Una selva di sogno dove cuore e natura battono insieme

“Non cercare la tua identità. Ciò che conta è sparire per permettere alla creatività di accadere”.

Così è scritto su un grande pezzo di marmo a forma di triangolo posato per terra accanto al cancello di ingresso di Dreamwoods, Selva di Sogno. Un bellissimo bosco di oltre dieci ettari a Casole d’Elsa intarsiato di opere d’arte particolarissime, realizzate unicamente con pietre naturali e materiali di recupero, assemblate con il solo aiuto della forza di gravità e perfettamente integrate con la natura tanto da sembrar essere sbocciate da sole come fiori in mezzo agli alberi ed agli arbusti.

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Dreamwoods è al Podere San Giorgio, Cotorniano, Casole d’Elsa. Apre da marzo a inizio novembre sabato-domenica ore 10-18.30, martedi e venerdi ore 13-18.30. Prenotazioni 333-4330183. E-mail: devamanfreedo@hotmail.com

Un mondo magico, un altro, fatto di figure antropomorfe, templi e città di civiltà antiche, splendidi mandala di pietre colorate, sassi intrecciati con forme bizzarre di alberi, tappeti colorati e luccicanti sotto al sole.

Ad accogliermi c’è Manfred Flucke, l’artista che ha adottato il nome di Deva Manfredo. Il creatore di questo mondo incantato. Anche lui particolarissimo, come le sue opere e questo bosco.

Deva Manfredo con Chiara Bennati

Mi sorride e mi viene incontro fissandomi con i suoi occhi di un celeste intenso, quasi trasparente. Occhi che raccontano la sua energia, che da soli lasciano trasparire la potenza del suo sogno. Era il 1982 quando Manfredo ha dato vita ai primi lavori aprendo un canale che ha permesso alla sua creatività di ideare questo bosco magico.

“Parliamo dopo – mi dice -. Prima devi immergerti in questo luogo, devi viverlo, devi sentirlo”. Mi consegna una piantina per consentirmi di orientarmi e mi invita al cammino.

“Ti aspetto qui all’ingresso, fra un paio d’ore – continua -. Ti consiglio di assaporare ogni angolo. Datti il tempo. Fermati. Ascolta. Ascolta i suoni della natura e il tuo cuore. Fatti trasportare dall’ispirazione delle opere. E, se vuoi, segui le tracce delle piccole meditazioni che ho messo qua e là”. Gli sorrido. Guardo il foglio di carta disseminato di puntini e numeri e mi incammino.

Di fronte a me una vera e propria selva, lasciata libera di esprimersi così come è. Nessuna opera umana tranne le sculture di Manfredo. Comincio il mio viaggio quasi intimorita.

Sono sola, nel bosco. Intorno a me solo lo splendido concerto della natura con tutti i suoi suoni armoniosi. Sento i miei passi che fanno scricchiolare i sassolini per terra. Ma questo bosco incantato riesce in pochi attimi ad abbracciarmi, a farmi sentire a mio agio, a farmi sentire un tutt’uno con lui.

Il timore lascia spazio alla curiosità e lentamente i sassi, i legni, i vetri colorati, gli oggetti di riciclo assemblati con tanta maestria iniziano a rapirmi. E’ come se mi parlassero. Con una lingua che non ha bisogno di parole.

Tutti questi oggetti inanimati in realtà sono tutto tranne che inanimati. Sono vivi. E mi abbracciano, mi trasportano nel loro mondo così perfettamente integrato con la natura che ci circonda.

Mi raccontano di un’armonia perfetta di cui tutti siamo parte. Questi alberi, questi uccellini che cantano, queste pietre di tutte le forme, questi pezzi di vetro colorati che riflettono la luce in tutte le direzioni. Ed io con loro.

E’ come se sentissi che veramente siamo intrecciati con radici profonde ed indissolubili. Continuo a camminare e mi si apre di fronte un laghetto pieno di regali ninfee colorate. Sono come stordita da tanta bellezza.

Seguo il consiglio di Manfredo. Mi fermo. Mi siedo sul bordo del lago e mi immergo in questo momento. E nel silenzio inizio a percepire in un modo direi amplificato. Il silenzio si trasforma in milioni di voci, dal ronzio di una mosca, al volo di una libellula, al gracchiare delle rane, ai guizzi di qualche pesce sotto le ninfee.

La curiosità di qualche minuto prima si trasforma in commozione. Si, commozione. Che sale dal centro del mio petto come un calore che colora le mie guance e poi ancora più su, come un fiume in piena che esce con lacrime che mi rigano il volto. Aveva ragione Manfredo. Prima di parlare dovevo viverlo questo posto, questa dimensione atemporale, direi onirica.

Mi rialzo e mi rimetto in cammino per tornare. Trovo Manfredo che mi aspetta. “Vieni – mi dice -. Questo bosco è in perenne cambiamento, in costante crescita. Ti porto nel Giardino dei Colori, l’ultima parte che sto ancora ultimando”.

Un’altra magia nella magia. Un piccolo stagno con pesci e costruzioni di pietre, un po’ come una piccola Atlantide riemersa. Immensi mandala di pietre con sfumature di colori incredibili. Un tappeto di sassi e vetri che brillano. Una libreria di pietre con segni strani, pittogrammi, che l’artista ha decifrato con lettere e sta ancora decifrando. E poi, imponente, la scala della fiducia. Una scala costruita con la stessa tecnica della forza di gravità con cui sono costruite tutte le altre opere. Una scala fatta di tanti pezzi assemblati e incastonati.

