Radiografia di un fenomeno che parla di dipendenze e patologie. I dati in Toscana
La Toscana, terra di arte, storia e paesaggi mozzafiato, si trova a fare i conti con un fenomeno sommerso ma dalle cifre impressionanti: la passione, spesso incontrollata, per il gioco d’azzardo.
Le indagini epidemiologiche sul gioco d’azzardo affidate dalla Regione Toscana all’IFC-CNR (Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche), forniscono dati che parlano di dipendenze e patologie. Nel 2023, la mano dei toscani ha immesso nel circuito dell’azzardo una cifra che fa riflettere: ben 8,1 miliardi di euro. Tradotto in termini pro capite, significa che ogni residente, neonati inclusi, ha “speso” virtualmente 2.214,14 € in giochi.
Un dato che stride con l’immagine di una regione dedita alla cultura e al buon vivere. A fare la parte del leone sono sia il gioco fisico (4,1 miliardi di euro) che quello online (4 miliardi), a testimonianza di una diffusione capillare del fenomeno, accessibile con un click o dietro l’angolo.
Questi dati non sono semplici numeri, ma la spia di un problema con gravi ripercussioni sulla salute mentale e sul benessere economico e sociale. Dietro si celano storie di fragilità e dipendenza.
Nel 2024, 1.302 persone si sono rivolte ai Servizi per le dipendenze regionali (SerD) a causa di disturbi legati al gioco d’azzardo. Un dato che rappresenta solo la punta dell’iceberg, considerando che molti non cercano aiuto o non sono consapevoli del proprio problema.
Preoccupa il fatto che il 28% di questi nuovi accessi sia costituito da persone che si sono rivolte ai servizi per la prima volta, segno che il fenomeno continua a colpire nuove fasce di popolazione.
L’età media di chi si rivolge ai SerD (circa 49 anni) evidenzia come il problema tocchi principalmente adulti e persone mature, con ripercussioni spesso devastanti sulle loro vite familiari e lavorative.
La Regione Toscana già nel 2018 ha messo in campo un piano con un finanziamento di oltre 3 milioni di euro, consapevole della necessità di agire sulle radici sociali e culturali del problema.
La campagna “Quando la vita è un gioco è in gioco la vita” e il marchio “No Slot” sono tentativi concreti di sensibilizzare l’opinione pubblica e di incentivare esercizi commerciali “virtuosi”.
Il recente progetto avviato nel 2025 dalla Società della Salute, con interventi nelle scuole, nelle imprese e sul territorio, dimostra una volontà di prevenzione a 360 gradi.
Contrastare il gioco d’azzardo patologico non è solo una questione di numeri e leggi (come la regionale n. 4/2018, che inasprisce le regole e prevede incentivi). È una sfida che coinvolge l’intera comunità. Il lavoro prezioso dei SerD, spesso in collaborazione con i Gruppi di Auto-Aiuto come Giocatori Anonimi, offre percorsi di cura e riabilitazione fondamentali. Ma è necessario un cambiamento culturale più ampio, che promuova consapevolezza sui rischi e offra alternative sane e coinvolgenti.
Dietro ogni euro giocato, ci sono spesso storie di sofferenza e la necessità di un sostegno concreto e umano.