Al Circolo Due Ponti sabato per Diario Balcanico saranno due i filmati proiettati dal regista bosniaco Ado Hasanovic
Sabato il Circolo Due Ponti ospita il racconto di un incontro. Lo hanno chiamato “Diario Balcanico”. A farlo sono stati, l’estate appena passata, un gruppo di studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia, le cui fila sono state presto ingrossate da altri “viandanti”, anche senesi. Approdati a Mostar hanno raggiunto Sarajevo e Srebrenica, seguendo le tracce in Bosnia Erzegovina di una guerra dimenticata, nel cuore del continente, in cui l’orrore e l’odio hanno fatto preda di vittime inermi sfruttando all’inizio il fatto che molti interessi confluivano per mantenere misconosciuto l’evento.
L’evento è a ingresso libero, inizierà alle 17:30 e sarà seguito da una cena a prenotazione. Tra i protagonisti dell’incontro un uomo di cultura e spettacolo, Ado Hasanovic, chioma e barba fluenti, occhi che si impadroniscono dei particolari, un tempo bimbo a Srebrenica ed oggi trapiantato a Roma e nel pieno del suo percorso professionale e artistico.
Ex allievo del Berlinale Talents Sarajevo, Ado si è laureato in Regia presso la Sarajevo Film Academy e il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e ha conseguito un Master in Drammaturgia presso la Sarajevo Academy of Performing Arts. I suoi cortometraggi, tra cui The Angel of Srebrenica (2010), Mama (2013), Pink Elephant (2017), Nomophobia (2018) e Let There Be Color (2020), sono stati selezionati e premiati in diversi festival cinematografici internazionali. Il suo primo lungometraggio documentario, My Father’s Diaries (2023), prodotto da Palomar (Italia) e Mediawan (Francia), è stato recentemente presentato in anteprima a Visions Du Réel. Oltre alla sua attività di regista, ha lavorato come Direttore Artistico per diversi festival cinematografici e come selezionatore per festival di cortometraggi italiani e internazionali.
Ado è un piacere sentirti; e grazie per la tua disponibilità. Cosa ci farai vedere sabato a Siena?
“Presenterò il mio primo cortometraggio L’angelo di Srebrenica e Pink Elephant, il cortometraggio con cui ho conseguito il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Attraverso questi due lavori, voglio condividere con il pubblico non solo parte del mio percorso artistico, ma anche delle storie che riflettono momenti cruciali della mia crescita come regista, esplorando temi di memoria, dolore e conflitti all’interno della famiglia”.
Ci hai detto che quando parli di te e della tua famiglia fra le minacce della guerra ti sembra di vivere un’esperienza extracorporea, di parlare di un altro. Spiegaci le tue sensazioni…
“Quando racconto di me e della mia famiglia nel contesto della guerra, è come se stessi parlando di qualcun altro. Durante l’infanzia, è difficile comprendere appieno l’orrore che ti circonda, ma crescendo prendi coscienza della gravità di quegli eventi. Paradossalmente, è proprio questa consapevolezza che mi distanzia, facendomi sentire come un osservatore esterno. Attraverso il cinema riesco però a trovare un mezzo per elaborare queste emozioni e trasformarle in qualcosa che altri possano capire e sentire”.
La nostra società, sempre più, non ha cultura né memoria. Quale obbiettivo cerchi nell’incontro con chi ti ascolta?
“Il mio obiettivo è ricordare l’importanza della memoria, specialmente in un momento in cui la memoria collettiva viene facilmente dimenticata o distorta”.
Sia l’Istituto storico di Modena, che prima UniMoRe e ora l’Associazione Futura parlano di guerra, pensando anche a quelle che si combattono oggi. Può esser tentato un paragone fra quello che hai vissuto e questi eventi?
“Sì, purtroppo ci sono molte somiglianze. Anche se i contesti possono essere diversi, la sofferenza umana, la divisione e la distruzione che accompagnano la guerra sono sempre presenti. La mia esperienza in Bosnia è una storia universale che può riflettere ciò che molte persone stanno vivendo oggi in altre parti del mondo”.
A Siena troverai a salutarti fra gli altri Maria Pia Corbelli, ideatrice del Terra di Siena Film Festival che già conosci. Magari ti rivedremo con un soggetto adatto anche a contribuire alla valorizzazione di questo evento. Che dici?
“Sì, mi piacerebbe molto tornare il prossimo anno e presentare il mio primo film documentario I Diari di Mio Padre. Credo che sarebbe un contributo significativo al festival e un’occasione per continuare il dialogo con il pubblico su temi di memoria, identità e testimonianza. I Diari di Mio Padre è un progetto molto personale, ma porta con sé un messaggio universale: l’importanza di dare voce a quelle storie che rischiano di essere dimenticate. Presentarlo in un contesto come Terra di Siena Film Festival, che valorizza il cinema con un forte impatto culturale e sociale, sarebbe per me un grande onore”.