Con Paolo Benini riprendiamo a ragionare di limiti dell’uomo nello sport, nell’organismo e nella vita
Stuzzichiamo Paolo Benini a ridar vita alla sua rubrica “oltreognivittoria” e apprendiamo che c’è stato un lutto.
Ci spiace dottor Paolo, vorremmo parteciparti il nostro cordoglio per la perdita familiare recente e sottolineare che questo è il motivo per cui non aggiorni la tua rubrica…
“Vi ringrazio per le condoglianze. Mio suocero, 92 anni, ha vissuto come ha voluto, attaccatissimo alla sua famiglia tutta, al suo paese Sapri, al suo mare. Ha vissuto tanto tempo e se ne è andato in un decimo di secondo”.
Traendo dal tuo “personale” vorremmo subito dopo andare a Barcellona… Cos’è che tanto ti attrae da quelle parti? Come esplichi sui lidi di Catalogna le tue doti di motivatore?
“Certo. Veniamo a Barcellona e Catalogna. A me attrae in genere tutto ciò che non è “qua”. Se fossi “là” mi attrarrebbe probabilmente il “qua”. Siena è un posto noioso, con una mentalità fiera ma sbagliata, quindi cerco spesso di andare altrove. Barcellona è bellissima, grande, tanti spazi, alberi nella rambla e ovunque. Mi affascinano la gente, i luoghi caratteristici, la paella!”
“Poi – riprende il dottor Paolo – ora ho la un figlio di 29 anni, figlio anche di Siena, laureato qua che partecipa alla America’s Cup come matematico nel settore AI con Luna Rossa. Un’esperienza incredibile. Penso che lui sia un’eccellenza di Siena e penso che ce ne siano tanti altri come lui, magari in campi meno visibili; e penso che bisognerebbe andare a cercarli e stanarli e valorizzarli (Ndr, per qualche tempo ci provammo un anno fa). “Qua” si preferisce idolatrare fantini di seconda e terza fascia o persone locali che francamente hanno condotto vite dubbie e dissolute che non sono certo un modello. Capisco i tormenti di Baudelaire o Van Gogh che infine hanno prodotto arte che trascende, ma qua oltre che cattive abitudini hanno prodotto pochino direi. Insomma Siena ha i propri Santi che tuttavia non hanno spazio nemmeno nel calendario. Non ho rapporti di lavoro con Luna Rossa anche se molti atleti giovani o adulti o persone che sono li hanno avuto in passato più o meno intensi rapporti professionali con me”.
Nel frattempo Parigi ha chiuso con le Paralimpiadi. Anche lì stadi pieni, entusiasmo della gente e buoni, se non ottimi, risultati degli atleti italiani… Le tue considerazioni sull’evento mondiale?
“Guarda occorrerebbe un discorso profondo che non voglio fare qui. A me interessano gli atleti. Chi sono gli atleti? Tutti coloro che competono. In cosa? In ogni campo della vita. Lo sport è uno dei campi. Io punto l’uomo e la padronanza di se che non può prescinder dalla profonda ricerca su se stessi. Quindi olimpiadi, paralimpiadi, impiegato ovunque… non fa differenza”.
Parliamo degli atleti paralimpici, ci pare di ricordare che tu fossi del parere di non creare per loro eventi separati, ma che dovessero gareggiare con gli atleti… sani. Un po’ forte come concetto?
“Con quello che ho premesso prima si spiega meglio il mio concetto. Mi pare che talvolta per includere si separi mentre io trovo unione nel fatto che competere come lo intendo io, in qualcosa sia un piacere che dovrebbe riguardare tutti quindi se hai una gamba o due per me è concettualmente marginale. E’ ciò che c’è sopra che mi interessa. Si compete in tanti modi con tanti limiti ma anche alle paralimpiadi non ci sono uomini o donne senza testa”.
Per allungare il discorso vorremmo parlarti di Bionic, un film di quest’anno, realizzato in Brasile da Afonso Poyart. Descrive un futuro distopico dove gli atleti sani e menomati gareggiano insieme con larghissima prevalenza nei risultati dei secondi in forza degli arti bionici…
“Il problema già nacque con Pistorius e le sue protesi in carbonio. Non saprei! L’ uomo è stupido; crea il futuro e poi dopo ha bisogno di normarlo. Stando a oggi, senza pensare al film, mi pare esista la questione dei livelli di testosterone nel pugilato! O no?”
