Alcune riflessioni

Gianni Cuperlo, Da facebook 21 marzo 2023

Stamane alla direzione del Pd ho condiviso qualche riflessione che allego qui.

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Le prossime elezioni europee saranno le prime dopo molto tempo vissute in un contesto di guerra.

C’è chi ha evocato un parallelo col 1914 e il sonnambulismo che portò alle tragedie del secolo.

Tanto più conta avere coscienza di quale avversario abbiamo di fronte.Parliamo di una destra che negli ultimi 25 anni è cresciuta ovunque e con dimensioni impreviste.

È una nuova destra che ha alcune caratteristiche descritte bene in un saggio di Francesco Cancellato.La prima è che allargano il consenso sfruttando a fondo mezzi tradizionali.

Attraverso una fondazione, Orbán controlla oltre 400 tra giornali, radio e tv (vuol dire il 40% dei media ungheresi).

La seconda particolarità è che sono forze ramificate e connesse: hanno legami con pensatoi, associazioni e fondazioni con basi in Russia, negli Stati Uniti, Messico e Brasile.

La terza (la più significativa per noi) è che a differenza del blocco socialista negli ultimi 20 anni queste forze sono riuscite ad accrescere il loro consenso dentro ogni crisi di sistema che ha investito l’Europa.

Da quella dei debiti sovrani del 2010, agli attentati di matrice islamica nel 2015, sino alla pandemia e alla guerra in Ucraina.

Ci sono riuscite alternando il profilo istituzionale con uno spirito diciannovista (per capirci, i due volti della Meloni quando in Parlamento alterna lo speech predisposto dagli uffici a una replica dove torna la militante neofascista di Colle Oppio).

È una strategia che trova in Donald Trump l’espressione più aggressiva e violenta.

Infine, il consenso di queste forze è quasi sempre superiore al potere che esercitano (pensiamo alla Francia o alla Germania).

In Svezia appoggiano il governo dall’esterno, ma contano più parlamentari di ciascuno dei partiti della coalizione.

Accade perché l’esclusione di accordi con forze post-fasciste o di estrema destra (la dottrina Merkel) sta lasciando campo a possibili aperture del blocco popolare verso partiti sinora tenuti sempre ai margini.

Ora, se questo è il quadro, capisco la difficoltà a comporre liste rappresentative di territori, sensibilità, e di un giusto equilibrio tra il “dentro” e il “fuori”.

Ma con due notazioni che mi sento di fare in questa sede.La prima è che di fronte a questa destra tanto più le scelte sulle persone e sul programma devono contenere un giudizio sui pericoli per un’Europa assente su troppi fronti.

La guerra è il primo di questi fronti.Come voi, vedo lo scarto clamoroso tra il dramma di una guerra che può estendersi come una epidemia, e la miseria di polemiche giocate con lo sguardo ai sondaggi.Ho apprezzato il modo con il quale, Elly, hai risposto agli attacchi dei 5Stelle e difeso l’autonomia del Pd.

Il tema è che quel movimento non vuole o non può sciogliere nodi decisivi nello scontro durissimo che vede contrapporsi due concezioni opposte dell’Europa.

Ma proprio la fragilità della loro cultura politica restituisce a noi un compito diverso.Che è rafforzare il nostro partito facendone il perno – in qualche modo egemone – di un’alternativa alla destra.

Ma un punto rimane e riguarda noi.Parliamo di una guerra che ha già stravolto la scena storica dell’Europa e del suo avvenire.

Zelensky teme la vittoria di Trump convinto che un minuto dopo l’America abbandonerebbe l’Ucraina (e l’Europa) al loro destino.

Viceversa Netanyahu spera nel successo di Trump che considera essenziale al mantenimento del potere.

Nel mezzo c’è “questa” Europa, che non può essere la nostra.

Dove uno spirito critico sulla “storia in atto” è confinato nei sottoscala mentre anche nel mondo degli intellettuali e dell’informazione prevale un arruolamento alle posizioni più oltranziste.

Tutto senza aggredire il tema fondamentale: e cioè quale punto di caduta è razionalmente possibile per una guerra che in due anni ha causato oltre mezzo milione di morti.

In tutto questo Mario Draghi ha indicato le svolte che l’Europa dovrebbe affrontare e subito c’è chi lo ha candidato a guidare la futura Commissione europea.

