Non istìa ad aspettarmi!

Per la rubrica di Luca Gentili un pranzo nell’aia di Stigliano e l’incontro con la “i” prostetica

Andata e ritorno, torna la rubrica di Luca Gentili, anche se pre-impostata. Gli facciamo tanti auguri per la Pasquetta. Lui è al settimo giorno di traversata dell’Australia, per la precisione si trova nel South Australia dopo che ieri ha lasciato lo stato di Victoria. Ogni giorno sui suoi social regala una storia e un resoconto. Oggi ci racconta di una gita molto più corta, domenicale, a Stigliano e di modi di parlare persi con la scomparsa degli anziani… (dr)

In una tiepida domenica ho cercato rifugio nel borgo di Stigliano, mi sono fermato a mangiare alla bottega, sull’aia di mattoni rossi, circondata dalle antiche case, fatte con la dura pietra raccolta nelle macie; dalle facciate sbucano grigie le travi dei tetti, appaiono appena sotto la gronda, scarnite, bruciate dalle intemperie.

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Il tepore ti invita a stare immobile, cercando di assaporare qualsiasi brezza che, distratta, si insinua sotto i tigli. Fisso gli occhi sull’orizzonte, e sembra evaporare: trema lucido e cotto dal primo sole di primavera.

Ogni cosa ha un equilibrio, appare fatta per rendere comodo lo sguardo, la strada lavata dall’acqua degli scorsi giorni ha nelle crepe piccoli ciuffi d’erba, messi lì come per lenire le ferite.

Tutto ha un’aria antica allora, da dietro l’angolo, mi aspetto di vedere comparire una vecchia amica della mamma, diceva non istìa ad aspettarmi, quello che poteva sembrare un italiano volgare era una i eufonica, una delicatezza linguistica, per non far stridere le parole. Trovo questa ricercatezza bellissima, come un baciamano; in un mondo urlato cercare un’armonia nelle parole, sostenere qualsiasi giusta tesi non aggredendo, non solo con il linguaggio, ma anche usando un dolce suono nel modo di parlare.

Allora… non istìa ad aspettarmi io rimango qui nell’ombra dei profumati tigli, forse nella vana attesa di un mondo che cambi e ritrovi antichi equilibri.

Spesso perdiamo le parole usate dai nostri nonni, diventano desuete invecchiano con loro e spariscono con una generazione, a seguire alcuni modi di dire che si ritrovavano in toscana e per quanto oggi suonino strani erano codificati dalla lingua italiana.

  • Non istia a preoccuparsi (non si preoccupi)
  • Aspetti un momento, che istia arrivando (aspetti un momento, che sto arrivando)
  • Non istia a fare il furbo (non faccia il furbo)

Per i puristi… preciso che “i” eufonica, detta anche protetica o prostetica, è un espediente fonetico utilizzato in italiano per migliorare la fluidità e l’armonia del suono. Consiste nell’aggiungere una “i” all’inizio di una parola che inizia per “s impura” (cioè seguita da una vocale diversa da “i”) quando la parola precedente termina per consonante.

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