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giovedì, Gennaio 16, 2025

Antonio Cinotti, avventura in moto tra solidarietà, passione e radici senesi

Per “Insoliti Viaggiatori – Viaggi per Umani” il protagonista di oggi è un notissimo professionista senese

Oggi, per la serie degli insoliti viaggiatori motociclisti, vi presento Antonio Cinotti. Un professionista poliedrico, nato a Roma il 21 giugno 1974, e residente a Siena, Antonio è una figura che intreccia con naturalezza il mondo digitale, la fotografia e l’avventura. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Siena, ha costruito una brillante carriera nel web e social media marketing, aiutando aziende a rafforzare la loro comunicazione digitale.

Appassionato di fotografia, Antonio cattura paesaggi ed eventi sportivi con un occhio particolarmente sensibile verso il territorio senese. Le sue immagini, spesso pubblicate su giornali e riviste, sono state anche utilizzate per comunicazioni istituzionali di rilievo. Ha collaborato come assistente in workshop fotografici e ha tenuto corsi sulla fotografia sportiva, consolidando la sua esperienza in questo campo.

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Strada per Imlil sulle montagne dell’Atlante – Marocco

La sua vera passione, però, si accende sulle due ruote. Antonio ha intrapreso viaggi in moto straordinari, spesso legati a finalità benefiche. Con la moglie Francesca de Munari, ha partecipato al “#Progettofolle03“, un’avventura di 7.165 km dall’Italia al Burkina Faso per sostenere “Garage Italia”, una scuola di formazione per giovani meccanici creata dalla ONLUS “Bambini nel Deserto“.

Prima dell’attraversamento del fiume Niger

Non solo digitale e fotografia: Antonio è vicepresidente della polisportiva “CUS Siena ASD” e responsabile della sezione Rugby, dimostrando il suo amore per lo sport. Il suo impegno sociale lo ha visto coinvolto in iniziative di volontariato, come i camp organizzati da Diego Dominguez, ex numero 10 del rugby azzurro, per portare lo sport all’interno degli Istituti Penali Minorili italiani.

Con competenze trasversali e una dedizione instancabile, Antonio Cinotti incarna lo spirito del viaggiatore moderno: un esploratore che unisce passione, professionalità e un profondo senso di responsabilità verso gli altri.

Cartolina da Begaa nella struttura di Bambini nel Deserto

Dopo aver conosciuto meglio Antonio, entriamo ora nel vivo della sua storia e scopriamo, attraverso le sue parole, cosa significhi vivere la vita sulle due ruote, con il cuore aperto alla scoperta e all’incontro.

Se dovessi raccontarti in poche righe, cosa diresti al lettore che non ti conosce ancora?

“Sono una persona innamorata della vita, appassionata del proprio lavoro e che riempie ogni minuto libero seguendo mille passioni, di solito insieme a mia moglie Francesca”.

Davanti all’Orfanotrofio di Souban in Mali

La passione per i viaggi in moto è un tratto distintivo di Antonio… Come è nata questa passione? Qual è stato il tuo primo viaggio importante?

“Possiedo una moto da quando avevo 19 anni e ho sempre desiderato usarla per viaggiare. All’epoca avevo una Kawasaki KLR 250 ormai a pezzi, quindi non era adatta a grandi spostamenti. Dopo il servizio militare, nel 1999, mi sono comprato una Africa Twin 750 e ho iniziato a fare vacanze in moto, con i primi viaggi in giro per l’Italia. La svolta è arrivata nel 2014, quando, per i miei 40 anni, volevo fare qualcosa di speciale. Costretto a letto per due ernie, ho iniziato a sognare di portare la nostra moto – un KTM 950 Adventure – nei luoghi per cui era nata: il Sahara marocchino. Ho contattato “Bambini nel Deserto”, una onlus italiana con una forte vocazione motociclistica, per spiegare cosa avevo in mente. Con l’aiuto di tanti amici, in occasione del mio compleanno ho raccolto quasi 10.000 euro per una missione che io e Francesca siamo andati ad avviare con un viaggio in moto fino a Begaa, un villaggio berbero vicino a Merzouga. Dall’anno successivo, in quel villaggio sono stati realizzati due pozzi a energia solare e un piccolo acquedotto. Il primo contatto con l’Africa in moto mi ha decisamente contagiato!”

