Dottoressa Claudia Fiaschi, grazie per la disponibilità. Lei è toscana, portavoce del Forum Terzo Settore dal 2017, anno in cui lo Stato ha riconosciuto la maggior rappresentatività della sua organizzazione (92 associazioni nazionali, presente con propri organi in 40 province, 158 mila – non c’è errore – sedi territoriali), è una donna della cooperazione e tiene il “Buongoverno” di Ambrogio Lorenzetti dietro la sua scrivania. Se non vuol dirci il perché, ci dica quanto è importante dialogare con un buon governo per il suo incarico?
“Il dialogo con le istituzioni è molto importante: consente di costruire le regole del gioco per cui ognuno degli attori della comunità, inclusi quelli del Terzo settore, possa fare al meglio la propria parte per costruire prospettive di benessere e di prosperità economica e sociale che riguardino tutti. Il ruolo delle istituzioni è centrale: e il dialogo con istituzioni che sappiano riconoscere il ruolo dei diversi attori è fondamentale”.
Nella vostra azione di supporto, indirizzo e coordinamento, pur con molte consulte e tavoli tematici, deve essere difficile dare unità a una platea così vasta di operatori, per lo più formata da volontari quindi difficilmente inquadrabili e precettabili. Quali sono i successi che le sono più cari nel quinquennio nel quale è stata portavoce del Forum?
“Forse il risultato più bello di questi cinque anni di portavoce è stato riuscire a fare sempre sintesi tra punti di vista, mission e identità diverse, riuscendo a trovare ogni volta una composizione, un quadro unitario di rappresentanza, che ha rafforzato senz’altro la percezione del Terzo settore all’interno delle nostre comunità e soprattutto all’interno delle nostre istituzioni. Sono davvero numerose e molto diverse le forme di partecipazione organizzata che i cittadini hanno nel tempo costruito all’interno delle comunità: il volontariato, il mondo della promozione sociale, il mondo dell’impresa sociale, le fondazioni, le società di mutuo soccorso. Tutte queste forme rappresentano un valore”.
Si va sentendo in tempi di Covid, proposte di riduzione dell’azione sociale o sanitaria nei confronti di minoranze; per esempio i no-vax. E’ un ritornello che sentiamo da anni, man mano che la spesa sociale incide sul bilancio statale. Pensa che questo fenomeno sia transitorio o dovrà esser combattuto da persone come lei negli anni a venire?
“Se il Covid ci ha insegnato qualcosa, è che abbiamo bisogno di rafforzare le risposte collettive ai problemi comunitari, non di ridurle; e che le soluzioni individuali hanno dei grandissimi limiti. L’approccio universalistico del nostro welfare secondo me va riconfermato fermamente. Certo, dobbiamo dotarci di strumenti nuovi: la collaborazione con il mondo del Terzo settore, che condivide con le istituzioni quella finalità pubblica collettiva di cui parliamo, rappresenta senz’altro una strada per costruire risposte ancora universali, ma nuove e sostenibili”.
Che voto dà all’Italia, in rapporto all’Europa, su presenza e comprensione riguardo alle istanze che promanano dal Forum Terzo Settore?
“Nel complesso l’Italia è promossa: anche se l’economia sociale, in particolare il Terzo settore, nel Paese sconta l’idea che queste organizzazioni siano solo una variante da comprendere nel mondo delle imprese, e dunque non è sempre facile per le istituzioni capire quali siano le sue necessità sul fronte giuslavoristico e organizzativo. Il modello di economia sociale italiano è un punto di riferimento a livello europeo: e da tempo chiediamo che l’Europa definisca un quadro regolativo e di sostegno che dia piena cittadinanza anche a questo modello italiano virtuoso. Non dimentichiamo che il rapporto “Social enterprises and their ecosystems in Europe”, realizzato dalla Commissione Ue nel 2020, ha rivelato come l’Italia sia il primo paese d’Europa per economia sociale: per numero di organizzazioni, per numero di imprese sociali per milioni di abitanti, per numero di occupati”.
Ha preso conoscenza della situazione senese. Il non ancora digerito avvicendamento politico amministrativo porta le associazioni territoriali a competere più che altrove. Quale giudizio ha della situazione senese? Ci sono delle eccellenze oppure siamo nella “media della Toscana”, regione in cui riteniamo mutualismo e solidarietà contino più che altrove?
“La realta senese è ricchissima di cultura civica: c’è una cultura diffusa della partecipazione e della cittadinanza attiva, che sicuramente ha dovuto fare i conti negli ultimi anni con la crisi economica e istituzionale del territorio, quindi con processi sia globali che locali che hanno messo a dura prova anche queste organizzazioni. Credo che da questo punto di vista spetti da una parte alle istituzioni la responsabilità di spingere i soggetti non a competere, ma a trovare soluzioni in collaborazione tra di loro ai problemi della comunità, che rappresenta la strada maestra per rafforzare da una parte le nostre comunità, dall’altra anche per consolidare il mondo del Terzo settore e aiutarlo a superare questo momento di particolare difficoltà”.
Se lei un domani si trovasse a guidare un governo – in fondo sarebbe il momento che una donna avesse questo incarico – cosa farebbe e soprattutto cosa chiederebbe al Terzo Settore?
“Chiederei al Terzo settore di essere all’altezza della nostra Costituzione, all’altezza delle sfide di trasformazione sociale, di rendicontazione sociale e di capacità di innovazione sociale che sappiamo essere il vero talento che questo mondo mette a disposizione dello sviluppo delle nostre comunità. Sarebbe importante valorizzare di più il ruolo di queste realtà all’interno dei territori, all’interno delle politiche di sviluppo del Paese, perché sono certa che la partecipazione attiva dei cittadini rappresenti ancora oggi la strada per costruire non soltanto più solidarietà e coesione sociale, ma anche una forma di economia più sostenibile e inclusiva, più capace di valorizzare il territorio e portare sviluppo delle comunità”.