Un racconto di Meri Lolini tratto da sguardo e ricordi arricchiti dalle emozioni negli anni
Questo è un mio racconto che vorrei proporre all’attenzione dei lettori e delle lettrici e ha come tema la storia ed i luoghi della Maremma dove sono nata e cresciuta (Meri).
Benvenuti in Maremma
Ero seduta sulla spiaggia ed il mare mi faceva compagnia. Si avvicinò a me una signora ben vestita ed suoi occhi azzurri erano truccati con un ombretto sfumato di grigio.
Mentre mi guardava mi salutò con un sorriso e disse che era la prima volta che veniva in Maremma. Mi chiese se fossi del posto.
Mi alzai e risposi, che ero nata e vissuta sempre in Maremma e così lei si presentò pronunciando il suo nome: ”Mi chiamo Elisa e sono venuta qui per scrivere un articolo su questo territorio, se potesse raccontarmi qualcosa per poter entrare nelle tradizioni e nelle usanze della zona, mi farebbe piacere”. Le risposi che non sapevo come aiutarla e mi presentai dicendo: ”Mi chiamo Sara. Per evitare di parlare di cose che non le interessano, mi faccia lei le domande, oppure mi dica quali sono gli argomenti, che vuole affrontare”.
Elisa mi guardò e propose di iniziare a darsi del “tu”; io annuii. Mi propose di raccontarle i particolari di quel paesaggio marino e precisò, che il mio era uno sguardo arricchito dall’esperienza di vita in questo luogo. Nessuno che arriva in un nuovo luogo ha la possibilità di avere questa capacità visiva, perché è spesso distratto dalle varie bellezze più apparenti e dagli odori che si sprigionano.
Chi ha vissuto nel luogo ha un immagine più completa, perché l’arricchisce ogni giorno con le proprie emozioni e con i propri ricordi. Compresi, che questo era vero e che per me la vista di quello scorcio di mare con la vista dell’Isola d’Elba rappresentava anche la vita dei pescatori, che con le loro barche ogni mattina rientravano con le reti più o meno cariche di vari pesci, che vendevano lì sull’arenile e dopo le rimettevano accuratamente piegate e sistemate nel fondo del peschereccio.
L’odore del pescato si diffondeva tutto intorno, arricchito dal profumo della salsedine. Il mare era da sempre il loro inseparabile compagno di vita, che se calmo li faceva faticare meno, ma bastava che si alzasse un vento di libeccio e subito l’onda si faceva più alta e più repentina e sul barcone la vita diventava più complicata, sia per navigare che per ormeggiare.
Sulla costa si alternano porti, arenili e qualche caletta sia con piccole spiagge o con qualche scoglio dove è possibile vedere il fondale, animato dai tanti pesci. Tra Follonica e Piombino c’è Torre Mozza, che è una torre difensiva.
Questa fu fatta costruire dalla famiglia Appiani nel XV secolo per sorvegliare l’arrivo dei minerali dall’Isola d’Elba e, a dieci metri dalla battigia, c’è una strada romana che con la sua presenza crea due zone d’acqua come una piscina naturale e qui ci sono molte varietà di pesci come le occhiate, i saraghi e le triglie.
Elisa prendeva appunti di quanto le stavo raccontando e mi domandò quali erano i minerali che venivano dall’Isola d’Elba. Precisai, che la Maremma è una zona mineraria e lì venivano estratte la pirite, la quarzite e la magnetite. Pensai, che per farle comprendere la vita dei maremmani, era doveroso raccontarle delle miniere delle Colline Metallifere, dove hanno lavorato i miei nonni, i miei zii, mio padre e tanti uomini delle famiglie di questo territorio.
In questa zona erano attive molte miniere dalle quali si estraeva la pirite, che è un minerale a base di solfuro di ferro e i minatori e le loro famiglie vivevano nei villaggi minerari, nelle case costruite intorno all’ingresso della miniera. C’erano gli ascensori per far entrare gli uomini nelle profondità del giacimento costituito da vari anfratti e cunicoli.
Qui loro scavavano e caricavano il minerale su dei carri per portarlo in superficie. Era un’attività molto faticosa e pericolosa e spesso succedevano degli incidenti dovuti alle frane durante le escavazioni. Le sirene scandivano gli orari dei turni del lavoro dei minatori e se suonavano oltre queste ore, significava che era successo qualche incidente.
Tutte le donne correvano per sapere che cosa fosse accaduto. Elisa ascoltava e incuriosita, mi chiese se potevo raccontarle qualcosa su quei disastri, che erano accaduti.
Qui nella mia Maremma abbiamo il mare, abbiamo dei borghi medioevali veramente deliziosi ed il lavoro faticoso dei pescatori, dei contadini e la storia dei tanti minatori e delle loro famiglie, che ogni giorno si sono confrontati con la paura che capitasse qualche incidente ai loro cari negli anfratti della miniera.
La invitai a prendere un gelato e così ci sedemmo sulla terrazza del bar e la vista del mare al tramonto era uno spettacolo, con il sole che si spostava sull’orizzonte e la luce rossastra creava delle zone con dei riflessi più chiari e più scuri e le onde quasi si infrangevano in specchi di luce.
