La prima esperienza con il Community Hub di Siena

Siena ha un Culture Ibride Community Hub. Ma, oltre che fatto da importanti termini inglesi e espressioni italiane non proprio di tutti i giorni, cos’è il CICH?

Hub vuol dire centro di snodo, cultura è cultura… cioè, con l’amore, il sale della nostra vita; comunità significa “di tutti”, ibrido sta per far capire probabilmente che non bisogna prender per buona la prima spiegazione/intuizione. E difatti una priorità dell’Hub sono il bisogno e il benessere sociale.

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Allora, questa roba fatta di pensiero e buone intenzioni, l’ha messa su la Fondazione Monte dei Paschi che la finanzia anche; con l’avvertenza però che non devono esser importanti i soldi eventualmente erogati, ma la convinzione di realizzare sviluppo collettivamente.

Il Punto, sede di tre associazioni, in via Enea Silvio Piccolomini 1

Va aggiunto che il Culture Ibride Community Hub – https://www.cultureibridecommunityhub.it/ – è ancora una realtà che deve affermarsi. O meglio, non cerca, né ha mai cercato passerelle importanti, ma ha tutto… per piacere.

Poco dopo la sua costituzione, nel 2018, i media locali ne parlarono con una certa sensazionalità; forse più per la destinazione che si era candidato a occupare: Palazzo del Capitano, già sede del Corso di Laurea di Matematica di UniSi. Un Palazzo che appartiene alla Fondazione Mps e che tuttora desta appetiti importanti. Il Community Hub era un progetto pluriennale di Palazzo Sansedoni destinato a favorire welfare culturale e comunitario sul territorio e le cui redini la Fondazione ha sempre mantenuto in mano.

La foto copertina della pagina Fb del Cich – https://www.facebook.com/communityhubsiena

A formarlo nel 2018, c’entrò al completo il solito mondo del dopolavoro, dell’artistico, del buon volontariato, del ricreativo impegnato; il ripensamento sulla sede aquilina e, soprattutto, l’ammantarsi del Covid sulla città, con i suoi ritardi, le sue latenze, le sue proibizioni, raffreddarono un progetto che quest’anno è tornato a spingere e al quale si accede solo se selezionati a compimento delle procedure di un bando annuale. All’inizio – si poteva entrare in proprio o in gruppo – a costituirlo furono sette multi-soggetti senesi, cresciuti fino agli attuali trenta per un numero di operatori cittadini coinvolti che sta a mezzo tra mille e duemila unità.

Il cancello sotto la Porta Romana che immette direttamente agli edifici del San Niccolò
Il viale in discesa che collega Villa Donne e il Punto

Abbiamo fatto domande su questi argomenti in una piacevole mattinata di autunno a Il Punto che, dopo Palazzo Sansedoni, è uno dei siti frequentemente utilizzati dal Cich. L’accesso è da via Enea Silvio Piccolomini, poi si va nel declivio che dall’ex Villa Donne accarezza le mura tra Porta Romana e Porta Tufi.

Il Punto è, a sua volta hub fisico, dove il soggetto preminente è il Siena Art Institute, una Onlus senese, diretta da Miriam Grottanelli de Santi che condivide con Mason Perkins Deafness Fund e con la Siena School for Liberal Arts, l’ampio immobile affittato alle Pie Disposizioni e, negli anni, migliorato e risanato.

Un caffé all’aperto con Miriam Grottanelli de Santi

Seduti all’aperto, Miriam ci spiega alcuna cose sul Cich. Non sempre la tempistica è importante per questo organismo, e sicuramente non lo è quanto il mantenimento della direzione nella quale si vuol procedere. Il Community Hub agisce in modo apolitico, è teso a tradurre in modo scientifico e intellettuale i risultati delle sue opere, ci tiene a comunicare – ma non a propagandare – l’esito delle proprie osservazioni. Sul sito vediamo che si definisce: “Laboratorio permanente di innovazione sociale che ha al centro del proprio essere e operare la dimensione del welfare culturale ovvero della capacità di trovare soluzioni e risposte al bisogno sociale attraverso processi culturali”.

Sulla strada di questo benessere cittadino da ritrovare c’è l’esigenza di conoscenza. Che qui si chiama mappatura, un censimento delle sofferenze, dei disagi, degli usci chiusi permanentemente sulle attività lavorative della città, su giovani e anziani, sui bisogni dei quartieri periferici.