Davanti a Garage Italia

C’è un viaggio che ti ha cambiato profondamente? Un momento in cui hai pensato: ‘Ne è valsa davvero la pena’?

“Il viaggio “della vita”, almeno fino ad oggi, è stato il terzo viaggio in Africa che abbiamo fatto nel 2018, per portare una moto e un fuoristrada da Siena a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Ero insieme a mia moglie e Stefano, il mio compagno di banco del liceo. Il tutto è stato realizzato in collaborazione con “Bambini nel Deserto”, che ci ha messo a disposizione i mezzi (una Africa Twin 650 e una Opel Frontera), e con la Fondazione Fabrizio Meoni, che sostengo da diversi anni. Ricordo ancora gli ultimi chilometri verso “Ouaga”, quando ho riconosciuto le strade percorse due anni prima: avevo gli occhi lucidi. L’abbraccio tra noi tre davanti al cancello di Garage Italia — la scuola per giovani meccanici gestita da Bambini nel Deserto — con le lacrime di gioia agli occhi, è stato uno di quei momenti che ti fanno capire quanto possa essere unica la vita”.

Antonio Cinotti e la moglie Francesca de Munari con i ragazzi dell’orfanatrofio di Nemaso – Mali

Quali sono le sfide più grandi che hai affrontato in viaggio e come le hai superate?

“Per fortuna, come motociclista mi sono sempre preparato sia fisicamente sia a livello logistico. Tuttavia, se si parla di Africa, puoi pianificare tutto ma troverai sempre degli imprevisti. Una volta, abbiamo incontrato una tempesta di sabbia lungo la strada asfaltata che attraversa il deserto dell’Erg Chebbi, con raffiche a 130 km/h. Un’altra sfida è stata attraversare il Mali, dove abbiamo dovuto seguire soltanto percorsi ritenuti sicuri dalla polizia, il che ha complicato parecchio il tragitto”.

I monti dell’Atlante

Cosa significa per te viaggiare in moto rispetto ad altri mezzi? È solo una questione di libertà o c’è qualcosa di più?

“Viaggiare in moto significa stare “dentro la scena”, senza la comfort zone di un mezzo chiuso. Nella periferia di Dakar, per esempio, i ragazzi ti vengono incontro nel traffico e ti guardano incuriositi; nelle strade dell’Atlante marocchino, le scimmie ti si parano davanti senza che tu possa nasconderti. Questa sensazione di immersione totale è qualcosa che amo profondamente, così come essere in balia degli odori. L’odore del mare e della macchia mediterranea sulla strada Alghero-Bosa, percorsa in moto in un giorno d’estate, meriterebbe di entrare nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità“.

Il lago di Rosa di Dakar
La miniera del diavolo di Ougadougou

Qual è il luogo più remoto o particolare dove sei stato con la tua moto?

“Il luogo più particolare è stato il Lago Rosa di Dakar, il punto di arrivo della mitica Parigi-Dakar. L’ho raggiunto con la moto che Edi Orioli portò alla vittoria in quella gara. Per l’emozione, mi sono avventurato sulla spiaggia bagnata troppo lentamente e, insieme a Stefano, abbiamo passato almeno dieci minuti a tirare fuori la moto insabbiata!
Il luogo più “remoto” è invece la Cava del Diavolo di Pissy, nella periferia di Ouagadougou, in Burkina Faso: un girone dantesco a cielo aperto, una cava di granito dove migliaia di persone, tra cui donne, anziani e bambini, lavorano senza alcuna sicurezza per un salario che a stento arriva a 15 euro al mese. Quella sera, in camera, non riuscivo a togliermi dalla testa ciò che avevo visto. Da allora sostengo la scuola avviata dalla Fondazione Meoni, che opera lì per offrire una speranza e un futuro migliore ai più piccoli.

Come unisci la tua passione per i viaggi con il tuo lavoro di fotografo e comunicatore digitale?

“Con il passare degli anni, internet arriva anche in luoghi un tempo impensabili, e questo mi permette di lavorare ovunque mi trovi, usando semplicemente uno smartphone: un sogno irrealizzabile fino a qualche anno fa. Quando la passione per i viaggi si incrocia con la mia professione di content creator riesco davvero a dare il meglio di me. Qualche tempo fa, ad esempio, mi hanno “spedito” in Nepal per realizzare contenuti destinati a campagne di promozione turistica… un vero sogno!”