Elisa mi chiese, che cosa significasse per me vivere in Maremma e quali sensazioni provavo, quando pensavo alla miniera e quali ricordi avessi della mia infanzia e della mia adolescenza. Nascere e crescere in questa terra mi ha regalato una vita all’aria aperta in compagnia del mare, delle colline come Massa Marittima con la sua piazza dove la Cattedrale confronta la sua magnificenza con quella del palazzo comunale e le sue campagne dove si alternano i campi di pomodori a quelli di girasole e le tante mucche maremmane.
Qui la gente ha sempre lavorato sodo sia nelle miniere che nelle campagne, senza dimenticare il mare. Elisa mi fece notare, che le trasmettevo le mie sensazioni e mi trovava molto concreta, mentre narravo queste storie. Così precisai, che queste tradizioni povere rendono le persone molto realiste, che spesso devono confrontarsi con lavori duri e rischiosi.
Mi ricordai che una sera, ero già andata a letto quando la sirena della miniera iniziò a suonare e subito qualcuno bussò alla porta e mia madre chiese che fosse successo ad un uomo. Lui era un impiegato degli uffici, che veniva ad avvisare le famiglie che c’era stata una frana ed i soccorsi stavano scendendo nella galleria per creare delle vie di uscita ai minatori imprigionati. Mia madre piangeva e subito uscì, per andare davanti al pozzo della miniera, sperando di rivedere uscire mio padre. Io con lei e con le altre donne aspettavamo. Qualcuno piangeva, qualcuno pregava e lo sgomento era tanto.
Poi l’ascensore si iniziò a muovere e alcuni medici si avvicinarono all’uscita. E quando si aprì il cancello, si videro alcuni minatori pieni di polvere e scuri in faccia e qualcuno era zoppicante e con qualche ferita che sanguinava. Mia madre urlò il mio nome e mi disse che aveva visto anche il babbo. Però mancavano due minatori.
Trascorsero alcune ore, poi la direzione della miniera comunicò, che purtroppo erano sepolti sotto la frana. Ecco erano i padri di due mie compagne di scuola. Elisa mi interruppe, dicendomi che aveva compreso, che cosa volesse dire essere nata e cresciuta in questa dura realtà.
Dopo aver dato un colpo di tosse, come per chiudere una scena ed aprirne una nuova, mi chiese: ”Carissima Sara ho ascoltato attentamente la storia della tua vita ed ho compreso, che qui in Maremma la vita della gente è stata molto dura, ma allo stesso tempo molto schietta. Se ti chiedo come ci si può innamorare di questa terra, tu cosa mi rispondi?”
La mia mente guidata dal mio cuore iniziò cercare le cose più suggestive, che potevano rispondere in maniera esaustiva a questa richiesta. Ero sicura, che la risposta sarebbe stata la chiusura per quell’articolo e quindi doveva incuriosire i lettori per farli arrivare a visitare questi luoghi, che per me sono eccezionali. Poi pensai ai sapori ed agli odori che avrebbero trovato e quindi era necessario spostare l’attenzione sulle tradizioni della cucina.
Mi rivolsi ad Elisa chiedendole, se aveva mangiato un piatto di maccheroni al sugo di cinghiale oppure frittura di totani. Lei mi chiese cosa fossero i maccheroni ed io le risposi, che erano quelli che chiamano tutti tagliatelle. Raccontai che qui sin da piccole stiamo nelle cucine con le mamme e le nonne e la tradizione della pasta sfoglia così si tramanda e si impasta questa pasta e poi si tira e si allunga con il “maccheronaio“ che in italiano è chiamato mattarello e quindi è chiaro che quella pasta allungata con il “maccheronaio” si chiama “maccheroni”.
Poi continuai parlando della pappa al pomodoro profumata con foglie di basilico e della zuppa con le verdure fatta con il pane raffermo. I dolci di questa zona sono le pesche, fatte con mezze sfere di pasta frolla unite con il cioccolato ed inzuppate nell’alchermes e tante torte con la frutta.
Terminai parlando del vino, che è il Monteregio di Massa Marittima. Questo vino ha come vitigni il sangiovese, trebbiano toscano e il vermentino. Mi rivolsi ad Elisa precisando, che ci possiamo innamorare della Maremma sia per i panorami, che per i borghi medievali, che per le cose da mangiare, che per gli odori delle sue campagne e delle sue spiagge.
Lei continuò sorridendo :”Se vogliamo bere? Versiamoci un buon bicchiere di Monteregio. Dei maremmani che cosa mi racconti?” La gente che è abituata a vivere una realtà cruda e spesso molto rischiosa, può sembrare molto diretta e poco incline al complimento e questi atteggiamenti possono essere interpretati come poco socievoli e poco empatici. La gente che vive in modo essenziale in ogni cosa che fa, è sempre molto attenta a sé ed agli altri nelle cose quotidiane ed ha un atteggiamento molto concreto e proprio per questo sono convinta della sincerità e della schiettezza, che contraddistingue i maremmani. Qui se c’è un dolore è condiviso da tutti, così come se c’è una gioia.
Mi misi seduta sulla sabbia ed ammirai il sole che si tuffava all’orizzonte nel mare, che spettacolo è ogni volta. Ripensai all’incontro di quella giornata e lo considerai un cammino in mondi diversi, che aveva prodotto un attimo di conoscenza per i lettori, che forse incuriosendosi, arriveranno ad ammirare questo fantastico territorio toscano. Ero soddisfatta di quanto avevo raccontato ad Elisa e mi sentivo orgogliosa della nostra storia e della nostra umanità semplice e concreta, che contraddistingue questa gente.