Si dice che oggi la scienza è pronta per dar vita ai cyborg, cioè umani modificati, ma che l’elemento dell’apparato nervoso centrale, e di conseguenza il cervello, deposito della nostra umanità, potrebbe rappresentare il limite alla nostra immortalità. Da medico hai riflessioni da proporci?
“Si, bisognerebbe dedicare un capitolo vero a questi temi che vanno sulla bocca di tutti per farsi anche pubblicità. Non so che evoluzione ci sarà, so che l’uomo tende a non consumare energia propria quindi anche a creare robot che facciano cose al suo posto, ma Popper diceva che la vita è risolvere problemi: non siamo mai in grado di valutare fino in fondo la conseguenza di certi atti e dobbiamo poi risolvere i problemi conseguenti. E’ un limite che dobbiamo cercare di migliorare… Poi ci sono gli stupidi, popolazione in grande espansione che proprio soffrono di cecità sistemica e non vedono più in la della punta del naso. Io penso che alla fine riusciremo a replicare il pensiero umano. In fondo è fatto di mediatori chimici e impulsi elettrici. Siamo noi che ci lusinghiamo con questo pensarci tanto complessi. L’ anima, lo spirito…”
Siamo già andati oltre alcune barriere etiche, tanto vale parlare anche del geneticamente modificato. E‘ più probabile che sia questo il futuro dell’uomo, soprattutto se è egli stesso a cambiare le condizioni di sopravvivenza sulla terra?
“Mah!! In parte ho risposto. La vita è sopravvivenza della specie, dei geni. Faremmo tutto ciò che serve per tentare di durare come specie il più a lungo possibile poi come i dinosauri scompariremo. E’ successo a loro , succederà a noi. Intanto troviamo come passare il tempo che poi è un elemento che non esiste”.
Con la nostra Giorgia che cinguetta accanto a Elon Musk, ci viene di parlare di quest’ultimo che si proclama salvatore dell’umanità. Ma cosa fa per ritenersi tale? E quando una motivazione rischia di divenire delirio?
“Io non voglio salvare niente e faccio per me. Nel fare per me magari faccio cose che servono ad altri. Non amo quelli che vogliono salvare il mondo, amo quelli che dicono: sono qui per me e faccio cose che forse potranno servire anche a te. Non c’è nessuno, mé c’è mai stato al mondo che agisce senza motivazione personale e secondo una gerarchia di bisogni. Anche nel caso di Gesù abbiamo un grande affascinante visionario la cui visione penso sia andata oltre le sue aspettative”.
Parliamo un attimo dello sport di casa nostra. Il Siena va benino, ma sono già tornati degli stranieri alla guida della società: il Comune li ha definiti noti ai tempi in cui l’imprinting venne dato a Giacomini, ma scartati per mancanza di tempo per vagliare loro richieste… Suggestioni su questo nostro calcio, anche minore, che piace ad americani, armeni, svedesi, italosvizzeri etc…
“Le Amministrazioni sono fatte di persone che il mondo lo subiscono. Questa attuale, a Siena, più di altre per i motivi su cui si è poggiata. Tutto ciò che nasce contro, senza un progetto che sia oltre l’essere contro, ha un destino segnato se non si raddrizza”.
Ce la toglie una curiosità, se può? Questo Emiliano Montanari ci confonde. Googlandolo si trova con la stessa facilità la definizione “flagello del calcio” e quella di “imprenditore di successo”. Comunque chi ce lo portò a Siena? Gli armeni come oggi Giacomini ha fatto con gli svedesi?
“Sì, certo, gli armeni hanno ceduto la società. E’ stata una trattativa tra privati. Francamente se non per guadagnare soldi non vedo altri motivi per cui qualcuno dovrebbe fare calcio a Siena. Per quanto riguarda Montanari… da una parte successo da un’altra insuccesso. Sono concetti volatili legati a narrative condizionate da fattori che a volte sono casuali. A Siena ha fatto male il calcio. Poi il resto non sono in grado di valutarlo seppur soggettivamente”.
Tutti i campionati sono ripartiti, gli esempi sportivi ci sono a bizzeffe. Che facciamo la teniamo questa Hall of fame del mese sugli atleti “oltreognivittoria” maggiormente messisi in luce?
“Oltreognivittoria non parla di sport ma parla di come lo sport sia un terreno fertile per gli individui per ragionare al fine di potersi migliorare tutti i giorni l’1%. Vale per tutti noi in ogni campo dove ogni campo – compreso lo sport – è un mezzo e non un fine, il vero fine siamo noi”.