Medioetruria, la stazione che (forse) non ci sarà mai

Tra campanilismi, equilibrismi e sbagli, il progetto dello scalo toscoumbro rischia di restare un’illusione

C’è qualcosa di paradossale nel modo in cui l’Italia immagina le grandi opere. Anni di studi, tavoli tecnici, sopralluoghi, incontri tra regioni e ministeri, milioni stanziati, nomi altisonanti come “Medioetruria”, promesse di collegamenti veloci tra due regioni centrali, e poi alla fine tutto sembra ridursi a una scelta senza slancio, a un compromesso che scontenta quasi tutti e soddisfa davvero pochi.

La stazione dell’Alta Velocità da realizzare tra Toscana e Umbria, per anni ipotizzata come un volano di sviluppo e coesione territoriale, rischia ora di diventare l’ennesima chimera infrastrutturale: se ne parla tanto, se ne scrive, si annunciano fondi e progetti, ma sempre più voci si domandano se vedrà mai davvero la luce.

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La localizzazione scelta, Creti nel comune di Cortona, ha provocato un coro di perplessità. Non tanto perché si tratti di un’area svantaggiata, quanto piuttosto per la sua difficoltà di accesso, l’assenza di una rete ferroviaria secondaria efficiente, e un contesto viario che costringerà chiunque a raggiungere la stazione in automobile, smentendo ogni principio di intermodalità e sostenibilità.

Il progetto sembra cucito più per garantire una pace politica fra Umbria e Toscana che per rispondere a criteri oggettivi di efficienza e utilità pubblica. Arezzo, che aveva indicato Rigutino come sede più logica e funzionale, si è vista scavalcare.

La Valdichiana senese, con Chiusi in prima linea, si interroga su un’occasione persa: lì c’è già una stazione ben collegata, con infrastrutture consolidate e una cultura ferroviaria di lunga data.

Ma è l’Umbria, di fatto, la vera vincitrice di questa trattativa sotterranea. Senza un collegamento AV diretto, da anni esclusa dai flussi principali della mobilità veloce, ha saputo muoversi con astuzia e coerenza, facendo valere le proprie ragioni e il proprio bacino d’utenza. Lì ci sono i numeri per sostenere l’investimento, lì c’è fame di collegamenti e una volontà politica trasversale che ha fatto la differenza.

Il rischio è che la stazione di Creti, anche qualora venisse progettata nei dettagli e finanziata, finisca nel lungo elenco delle infrastrutture solo immaginate, dei progetti messi in vetrina e poi dimenticati in qualche cassetto ministeriale.

Perché un’opera del genere non si realizza solo con i fondi e i rendering: serve consenso reale, visione strategica, partecipazione delle comunità locali, capacità di tenere insieme la geografia e la logica. E oggi tutto questo sembra mancare.

Così Medioetruria potrebbe restare una grande promessa mai mantenuta, una stazione nel nulla pensata per nessuno, costruita – forse – per non scontentare troppo qualcuno. Un’occasione mancata, più che un treno da prendere al volo.

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