Intervista a Piero Spinelli sul progetto che vuole cambiare il volto di Ampugnano
Piero Spinelli è stato Direttore Generale della Banca Cras, Credito Cooperativo Sovicille, per oltre trent’anni, dal 1976 al 2007. Sotto la sua guida, la banca ha acquisito un ruolo centrale nel panorama economico e sociale del territorio, promuovendo una forte crescita e favorendo l’integrazione tra l’ambito finanziario e la comunità locale. Il suo impegno per la valorizzazione del territorio senese e la sua visione lungimirante lo hanno portato a concepire numerosi progetti a favore della crescita sostenibile e della coesione sociale.
Oggi, Piero Spinelli è impegnato in un’idea che mira a trasformare l’Aeroporto di Ampugnano in un centro sportivo internazionale, ecosostenibile, che possa fare della Val di Merse un polo di eccellenza sportiva, turistica e culturale.
Piero, partiamo da una domanda semplice. Da dove nasce quest’ idea?
“Nasce da un sentimento profondo verso questa terra. Ho diretto la Banca Cras dal 1976 al 2007, e in quegli anni ho imparato quanto il valore di una comunità sia legato alla sua capacità di mettersi in gioco. L’aeroporto di Ampugnano è stato per anni una risorsa incompiuta. Ho sempre pensato che quel luogo potesse diventare qualcosa di diverso, di utile, di vivo. Quando ho conosciuto meglio l’esperienza del Tuscany Camp e ho visto cosa sono riusciti a costruire con Giuseppe Giambrone, ho capito che i tempi erano maturi per proporre un’alternativa reale”.
Un centro sportivo internazionale: può sembrare un salto nel vuoto per un’area come quella di Sovicille. Che visione c’è dietro?
“È un salto calcolato, direi. Ampugnano non ha mai funzionato davvero come aeroporto commerciale: troppo piccolo il bacino, troppo vicino a Pisa, Firenze e Grosseto. In compenso, il territorio ha un’identità fortissima, bellezza naturale e una vocazione sportiva già avviata. L’Eroica, la Strade Bianche, la maratona olimpica del Tuscany Camp: sono tutte realtà che ci dicono che il potenziale c’è. Serve solo una struttura che lo organizzi, che lo trasformi in qualcosa di duraturo”.
Il progetto è dettagliato e ambizioso: piste, palestre, piscina olimpica, spazi per la comunità. Quanto conta l’aspetto sociale in questa trasformazione?
“Conta tantissimo. Per me lo sport è solo il punto di partenza. Penso a uno spazio dove le famiglie possano passare il tempo insieme, dove i bambini giochino, gli anziani camminino, i giovani si incontrino senza dover scappare altrove. La bellezza del progetto sta proprio nella sua apertura: è per i campioni, ma anche per chi vuole solo respirare aria buona, fare movimento o prendere un caffè. Uno spazio pubblico, insomma, che restituisce qualcosa a tutti”.
Un altro tema forte è la sostenibilità ambientale.
“Sì, e non è un’aggiunta di facciata. Il centro sarà alimentato da pannelli fotovoltaici, puntiamo all’autosufficienza energetica. Riduciamo l’impatto dell’infrastruttura, valorizziamo gli immobili rurali abbandonati come opportunità di accoglienza e turismo. Invece che un aeroporto che inquina e non serve, proponiamo un modello che genera benessere e protegge il paesaggio”.
Tuscany Camp, Giuseppe Giambrone, atleti da tutto il mondo: come si incastrano in questo quadro?
“Perfettamente. Tuscany Camp è una realtà d’eccellenza: ha portato atleti alle Olimpiadi, ha vinto medaglie mondiali. Giambrone ha subito colto la forza del progetto e si è detto disponibile a usarne l’immagine e la rete internazionale per promuoverlo. Il coinvolgimento di federazioni e enti sportivi esteri non è un’ipotesi, è un obiettivo concreto”.