L’annuncio dell’evento del Cich

A metà mese, ci attende una giornata molto lunga. Parliamo del 16 novembre, mercoledì prossimo, quando, praticamente dall’alba al tramonto (9:30-17:00), alla sede del CICH Siena, in via dei Pispini 1, ottenuta grazie al sostegno di UniStraSi, il secondo ateneo della città, si aprirà un dibattito sullo sviluppo dell’Hub senese fra sperimentazioni, misurazione d’impatti e prospettive per il 2023.

Spicca in questo “happening” la presenza del professore di UniFi Carlo Andorlini, coordinatore scientifico del Community Hub, che riferirà in un incontro pubblico quanto si è sviluppato nel corso di un anno il progetto e quanto è stato fedele alla sua mission. Ma saranno presenti anche le Istituzioni.

Un appuntamento decisamente importante perché dalla realtà acquisita si ripartirà ed essa – presumiamo – costituirà anche base del prossimo bando di adesione. Di certo le rilevazioni, con valore scientifico, del Cich potrebbero interessare anche a chi in questi mesi sta realizzando i propri programmi per il governo di una città che troppo spesso si tende a semplificare.

Laura Papi si prende cura del suo gregge “urbano”

E credo che a questo punto vi debba il motivo del mio incontro con il Cich, ossia un malinteso.

Capitiamo un giorno di fine settimana su un’iniziativa che rientra tra le attività del Cich. Ci arrivo con l’idea di andare a trovare, e scattare qualche foto, a un po’ di “omini degli orti” che in genere sono i principali fruitori delle valli verdi del conglomerato urbano. Ma, pur se nata dalla casualità, questa visita merita appunto di esser raccontata. Ci accolgono Laura Papi, impegnata dal suo gregge – arieti e pecore in miniatura a uno sputo da Castelmontorio -, poi Bernardo Giorgi, figura eclettica e quindi Miriam Grottanelli de Santi, figura di stabilità.

L’OrtoAperto si sta riprendendo dopo la sofferenza e i danni della siccità estiva

I lavori di risanamento de Il Punto hanno talmente migliorato l’area che si è conteso a sterpaglie indistricabili gli spazi sotto la cinta muraria per creare un orto urbano molto molto particolare: si chiama Ortoaperto. È antesignano di tutta quella rete di orti che da San Miniato a Montalcino – vedi anche Mangione e condiviso: ecco l’orto di Montalbuccio – SienaPost -, ci parlano di cibo naturale e abitudini sane, di ecologia, di impegno sociale. A occhio, la superficie utilizzata, non raggiunge l’ettaro, ma è quanto basta per risultare adeguato a rientrare nell’ennesimo progetto dell’Art Institute.

Bernardo Giorgi spiega tutto a chi ha qualche difficoltà a seguire l’Italiano

Il tema del giorno è “Educare all’Ecologia”, anzi disquisire sul miglior modo per educare i giovani all’ecologia e all’agricoltura rigenerativa. Per farlo Bernardo Giorgi, figura che spazia dalla sostenibilità all’arte, e la direttrice Miriam Grottanelli hanno creato un incontro a Siena con un colosso della cooperazione internazionale: la Ong Deafal.

Il mantra di Deafal – https://deafal.org/home-page/ – è “rigenerare i suoli per rigenerare le società. Comunità sociali e naturali complesse si radicano e evolvono grazie al riconoscimento della dignità delle persone e all’interazione armonica tra mondo rurale ed urbano”; la mission è “Cooperazione internazionale e nazionale: la diversità come ricchezza e lo scambio di saperi come metodo. Deafal promuove e diffonde lo studio, la formazione, la sperimentazione e l’applicazione di metodologie innovative in ambito agronomico, economico e sociale per la produzione di cibo sano e accessibile a tutti generando così una società giusta ed equa”. La guest-star, il messia di Deafal, è Anna Morera, catalana, titoli di studio e master raccolti fra Europa e Messico, esperienze professionali in Germania, Svizzera e Italia, una capacità quasi carismatica di cogliere l’attenzione di una platea e qualche ansia di rivalsa nei confronti dei tamburini del Leco che gli hanno regalato un’inattesa notte di veglia.