A Fanaye Walo in Senegal

C’è stato un momento in cui la fotografia o il tuo lavoro sui social ha cambiato il modo in cui vivi o racconti i tuoi viaggi?

“Il mio lavoro mi spinge a migliorarmi e a rinnovarmi continuamente. Fondamentale, in questo percorso, è stato l’incontro con Sandro Santioli, fotografo del National Geographic, che mi ha insegnato a riflettere a lungo prima di scattare una foto. Ricordo benissimo il nostro primo viaggio in Marocco, quando dovevo produrre contenuti fruibili anche per una rivista: mi sono reso conto che, per la prima volta, il soggetto da raccontare eravamo noi e la nostra storia. Da quel momento, ho iniziato a documentare i nostri viaggi con uno sguardo del tutto nuovo”.

A Nouakchott, capitale della Mauritania, un nomade di etnia maliana

Ti capita mai di scegliere una meta pensando a come potresti raccontarla, attraverso immagini o parole, ai tuoi follower?

“Sono un “boomer” della vecchia guardia, appassionato di comunicazione digitale da più di dieci anni, tanto da farne un lavoro. Per questo, la mia priorità è sempre vivere un’esperienza appagante e solo dopo mi concentro su come condividerla. Detto questo, una volta scelta la meta, studio comunque con attenzione i posti e i soggetti che meritano di essere fotografati in zona. A volte, però, c’è il rischio di rimanere delusi. Per esempio, il cosiddetto “cimitero delle navi” di Nouadhibou, in Mauritania, è presentato da molti siti come uno dei più grandi al mondo, ma nella realtà si vedono appena quattro o cinque pescherecci abbandonati!”

Francesca e Antonio ai Domes di Fabeudougou – Bourkina

Hai giocato a rugby e sei anche coinvolto nella sua gestione a Siena. Cosa ti ha insegnato questo sport e come pensi che abbia influenzato il tuo approccio ai viaggi o al lavoro?

“Ho giocato a rugby a Siena per pochi anni: dopo averlo conosciuto a scuola, un infortunio mi ha fermato a 26 anni, appena rientrato in campo. Ero una seconda linea di mischia, uno di quelli che placcano, spingono e vedono la palla di rado. Una volta che ho dovuto smettere, non ho fatto altro che continuare a “spingere” per la squadra da fuori. Nel 2000 eravamo gli ultimi in C2 regionale, oggi siamo in Serie B Nazionale. Per fortuna, abbiamo spinto tutti nella stessa direzione. Il rugby mi ha insegnato a non mollare mai. Se avessimo mollato noi, che giocavamo spesso in inferiorità numerica per mancanza di atleti, non saremmo mai arrivati a ciò che siamo oggi come CUS Siena Rugby. Questa mentalità di sacrificio e di squadra mi ha aiutato molto nella vita, anche quando ho dovuto reinventarmi nel lavoro, ripartendo più volte da zero”.

Antonio Cinotti con Ousin direttore scuola Meoni di Dakar

Hai qualche progetto o viaggio in programma che ti entusiasma particolarmente? Possiamo avere un’anticipazione?

“Dopo sei anni di stop, coincisi con il mio incarico di Mangino della Nobile Contrada dell’Oca — un periodo che mi ha lasciato pochissimo tempo libero — il 31 dicembre sono finalmente ripartito per un viaggio solidale in Marocco. Insieme a un gruppo organizzato da Bambini nel Deserto e dagli Eroici in moto, abbiamo portato materiale didattico ad alcune scuole dell’Atlante distrutte dal sisma del settembre 2023. Questa volta ho dovuto noleggiare un Toyota, perché a giugno scorso ho avuto un problema a un occhio, risolto con un paio di interventi al volo con il laser. Al momento dell’organizzazione del viaggio mi era stato sconsigliato di affrontarlo in moto, ma ora che tutto è andato bene… un po’ mi mangio le mani per non aver potuto partecipare sulle due ruote! Nonostante ciò, è stata un’esperienza straordinaria, in una parte di Marocco che non conoscevamo e che ci ha regalato emozioni uniche”.

Antonio Cinotti a Tarfaya davanti il Museo di Saint Exupery

Guardando al futuro, quali sono i sogni che vorresti realizzare come viaggiatore e professionista?