Un sogno, ma anche un piano preciso. Cosa serve ora per farlo diventare realtà?
“Serve visione politica, innanzitutto. Gli enti locali e la Regione Toscana devono cogliere quest’occasione. Il demanio dovrebbe cedere l’area, e la Regione potrebbe farsene carico per destinarla a questo uso. Poi serve competenza nella gestione, persone che credano nel territorio e vogliano investire in modo sostenibile. Ma io sono fiducioso. Questo progetto non chiede di costruire da zero: chiede solo di ripensare meglio quello che già c’è”.
Piero, hai delineato una visione molto chiara e ambiziosa per il futuro di Ampugnano. Quali sono, a tuo avviso, i passaggi fondamentali dal punto di vista amministrativo e burocratico?
“Il percorso è chiaro: il demanio aeroportuale va trasformato in demanio civile, consentendo così alla Regione Toscana di acquisire l’area e affidarne la gestione, magari attraverso una società mista pubblico-privata. Il primo passo cruciale dunque è ottenere il benestare dell’ENAC. Senza la loro valutazione positiva e l’autorizzazione al cambio d’uso, qualsiasi altro tentativo sarebbe prematuro. Parallelamente, o subito dopo, credo sia fondamentale un dialogo costruttivo e un accordo solido con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Dobbiamo dimostrare che questa trasformazione non solo è sostenibile per il territorio, ma anche compatibile con la pianificazione infrastrutturale nazionale”.
“Un altro aspetto imprescindibile – continua Spinelli – è la presentazione di un piano di sviluppo e gestione dettagliato e convincente. Questo piano dovrà illustrare non solo gli investimenti necessari per realizzare il centro sportivo, ma anche un modello di gestione efficiente e sostenibile dal punto di vista economico. In questo contesto, l’ipotesi di una società mista, con la partecipazione sia di capitali pubblici che privati, potrebbe rappresentare una soluzione ottimale per garantire sia la trasparenza che la competenza gestionale. Naturalmente, il coinvolgimento attivo della Regione Toscana e del Comune di Sovicille è essenziale fin dalle prime fasi. Il loro sostegno politico e amministrativo sarà determinante per superare gli ostacoli burocratici e per dare concretezza al progetto.
Inoltre non dobbiamo dimenticare l’importanza di una consultazione aperta e trasparente con le imprese locali e con la comunità. Ascoltare le loro esigenze e preoccupazioni ci permetterà di costruire un progetto che sia realmente condiviso e che porti benefici concreti a tutto il territorio”.
Cosa rappresenta, per te, questo progetto?
“Rappresenta un modo per restituire. Dopo una vita nella finanza cooperativa, sento che posso ancora dare qualcosa a questa terra. E magari ispirare altri a fare lo stesso. Perché lo sviluppo, quello vero, non viene dall’alto. Nasce nei luoghi, nelle idee che ci teniamo dentro per anni. E poi, se siamo fortunati, trova il modo giusto per venire alla luce”.
Un’ultima domanda, se vuoi rispondere, quella che non ti ho fatto…
“Vorrei mandare un messaggio è chiaro: la politica locale, e in generale chi ha ruoli di responsabilità, metta da parte le divisioni ideologiche e partitiche quando si tratta di progetti di grande respiro per il bene comune. Il nostro territorio ha bisogno di un approccio unitario e collaborativo. Non possiamo permetterci di ostacolarci per motivi di schieramento, soprattutto quando si tratta di un progetto che riguarda la crescita, la creazione di opportunità e la sostenibilità economica della nostra comunità. Ci sono momenti in cui le differenze politiche devono cedere il passo a un progetto comune per Siena. Solo così possiamo davvero dare il meglio di noi, mettendo al centro le necessità e il futuro del nostro territorio. Questo non è il momento per divisioni, ma per unire le forze a beneficio della collettività”.