L’attacco del 25 gennaio 1313 ci insegna ancora molto su potere, divisioni e resistenza
Domani, ma 712 anni fa, Siena visse un giorno di guerra. Una schiera di seicento uomini arrivò alla Porta di Camollia cercando di penetrarla. Tuttavia il Governo dei Nove “sonaro la campana ad allarme, il popolo di Siena fu ad arme”.
Ci furono più scaramucce e scontri disorganizzati, di certo morti e feriti, le mura tennero e i soldati aggressori fecero danni importanti fino a Monastero e Costalpino da dove tornarono indietro.
Non erano banditi, né soldati di ventura. Erano ben equipaggiati uomini dell’Imperatore Arrigo VII. Arrivavano dalla Valdelsa, un paio di settimane prima si erano acquartierati a Poggibonsi dove, a Poggio Bonizio, l’Imperatore programmò la costruzione di Monte Imperiale, città nella città.
Quindi il 25 gennaio 1313, non fu tanto un assedio quanto una battaglia con le schiere dell’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo giunto nel cuore di un’Italia dilaniata dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini. Questo evento, apparentemente lontano nel tempo, racchiude però insegnamenti che restano attuali, offrendo spunti di riflessione su potere, unità e autonomia.
Dopo essere stato incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero nel 1312, Enrico VII cercava di riaffermare l’autorità imperiale sull’Italia, frammentata e ribelle. Siena, città in quei tempi a prevalenza guelfa, si oppose con forza al suo progetto, diventando uno degli obiettivi della sua campagna di pacificazione. Tuttavia, nonostante la determinazione dell’Imperatore, la resistenza della città e le divisioni interne all’Italia resero i suoi sforzi vani.
La sua morte improvvisa, avvenuta pochi mesi dopo, a Ponte d’Arbia, segnò il fallimento del suo ambizioso piano di conquista e venne definitivamente abortito il nuovo tentativo di assedio di Siena. E’ una morte che resterà avvolta da mistero sulla quale non è chiaro il ruolo di frate Bernardino di Montepulciano. Arrigo VII fu vittima della malaria? O piuttosto dell’antrace che a quei tempi si curava con l’arsenico e le cui ossa, conservate in Cattedrale a Pisa, ne rivelano ancora tracce? Solo quelle rimasero perché – parimente al suo predecessore Federico Barbarossa – alla sua morte con l’ebollizione le sue ossa vennero staccate dagli altri resti cui vene data sepoltura a Buonconvento.
Nonostante la distanza storica, quest’episodio bellico senese non è solo un episodio di cronaca medievale: la sua analisi offre spunti utili per comprendere dinamiche universali che si ripetono nel tempo. Primo fra tutti, il limite del potere imposto dall’alto. Nonostante il suo titolo e le sue ambizioni, Enrico VII non riuscì a piegare la resistenza locale. Questo dimostra che il potere autoritario, quando non tiene conto delle realtà del territorio, spesso fallisce. È una lezione che evidenzia l’importanza del dialogo e della comprensione reciproca.
Un altro aspetto fondamentale è il costo delle divisioni interne. Le rivalità tra Guelfi e Ghibellini non solo frammentavano l’Italia, ma la rendevano vulnerabile a interventi esterni. I conflitti interni indeboliscono, mentre l’unità rafforza: un insegnamento valido in ogni epoca.
La vicenda di Enrico VII richiama poi l’illusione della conquista duratura. La sua morte prematura evidenziò come anche i progetti più ambiziosi possano essere interrotti da eventi imprevedibili. È un invito all’umiltà e alla consapevolezza dei limiti delle proprie ambizioni.
Allo stesso tempo, la storia di Siena ricorda la forza della resistenza comunitaria. Pur sotto assedio, la città difese con tenacia la propria autonomia. È un esempio di quanto le comunità siano disposte a lottare per proteggere la propria identità e libertà, anche di fronte a nemici potenti.
Infine, questa guerra senese mette in luce il pericolo delle fazioni ideologiche. L’Italia medievale fu dilaniata dalle divisioni politiche, impedendo il progresso e lasciando spazio a conflitti distruttivi. Superare le divisioni per il bene comune è una lezione che rimane cruciale per costruire società forti e coese.
Il tentato assedio di Siena ci riporta a un passato fatto di lotte per il potere e resistenze eroiche, ma ci insegna anche quanto il dialogo, l’unità e la consapevolezza dei propri limiti siano fondamentali, oggi come allora, per evitare conflitti e costruire società migliori.