“La Rivoluzione del Contadino Impazzito”, uscito nel 1973, è mostrato come bibbia. L’opera di Wendell Berry è considerata il manifesto di un “Fronte” mondiale. L’autore intanto è tornato ad arare la terra della sua fattoria in Kentucky
Altro libro importante per Anna Morera che lo ritiene di forte ispirazione è “Come un albero” (2021), per ragazzi ma non solo. Edito da Rizzoli, è costituito dalle poesie di Maria Gianferrari e dalle illustrazioni di Felicita Sala
Altro consiglio per ragazzi che introduce al concetto che la Natura ha un linguaggio che si può comprendere: “La Terra respira” (Ed. Lapis, 2021) di Guia Risari con le illustrazioni di Alessandro Sanna

Il pubblico – tante lingue diverse parlate insieme – è superiore alle attese e tutto fatto di soggetti intermedi, ossia persone che avranno poi il compito di “Educare all’Ecologia” i giovani. Gli organizzatori sono molto compiaciuti del fatto che stavolta si siano allargate nella direzione desiderata le relazioni del Culture Ibride Community Hub; sono venuti dall’Accademia dei Fisiocritici, ci sono anche docenti dell’Istituto Agrario, UniSi e UniStraSi cominciano ad avere interessi più sinergici.

In alto le vasche di raccolta delle acque piovane

Pioviggiola. Un bene per l’Ortoaperto che quest’estate ha sofferto come non mai, un male per la mattinata di studio che fa fuori e dentro a seconda del cielo. Ortoaperto è stato coltivato sul pendio delle mura e sulla base naturale del terreno sono state aggiunte curve di livello per consentire poi il gocciolamento con irrigatori a pettine per umidificare le varie aiuole. Non si usa acqua “del sindaco”, ma l’esito della raccolta delle acque meteoriche (cfr pioggia) che viene pompata in vasche sulla sommità e dalle quali ridiscende per caduta. Chiaramente, quando c’è.

La terra ci parla, ci aiuta a capire, ascoltate, dice Anna Morera, che è stata special-guest direttamente dalla ONG Defal

La lezione, e qui vorrei andare alle conclusioni, non ha nulla a che fare con la resa dell’orto, ma si articola in una serie di citazioni e di esempi che danno da pensare, che spingono a vedere l’orto, la terra, le piante in un modo che ci spinge a tentare di comunicare attraverso i linguaggi della natura.

Cito un paio di esempi dalla bella chiacchierata-lezione di Anna Morera, di sicuro una studiosa che innanzitutto ama ciò che fa e che gestisce la sua esposizione con la presentazione di molti libri cardine sull’argomento.

All’aperto versa acqua ossigenata su una zolla di terra e la risposta che essa dà… oltre che suggestionante per i profani, dice che, per quanto secca, quella terra potrà dare vegetazione rigogliosa perché la carica e la presenza di organici è forte. All’interno serve a tutti mela e coltello, ma non è tempo di merenda, quanto quello di capire e toccare con mano quanto sia esigua la porzione del pianeta che contribuisce a nutrirci. E che va difesa.

Quanta parte della terra è quella che ci dà nutrimento

Fatta in quattro parti la mela, ne mettiamo via tre porzioni perché quelle sono le terre coperte dagli oceani e dalle altre acque; il quarto che ci rimane lo tagliamo a metà, e scartiamo una parte perché essa indica le terre inutilizzabili perché costituite da montagne, o altri elementi naturali che impediscono la coltivazione. Del 12,5% che ci rimane dobbiamo togliere ancora, le città, le cementificazioni, quant’altro è stato reso sterile dall’opera dell’uomo, fino a comprendere che solo la buccia del poco più del 5% che ci rimane, costituisce il nostro suolo nutriente.

In alto Bernardo Giorgi fa gli onori “d’orto”, sotto la direttrice dell’Art Institute Miriam Grottanelli de Santi

E’ un qualcosa che ti sensibilizza questa dimostrazione. Fa capire che bisogna rigenerare e proteggere, e anche saper ascoltare cosa ci dice la natura. L’Art Institute ha avviato duratura e reciproca amicizia con Anna Morera e l’ha rinvitata a partecipare a un recente evento sul web: Assaggi d’Arte “Imparare a dialogare come le piante” (anche su https://www.facebook.com/SienaArt/videos/1524473231400271/).

La foto copertina è quella di Anna Morera, alcune immagini sono da Foto Pubbliche Fb

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