Mascherine, tamponi, monoclonali, test rapidi e, per finire, vaccini. E’ stato un periodo in cui abbiamo fatto i conti – colpevole un piccolissimo virus di origine animale, se gli esperti di Joe Biden non dimostreranno il contrario con le loro indagini sui laboratori di Wuhan – con tematiche della produzione, scienza e tecnologia.
Per non parlare dello sviluppo dell’uso di materiale digitale nelle comunicazioni e nei rapporti tra gli individui. In pochi mesi aziende altrimenti relegate a uno sviluppo ristretto, si sono poste all’attenzione mondiale. Le vendite on-line (compreso il food delivery) sono balzate avanti del 26% (dati Osservatorio eCommerce B2C di Netcomm e del Politecnico di Milano), il gambling online del 46,4% (dati Agenzia delle Dogane e dei Monopoli rielaborati da Agimeg). E anche determinate professioni sono maggiormente gettonate: insegnanti e operatori medici in primis, oltre creativi, esperti di marketing digitale e chiaramente tecnici informatici.
Insomma chi pensa al dopo virus senza scienza e tecnologia deve fare i conti con una realtà che già c’è e si sta ancora espandendo; deve comprendere bene se il fenomeno di adattamento al virus ha in realtà cambiato permanentemente la nostra vita e le nostre abitudini. E deve esser probabilmente pronto ad accettare a cambiamenti della “vita com’era prima (e forse non sarà più)”.
Difficile immaginarsi soluzioni di vita – forse solo individualmente possibili – al di fuori della realtà globale. E se un esempio antico di “minimalismo digitale” ce lo ha già illustrato Pirandello con il suo Fu Mattia Pascal, l’eccesso contrario per l’utilizzo delle tecnologie sta già partorendo fobie e ansie che vanno sotto il nome di FOMO (fear of missing out), ossia la paura dello scrollarsi di dosso la comunità digitale, e l’impossibilità pratica di effettuare per il vissuto collettivo periodi di “Digital Detox”.
Il ruolo della scienza, degli scienziati, delle tecnologie, della ricerca, delle loro possibilità e dei loro limiti, dei confini etici ritornerà ad appassionare solo se si pensa che è già nata l’antropologia digitale che è base degli algoritmi con cu ci interfacciamo alla Rete. Nel nostro contesto senese tuttavia c’è da analizzare anche che quest’esplosione di scienza e digitalizzazione ha portato parte del nostro indotto economico all’attenzione mondiale e che è davvero possibile costruire su questa realtà un’idea di sviluppo. Forse di Scienze della vita digitale.