Vino e cibo italiani sembrano aver i numeri giusti per essere un punto di riferimento della bilancia commerciale dell’Italia. Secondo i dati Istat, l’export dell’Agroalimentare made in Italy raggiungerà nel 2021 l’obiettivo dei 50 miliardi di euro previsto per il 2020 ma fermato dalla pandemia.
Sara Guidelli, direttore generale di Legacoop Agroalimentare, spiega a SienaPost quanto si deve aspettare nel prossimo futuro il mondo agroalimentare italiano.
I dati Istat fotografano la situazione di un settore che non si è mai fermato, neppure con il lockdown. È l’anno del riscatto?
“Il traguardo dei 50 miliardi, 40 miliardi da industria alimentare e circa 11 da primario, è importante per tutto il settore. Dà fiducia e lascia ben sperare per il futuro in un momento come questo di ripartenza”.
Quali sono i mercati dove l’Italia esporta di più?
“La ripresa maggiore si ha negli Stati Uniti, +6,4% da gennaio ad aprile, dopo il -1,6% dei primi tre mesi. Poi ci sono Germania (+2,8%) e Francia (+2,0%) che hanno rafforzato nel quadrimestre le precedenti dinamiche trimestrali. Importante è anche il mercato della Svizzera, +11,2% nel quadrimestre dopo il +5,7% trimestrale. E poi ci sono i Paesi asiatici in grande vivacità: Cina (+50,2%), Corea (+52,4%), Vietnam (+37,3%) e Malaysia (+36,6%). Senza dimenticare la Russia, con un +18% nonostante l’embargo”.
L’agroalimentare è indubbiamente un asset strategico e fondamentale per l’economia italiana…
“Il cibo made in Italy non è soltanto un biglietto da visita. Sempre più persone nel mondo scelgono di seguire la dieta Mediterranea e il cibo italiano. Il settore è un elemento determinante per la nostra economia. Dobbiamo crederci e investirci”.
Quali sono gli strumenti con i quali il settore può crescere?
“Se l’agroalimentare è strategico, l’Italia deve investire. Il PNRR è uno strumento importante di valorizzazione del settore, per creare competitività del nostro sistema alimentare. E i punti del Piano di rilancio, produzione energetica da fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni, miglioramento della sostenibilità dei processi produttivi oltre che miglioramento della capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, prevenzione del dissesto idrogeologico, sono tutti temi che la cooperazione italiana ha nel proprio Dna da sempre. I fondi del PNRR sono determinanti per l’agroalimentare, anche in chiave di successo sui mercati esteri”.
Sostenibilità, transizione ecologica, sviluppo, sono tutti temi del PNRR che trovano declinazione in un aspetto importante, l’Agricoltura 4.0. Si possono coniugare modernità, tradizione e tecnologia?
“Dobbiamo arrivare ad una agricoltura sempre più sostenibile, resiliente ai cambiamenti climatici e per farlo l’unica strada è quella dell’innovazione, dell’agricoltura 4.0. Le tecnologia (droni, sensori, app, smart farming) è ormai imprescindibile nella produzione di materia prima con sempre meno chimica e un uso più rispettoso delle risorse naturali (acqua, suolo). Ma la tecnologia 4.0 è anche il valore aggiunto nella trasformazione per la produzione di cibo sano, sicuro e di altissima qualità quale quello delle nostre cooperative”.
Le cooperative italiane dell’agroalimentare valgono il 25% del giro d’affari del settore e il 15% dell’export. Alla luce dei dati Istat, quali le performance attese per l’agroalimentare cooperativo?
“Il primo Paese dove esportiamo è la Germania, seguita da Stati Uniti e Francia, mentre tra i mercati a crescita più sostenuta nella prima metà dell’anno si mettono in evidenza Russia (+16,5%) e Cina (+57,7%). In calo, invece, gli scambi col Regno Unito, -4,6% dove a pesare sono burocrazia e carichi amministrativi dovuti alla Brexit”.
Qual è il valore aggiunto della cooperazione italiana?
“Indubbiamente è la capacità di essere parte di un sistema flessibile, organizzato per filiere. Le cooperative sono l’espressione più nitida di filiera con quasi il 90% degli approvvigionamenti di materia prima delle cooperative costituito dai conferimenti dei propri soci. Essere cooperativa vuole dire fare aggregazione, vuol dire essere filiera e quindi dare garanzie e sicurezze che il mercato richiede”.
Ci sono preoccupazioni per la crescita del settore?
“In questo momento i problemi maggiori sono dovuti all’incremento del costi in agricoltura. L’aumento di luce, gas e materie prime, mette a rischio la competitività delle nostre aziende. Si hanno aumenti fino al 30% dei costi di produzione a causa di una congiuntura caratterizzata dall’incremento dei prezzi delle materie prime, come il +74 di mais e il +77% di soia, delle commodities energetiche, delle difficoltà di approvvigionamento dei materiali come imballaggi, tappi, capsule, pallets, alluminio e di alcuni mezzi tecnici di produzione”.
Quali sono gli effetti?
“Il problema principale è il fatto che le aziende si trovano a subire un calo di redditività in quanto all’incremento dei costi non ha fatto seguito un aumento dei margini di guadagno”.
Aumentano i costi di produzione, ma aumentano anche i costi della logistica?
“C’è un forte aumento dei costi dei noli marittimi e rincaro dei container trasportati via nave che, sulla base dei dati commerciali delle Nazioni Unite, vengono attualmente utilizzati per spostare il 60% delle merci globali. Secondo il Global index Freightos, importante indice internazionale del tasso di nolo, il costo medio di un container al 30 luglio è pari a 8.848 dollari, quotazione che registra su base annua un forte incremento pari a +400%. Quindi, se vogliamo che l’agroalimentare sia davvero un elemento chiave di sviluppo anche sui mercati esteri, il PNRR è basilare”.