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giovedì, Novembre 21, 2024

Genova per pochi

Il Cacciatore, nel titolo, si è permesso di parafrasare un’espressione di Paolo Conte per riferirla a un brano di Faber, che tra l’altro dà anche il nome ad un album del 1984, vale a dire Creuza de ma”.

Per “creuze”, la gente di Liguria intende generalmente quelle stradine o viottoli o mulattiere, delimitate da muretti a secco, che spesso collegano l’entroterra con le zone di mare. Nel caso della canzone, invece, le creuze diventano “strade del mare” ovvero quelle striature argentate che si possono ammirare quando il mare è in fase di bonaccia e basta un sospiro di vento o una corrente appena nervosetta per far apparire all’occhio umano questi percorsi fatti di acqua salata.

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Confesso che quando ascoltai per la prima volta questa strada di mare (ma anche tutto l’album) rimasi frastornato. Non solo perché si trattava di una lingua (non un dialetto) a me sconosciuta, ma anche per il fatto che i musicisti si erano serviti di strumenti mai sentiti nominare che arrivavano da ogni parte del Mediterraneo e anche da più lontano.

La scelta di De André di dare in pasto a un pubblico ancorché affamato di novità faberiane una serie di brani in stretto dialetto genovese (al punto, come suggerisce il titolo dell’articolo, che furono non pochi quelli che chiesero a Fabrizio che razza di idioma avesse scelto) fu un’autentica scommessa. Si trattava di un’avventura musicale che andava totalmente contro le “regole di mercato”, ma si sa ormai bene che a De André, di tali regole non importava, come si dice ora, una beata mazza (e qui mi sento di aggiungere che non si riesce a capire com’è che la mazza appare sempre beata, al pari dell’idea costretta ad avere sempre un colore pallido oppure del dubbio, incastrato dall’aggettivo “ragionevole”).

Contro ogni logica troppo affrettata, il disco fu accolto dalla critica in modo entusiastico. La rivista Rolling Stone Italia lo pone al quarto posto tra i cento album di sempre. Qualche passaggio, in italiano ? Eccoveli:

“Ombre di facce, facce di marinai, da dove venite, dov’è che andate…

Usciamo dal mare per asciugare le ossa dall’Andrea (una taverna dove si possono incontrare …)

gente di Lugano, facce di tagliaborse e ragazze di buona famiglia, che puoi guardare senza preservativo…

E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli, emigranti della risata con i chiodi negli occhi, finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere, fratello dei garofani e delle ragazze, padrone della corda marcia d’acqua e di sale, che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare”.

Alla prossima.

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