Dato per acquisito che sull’agenda Draghi abbiamo già dato, e col rispetto verso l’autorevolezza dell’uomo, c’è un vuoto enorme della politica che noi – la sinistra – dovremmo colmare.Il lungo discorso di Draghi non cita mai due parole: “pace” e “diplomazia”.

A compensazione, per nove volte viene citato il termine “difesa”, che senza una politica estera comune vuol dire quello che sappiamo: una miscela di risorse militari e vincoli della proprietà intellettuale.

Draghi aggiunge la promessa di una “ridefinizione dell’Unione Europea non meno ambiziosa di quella operata dai Padri Fondatori”.

Ma l’ambizione dei Padri Fondatori si reggeva su un pilastro storico e morale.Quel pilastro era la “pace” in un continente martoriato.

Allora, benissimo rivedere i trattati e rilanciare un mercato comune, ma con quale messaggio forte nei prossimi due mesi noi pensiamo di arrivare a milioni di persone?

Lo chiedo perché per contrastare una destra aggressiva sui valori della civiltà liberale non basteranno la vecchia retorica europeista o la tecnocrazia più illuminata.

Serve dire quale ruolo un’Europa sempre più ai margini negli equilibri demografici e di potenza del mondo potrà esercitare.

Dobbiamo farlo in una stagione dove la credibilità dell’Occidente esce indebolita agli occhi di 5 o 6 miliardi di esseri umani ostili ai nostri privilegi e indignati per la nostra doppia o tripla morale verso dittatori e autocrazie.

La pandemia ha fatto compiere un balzo storico con i vaccini e il Pnrr, ma adesso – in questo capitolo della storia – serve un’ambizione diversa.

Serve un’Europa che non getti a mare il patrimonio del suo welfare universalistico inseguendo la lepre di una guerra finanziaria agli Stati Uniti.

Un’Europa che rifiuti di ridurre la protezione individuale a vantaggio di fondi assicurativi, nella convinzione che la sfera “sociale” per noi è un fine, non una variabile subalterna del primato economico.

Come ha spiegato Fabrizio Barca il Covid deve insegnare che una politica di scala nella ricerca medica serve a rafforzare il bene pubblico della prevenzione, non a gonfiare gli extra-profitti delle imprese farmaceutiche.

Significa una sinistra che dell’Europa denunci le ambiguità.

Che vuol dire dotarsi di una politica fiscale, e a premessa denunciare che oggi nel mondo i paradisi fiscali più indecenti non sono alle Isole Cayman, ma in Olanda e Lussemburgo.

Nel corpo di casa nostra.

Servono una iniziativa e una proposta di pace per questo continente e per un’Europa che abbia qualche diritto di parola nel nuovo mondo.

E d’altra parte sarà su questo piano che si fonderà il destino della famiglia socialista.

Conte polemizzi quanto vuole.Nei prossimi due mesi noi dobbiamo dedicarci ad altro.

Non guardare il dito.

Ma se ne siamo capaci, tornare a indicare la luna.

Infine, il secondo telegramma è sul partito, i fatti seri di Bari, della Puglia, sono tutto meno che una novità.

Quel trasformismo è cresciuto negli anni e in alcune realtà non solo è stato tollerato, ma ha trovato condivisione e sostegno.

Posso dire di esserne stato testimone, senza che nessuno dei segretari prima di te, e di dirigenti oggi al tuo fianco, abbia levato parola.

Dico solo, affrontiamo il capitolo della costruzione di un Pd che non c’è mai stato.

Facciamolo con un confronto sincero dopo il voto.

Ma facciamolo prima che la cattiva pianta domini quella buona che c’è.

Personalmente mi sono permesso di avanzare qualche proposta sulla costruzione di quel partito nuovo evocato per anni e mai realizzato.

Ma non basta scomunicare i notabilati.

Serve capire che lo stesso nostro pluralismo – bene prezioso – non si lega da tempo a un confronto di posizioni, ma è frutto dell’equilibrio tra gruppi di potere locali.

Non ovunque, ed è giusto dirlo, ma in troppi contesti.

Dobbiamo ripensare alla radice la pratica del tesseramento.

Avere distrutto il partito dei funzionari ha aperto la strada a una forza dominata dagli staff degli eletti in una concentrazione di potere senza delega e controlli.

Penso come tutti qui dentro che senza questa forza la destra camperà a lungo.

Ma solo un Pd ripensato con coraggio potrà essere all’altezza della sfida che ci attende nei prossimi anni.Io dico, pensiamoci, e soprattutto facciamolo, prima che il tempo scada anche per noi.

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