Mantenere la memoria anche quando è dolore

Chianciano Terme, centro storico – o paese vecchio che dir si voglia – domenica pomeriggio – piazzolina dei soldati, siamo ad un appuntamento promosso e organizzato dal Comune con l’adesione e la collaborazione della locale sezione Anpi, da Legambiente e Primapagina.

Un’iniziativa che segue e si inserisce nel quadro delle celebrazioni dell’80° anniversario della Liberazione della città e del territorio dal nazifascismo, avvenuta nel giugno del 1944. Si tratta di una “ballata per voce narrante e chitarra” con Alessandro Lanzani (voce narrante; Dario Perini alla chitarra.

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Marco Lorenzoni

Il testo è di un amico e “compagno in gioventù” Marco Lorenzoni ed è tratto dal libro “Voce del verbo tradire” (ed. primapagina, 2021). In pratica molte delle componenti che hanno messo in scena “Tradire” sulla battaglia di Chiusi.

La storia che si racconta non è proprio “classica”. Lo stesso Lorenzoni mi ha avvertito (anche se uno sguardo al libro lo avevo pur gettato…) dicendomi: “facile raccontare di partigiani torturati, deportati, impiccati ai lampioni, fucilati dai nazisti o dai repubblichini. Le parole vengono da sole”.

Più difficile invece è raccontare di partigiani fucilati da altri partigiani. Una di queste storie, la storia di Joseph Klucine, soldato della Wermacht, poi disertore e partigiano finito sotto il piombo dei suoi stessi compagni di guerriglia. Una storia accaduta proprio nel territorio tra Chianciano, Chiusi, Sarteano, il Monte Cetona. Una vicenda che vide protagonisti partigiani chiancianesi, chiusini, sarteanesi: ragazzi di allora, che a vent’anni scelsero di andare in montagna, armi in pugno, per cacciare i nazisti e i fascisti e furono costretti dalla guerra e dalle circostanze a spararsi tra di loro.

Come non condividere l’impegno di Lorenzoni a raccontarle tutte le storie, anche quelle scomode.  Non è la prima dello spettacolo. E’ già andato in scena, “Lo straniero. Il polacco deve morire” a Villastrada e a Chiusi e ha raccolto apprezzamenti e pubblico. Ma raccontarla proprio lì, nel cuore del centro storico di Chianciano, è qualcosa di più. La vicenda che si racconta è controversa. Una “storiaccia”, di quelle che lasciano ferite e macchie indelebili, una storia non edificante, dentro la bella storia della Resistenza. La vicenda di Joseph Klucine, detto Il Polacco (perché era polacco), disertore della Wermacht poi partigiano sul Monte Cetona, fucilato dai partigiani, suoi compagni di guerriglia, il 6 giugno del ’44 nei pressi della cartiera di Sarteano, per dissapori con il comandante della Brigata, colonnello Silvio Marenco.

Che dire, la prova è stata superata anche a Chianciano. Applausi, commozione tanta, abbracci, inviti a continuare.

il dibattito che ne è seguito, appassionato e a tratti commovente è la dimostrazione dell’attualità del tema e del lavoro che gli storici, a mezzo secolo di distanza possono e devono ancora compiere.

Le storie vanno raccontate tutte, anche quelle brutte, scomode, urticanti: La memoria non è solo rose e fiori e cose belle. La memoria è anche dolore.

La vicenda del Polacco, ragazzone venuto a morire in questa terra a 27 anni, andava e va raccontata, come un giusto risarcimento alla sua memoria, ma anche per comprendere come la storia sia controversa  e proponga spesso ai protagonisti scelte drammatiche. Comprenderlo in una fase storica, come quella attuale, dove la guerra è tornata prepotentemente alla ribalta ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e in diverse parti del mondo, potrebbe essere anche un monito per il futuro.

Ivano Zeppi

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