“Dopo essere stata nel bosco non puoi non salirla questa scala” mi dice. La guardo. Sono titubante. Ma so che devo avere fiducia. Tutto in questo posto ispira fiducia. Piano piano salgo tutti i gradini. Traballano sotto il mio peso. Ma continuo. Ho imparato a non avere paura in questo posto magico. A non avere paura e ad affidarmi. Così arrivo in cima e un senso di gioia mi pervade. Da lassù vedo i mandala sotto, le sculture lì vicine e tutto sembra ancora più bello visto da questa angolazione.

La scala della fiducia

Scendo e mi siedo accanto a Manfredo in una sorta di piccolo salotto in pietra. Inizio a chiedergli: come sei arrivato qui? Come è iniziato tutto?

“Dopo aver finito i miei studi universitari ad Amburgo – inizia –. Avevo studiato pianificazione urbana, sociologia, storia. Poi per prepararmi alla vita professionale, prima di entrare in qualche amministrazione di pianificazione o studio di architettura, mi sono preso una pausa e sono venuto nel Chianti a fare dei corsi per centrarmi”.

“Durante questo percorso – continua – ho capito che non sarebbe stata per me una buona idea indirizzare la mia vita in quel senso perché probabilmente sarei finito in una stanza a fare cose che non mi appassionavano. Poi mi sono ritrovato qui. Era il 1980. E qui stava nascendo la comunità di Osho. Sono entrato e sono rimasto fino a quindici anni fa. In comunità ho iniziato a fare un’infinità di lavori diversi. In quei tempi avevamo iniziato a coltivare dei campi che erano stati abbandonati da molti anni. Io facevo il grafico e lavoravo anche fuori ma nell’ambito dei lavori della comunità sono stato inserito nel team di coloro che tiravano fuori i sassi dai campi. E da lì è nata l’idea”.

Si ferma un attimo ed i suoi occhi di ghiaccio si illuminano. “Ho capito che in quei sassi c’era un potenziale. Così ho cominciato a giocare con questi materiali. E poi… questa cosa ha preso il sopravvento ed è andata fuori controllo” dice sorridendo.

“E’ così che è nato Dreamwoods. Poi – continua – ho ripulito tutta la collina di ogni materiale che mi poteva servire per le mie opere. Ero sempre in giro nei boschi a cercare cose e a costruire. Ed infine ho iniziato ad allargare le mie ricerche. Sono andato in Francia, in Calabria, in Sicilia, sulle Alpi, in tanti posti in Toscana, in Liguria, in Umbria e ho portato qui tantissimi pezzi da utilizzare”.

Manfred Flucke, l’artista che ha adottato il nome di Deva Manfredo

Ma come decidi che opere fare? Cosa vuoi donare a chi entra in questo bosco? Chiedo incuriosita

“Il tema è quello che mi prende in quel momento, cambia, si evolve” mi risponde con semplicità.

“Credo che le opere di pietre appoggiate e intrecciate sia la forma di arte più antica del mondo, molto più antica anche della pittura e questo mi affascina. Ho deciso di fare questo non solo per me ma anche di donarlo agli altri – prosegue-. Cerco di offrire uno spazio tempo in cui chiunque possa fare silenzio, spengere se stesso ed accogliere l’ispirazione, perdendosi nella contemplazione della natura e delle mie opere, anch’esse parte della natura”.

Intento raggiunto! Penso dentro di me. E’ stato proprio quello che mi è successo fermandomi a contemplare in questo angolo fuori dal rumore ossessionante del mondo.

E se dovessi dare un consiglio ad una persona che ha un sogno e non sa da che parte iniziare per realizzarlo, cosa diresti?

Sgrana un po’ gli occhi Manfredo. Ci pensa un attimo e poi risponde: “Semplicemente seguire quello che vuole fare. Con passione. Troppe persone accettano troppi compromessi. Avere il coraggio anche di fare un salto nel buio e non farsi dire da nessuno cosa dover fare. Quest’ultima cosa, secondo me, è la garanzia dell’infelicità” conclude sorridendo.

Un’ultima domanda: se dovessi definire con una parola questo tuo sogno realizzato, questo tuo mondo parallelo, cosa diresti?

“Sicuramente direi natura. Noi tutti siamo parte della natura anche se spesso ce ne dimentichiamo – mi dice fissandomi con i suoi occhi intensi –. Natura e armonia. In realtà quando si sta dentro alla natura e si riscopre di essere noi stessi natura, l’armonia è facile da trovare”.

Natura e armonia. Due concetti semplici. Ma allo stesso tempo difficilissimi da comprendere, o meglio sentire.

Ci alziamo ed entriamo nel piccolo laboratorio dove Manfredo tiene alcune opere esposte che possono essere acquistate. Il mio sguardo viene rapito da un quadretto di legno scuro su cui sono appoggiati un particolarissimo pezzo di ramo e una pietra. Un ramo e una pietra che sono diventati per me un angelo che vibra nell’oscurità della base su cui è poggiato. Non ho dubbi. E’ questo angelo che voglio portarmi a casa. Lo prendo fra le mani e di nuovo sale quella commozione provata qualche momento prima di fronte al laghetto di ninfee.

Saluto Manfredo e lo ringrazio. Lo ringrazio per aver voluto donare al mondo, ed in questo momento a me che sono qui, questa esperienza davvero unica. Mi porto a casa la consapevolezza di essere io stessa natura, in armonia con tutto. Tengo stretto il mio angelo di legno e pietra e vibro con lui in questa vibrazione perfetta. Sono pronta a tornare nel mio mondo ordinario. Ma ora so che potrò tornare qui. Ogni volta che i falsi problemi di questo mondo ordinario torneranno a rubarmi la gioia e la pace. Ogni volta che avrò bisogno di ricongiungermi con il Vero. Ogni volta che dovrò risvegliare in me la convinzione di essere Natura. Armoniosa natura. Vuota. Pronta ad accogliere.

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