Fra gli incentivi per le imprese derivanti dal PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) vogliamo segnalare i crediti di imposta delle imprese che investono nella transizione digitale, il supporto alla internazionalizzazione delle PMI, la riforma del sistema della proprietà industriale, la istituzione del fondo di garanzia dedicata al settore turistico, gli incentivi fiscali per incrementare l’efficienza energetica (specialmente rivenienti da energie “rinnovabili”).
Queste sono le principali forme di sostegno alle imprese varate dall’Ecofin nel mese di luglio.
Ora vediamo più in particolare gli incentivi per le aziende del “Piano Italia domani” ed il “Piano di transizione 4.0”. Il piano “Italia domani” prevede incentivi per diversi settori. Si tratta di un piano molto ambizioso che potrà fare affidamento sui 191,5 miliardi di euro finanziati tramite il disposto del PRRF,uno dei due strumenti del Next Generation Eu, miliardi che dovranno essere impiegati da subito (2021- 2026).
Di questo importo, 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. Fra gli incentivi appare fondamentale anche il “Piano di transizione 4.0” che dispone di 4,48 miliardi di euro sulla digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo. Questo piano prevede due obbiettivi fondamentali: stimolare gli investimenti privati (con evidenti risorse aggiuntive finanziate dalle aziende anche tramite il sistema bancario) e dare stabilità e certezze alle imprese con misure che hanno effetto dal 2020 fino al 2023… Tutto questo impianto vale “in positivo” per aiutare la crescita economica per poter recuperare i danni della stagione “Covid” e a pilastrare una struttura produttiva e occupazionale diversa e migliore del nostro tessuto che appartiene al più recente passato.
Altro tema importante sono, di converso, le imprese che sono in difficoltà finanziarie, ma si trovano nelle potenziali condizioni di poter restare sul mercato contribuendo positivamente anch’esse alla tenuta e alla crescita del PIL e della occupazione. Vediamo ora di analizzare dunque il cosiddetto “credito deteriorato” e la possibilità di una gestione “attiva” dello stesso.
Si tratta della valutazione degli Utp, per poter dare una via di uscita “in bonis” alle imprese che hanno subito la crisi, ma presentano tuttavia ancora concretamente una possibilità di sopravvivenza. Nel 2020/2021 infatti le aziende private hanno goduto di una boccata di ossigeno, dal punto di vista finanziario, ma il pericolo degli assets deteriorati appare in realtà molto prossimo.
L’esperienza maturata nel post crisi finanziaria globale, che tutti ben ricordiamo, tornerà sicuramente utile. All’orizzonte si presenta infatti una nuova impennata dei crediti deteriorati e il mercato si attrezza a gestire questa emergenza con competenze e professionalità che nel 2009/2010 non erano così sviluppate.
Nel corso del 2021 la crisi pandemica è stata affrontata infatti, come ben sappiamo, con anestetici giuridici: moratorie sui debiti, ristori e rinvii delle scadenze fiscali. Le imprese complessivamente hanno potuto così utilizzare strumenti eccezionali per affrontare la crisi da Covid e il calo dei consumi. L’intervento dello Stato è destinato tuttavia inevitabilmente a venir meno al ritorno alla normalità, che auspichiamo sopraggiunga quanto prima…
Ci sono dunque ragioni, da questo punto di vista, per prepararci ad una nuova situazione di allarme “finanziario”. Ci potranno essere infatti situazioni di difficoltà anche se il mercato del credito è più preparato di 10 anni fa a gestirle.
Studi recenti di KPMG e di Prelios (una piattaforma specializzata) lo confermano. Nel 2020 le transazioni dei crediti deteriorati sono diminuite indicando che l’attenzione si è spostata dagli NPL agli UTP, esposizioni cioè che presentano ancora buone possibilità di recupero. Mentre con gli NPL si entra notoriamente in un mondo per buona parte legato al sistema giudiziario, che purtroppo non funziona benissimo (i tribunali civili come noto sono ingolfati dalle procedure di esecuzione specialmente immobiliari), nel caso degli UTP invece i debitori sono aziende ancora attive sul mercato che possono continuare a produrre e fatturare e hanno, a volte, anche margini di crescita.
In questo particolare scenario chi gestisce i crediti è chiamato a seguire dunque un approccio non semplicemente liquidatorio, ma industriale. Fra l’altro occorre ricordare che per queste aziende comunque contabilizzate a “Contenzioso”’ dal sistema, non sono disponibili, purtroppo, finanziamenti garantiti dallo Stato e moratorie…
In questo quadro bisognerà, cosa non certo facile e scontata, attrarre anche la presenza necessaria di Fondi Comuni, Sicav ed altri prodotti di investimento con orizzonte temporale a medio lungo termine per recuperare risorse indispensabili…
Concludendo questo ragionamento, la fondata speranza è che coniugando gli impegni e le possibilità delle aziende in “Via di sviluppo” con quelle comunque che possono essere salvaguardate in ottica di conservazione attiva, si possa ragionevolmente pensare ed agire per portare risultati complementari allo sviluppo economico del nostro Paese.
Superare il 5% della crescita del PIL al 31/12/2021 con i benefici attesi in termini non solo di crescita di produzione, fatturato e utili, ma anche di occupazione, rappresenterebbe infatti la premessa per un futuro di maggior benessere sociale, necessario oltretutto per competere come Italia nel contesto europeo e internazionale.