo con la Polisportiva per la continuità del settore giovanile abbia permesso di lasciare accesa quella piccola luce che ancora oggi, anche se in un palcoscenico completamente diverso, luccica”.
Parliamo di cose serie giacché quando sei in grado di fare il tuo lavoro, centinaia di posti di lavoro sono tenuti in gioco dalle tue capacità. Sei a Radicondoli alla Boscaglia, ad Asciano alla Comea, a Rapolano al Travertino Toscano e alla Querciolaia Rinascente se ricordiamo bene. Più facile o più difficile ridimensionare e sviluppare un’azienda in clima di PNRR?
“Al momento sono presente in tutte queste realtà anche se Boscaglia, tra tutte, è già in una fase molto più avanzata del suo percorso di rinascita. Direi che ad oggi è proprio nel pieno di un vero piano di sviluppo che si è reso possibile per il buon esito del progetto di salvataggio avviato nell’estate del 2017. Nel contesto del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, sinceramente non ho trovato molte differenze. La gestione della crisi rimane difficile ed ogni situazione ha la sua genesi e richiede un “approccio” specifico. Non esiste un manuale che possa essere reso più attuabile da particolari momenti storici. Sicuramente in termini di ulteriore sviluppo, il Pnrr può dare un contributo positivo”.
Perché un’azienda va in crisi e perché ha bisogno di te per salvarla?
“Le genesi possono essere di varia natura. E’ in atto un cambiamento epocale e sicuramente ci sono settori ormai considerati in dismissione da tutti. Il vero grosso problema a mio avviso è la “forte resistenza” dell’imprenditore o del management – troppo spesso per interessi personali e non della collettività – che spesso e volentieri porta a non prendere atto che l’azienda ha bisogno di un cambio di passo. Credo che oggi si possono suddividere le aziende in due grosse categorie: quelle che riusciranno a cambiare e quelle che purtroppo scompariranno. Io, quando prendo in carico un’azienda, cerco di dare un segnale di discontinuità forte, cerco di dare nuovi stimoli laddove sembra tutto perduto. Solo così si può riuscire a capire se ci sono ancora delle cartucce da sparare”.
Come si legge il contenuto valoriale di un’azienda e quanto valore sei disposto a dare alle risorse umane?
“Sicuramente il valore del prodotto è molto importante. Quando un’azienda si inabissa, pare che tutto sia perduto e anche quello che fino al giorno prima sembrava oro è difficile che si veda brillare. Ecco perché è così importante far “leggere il libro” a chi in quel momento è sicuramente molto più lucido ed obbiettivo. Le risorse umane sono l’Azienda. Io cerco sempre di valorizzarle e di tirare fuori il meglio di sé ad ognuno. Spesso quello che pare una missione impossibile diventa realizzabile per la spinta che viene fuori dal basso. Sono determinanti”.
Come si struttura il lavoro del “crisis manager” e quanto tempo progetti di rimanere nell’azienda?
“C’è una prima fase di analisi preliminare dove si cerca di conoscere l’azienda, la sua organizzazione e le criticità che hanno generato la situazione di dissesto. Dopo di ché, una volta individuato il piano di intervento, inizia la vera e propria gestione straordinaria. Opero sempre con deleghe piene, assumendomi la totale responsabilità gestionale, altrimenti è impossibile riuscire ad attuare il piano di salvataggio. In questi ultimi anni è cambiato molto il contesto di riferimento e il ricorso alle procedure concorsuali è diventato purtroppo impraticabile laddove c’è spazio per la continuità d’impresa. Mi auguro che il “nuovo codice della crisi d’impresa” sia uno stimolo per tutti gli imprenditori ad anticipare i problemi ovvero a creare un modello organizzativo che possa fare una buona e seria prevenzione. E’ determinante”.
Spesso si arriva da te quando tutto è altrimenti perso, eppure quando chiedi le chiavi dell’azienda per lavorare in autonomia, ti trovi spesso davanti a resistenze e rendite di posizione. Non è tutto tempo perso?
“Si, capita molto spesso e ormai ci sono abituato. Purtroppo su questo non scendo a compromessi. Se decido di guidare la nave nella tempesta lo faccio come dico io. Il tempo della “resistenza” è però molto prezioso perché in quella fase si acquisiscono elementi interessanti per la gestione”.
Faresti un altro lavoro?
“Questo lavoro è duro e impegnativo. Ti assorbe tutto ed è difficile coniugare la professione con la vita di tutti i giorni. In particolari situazioni è impossibile staccare la spina e riprendere il giorno dopo. Comunque no, non farei un altro lavoro”.