“Come viaggiatore, vorrei tornare alla scuola Fabrizio Meoni di Dakar in sella a una KTM e non a una Honda, come la volta scorsa. Il direttore, Ousin, mi ha addirittura dedicato l’asilo all’interno della struttura, e quando ho visto le foto dei bambini con il mio nome sui grembiuli sono rimasto senza parole. Mi piacerebbe arrivare laggiù con il nostro KTM 790 Rally, piuttosto che con un mezzo “preso in prestito” e poi donato alla scuola di Ouagadougou! A livello professionale, dal 16 agosto 2023 — una data per me cara anche per motivi legati al Palio — sono responsabile della comunicazione digitale della Chianti Ultra Trail per conto di UTMB, il network di Ultra Trail più prestigioso al mondo, che mi ha assegnato anche la Monte Rosa Walserwaeg. Nei prossimi giorni arriverà una terza corsa da gestire, e far parte della “famiglia” UTMB è un traguardo davvero importante. Devo ringraziare soprattutto Matteo Matteuzzi, il “padre” della Chianti Ultra Trail, che dal primo anno (2018) mi ha voluto al suo fianco per la comunicazione dell’evento. Difficilmente potrò crescere oltre, ma… mai dire mai!”

C’è una storia di viaggio che ti è rimasta nel cuore e che potresti anticiparci? Magari un incontro, un imprevisto o una scoperta personale… qualcosa che ci regalerai nella prossima puntata…

“Sicuramente sì: Ibrahim, un bambino che abbiamo incontrato nel 2014 a Begaa, in Marocco, in una casa fuori dal centro abitato. Dal nostro incontro è nata una bellissima storia!”

Sahara occidentale

Tra i tanti luoghi che hai visitato, ce n’è uno che ti ha colpito così tanto da volerlo consigliare a tutti? Cosa lo rende speciale?

“Io e Francesca amiamo profondamente il Marocco, un Paese incredibilmente ospitale che regala mare Mediterraneo, Oceano Atlantico, le montagne dell’Atlante, distese di deserto e un patrimonio culturale ricchissimo. Penso sia un ottimo modo per avvicinarsi al continente africano senza quel “salto brusco” che si può provare in altre zone. Oggi, in molte parti del Marocco, hai la sensazione di essere in un luogo molto vicino agli standard europei. E poi arrivare in moto davanti alla Moschea della Koutoubia di Marrakech, partendo da casa, è sempre un’emozione!

Dopo tante strade percorse, cosa provi quando rientri a Siena? È solo una tappa tra un viaggio e l’altro o un ritorno alle radici?

“È sicuramente un ritorno alle radici, a un porto sicuro. Quando torno da ogni viaggio, apprezzo la tranquillità di vivere in questo piccolo angolo di paradiso che amo. Tuttavia, dopo un po’ di tempo, sento di nuovo il bisogno di ripartire. Devo ammettere che gli ultimi sei anni, in cui ho viaggiato meno e più vicino a casa, mi sono pesati parecchio”.

Le strade del Mali

C’è una domanda che avresti voluto ti facessi e che invece non ti ho fatto?

“Sì, ora che posso tornare a viaggiare in moto senza problemi, la domanda è: Quando andiamo a fare un giretto insieme tra i boschi delle nostre parti?”

Un messaggio o una riflessione per i lettori di Siena Post?

“Siena offre molto più di quanto si possa immaginare: arte, storia, cultura, sport, ma anche persone e storie straordinarie. Il mio consiglio è di viverla al massimo, senza mai smettere di cercare il bello: può essere una strada che non avete mai percorso, un piatto tradizionale da riscoprire o un incontro capace di arricchire la vostra vita. E, quando ne avete l’occasione, uscite dalla vostra zona di comfort, viaggiate, esplorate il mondo, perché lì troverete le esperienze più intense e le lezioni più grandi. Ma ricordate sempre che il ritorno a casa, a Siena, è ciò che dà senso a ogni partenza”.

Altri tempi, passaggio all’off-road in Bourkina nel 2016

Un assaggio per la prossima settimana

Antonio Cinotti ci ha mostrato come passione, impegno e avventura possano intrecciarsi per costruire una vita ricca di significato. La prossima settimana vi presenterò un altro insolito viaggiatore motociclista, con una storia che vi saprà ispirare. Non perdete il prossimo appuntamento su #andataeritorno!

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